3) In Palm Royale patina picaresca e “doppio femminismo” la fanno da padroni
Confezionata con un cast che vanta di un invidiabile star system, siamo di fronte alla tipica trama incentrata sulla scalata sociale verso l’alta società borghese americana. Questo filone lo abbiamo incontrato mille altre volte in svariati prodotti. Soltanto che qui ci troviamo coinvolti in una dramedy che indossa le vesti di una period story ambientata nel 1969. E tale momento storico non è stato scelto a caso considerati gli eventi che lo caratterizzano. Questi infatti fanno da contrasto con l’intenzione cruciale della protagonista Maxine Simmons, interpretata dalla straordinaria Kristen Wiig. La sua massima aspirazione è infatti quella di far parte del club più esclusivo della villeggiatura americana a Palm Beach. Entrando così nel lussureggiante mondo di casalinghe e mogli, fatto di abiti costosi, gossip sfrenato, manicure e balli sontuosi.
La sua sembra essere un rifiuto verso i contemporanei e rivoluzionari movimenti femministi di cui si fa testimone nella serie la divertente Laura Dern. A questo proposito lei dà il suo contributo a rappresentare al meglio la controparte delle donne hippy rivolte all’indipendenza dall’uomo e all’autodeterminazione. Rilevante è anche la comparsa della pluripremiata comica Carol Burnett nel ruolo di Norma Dellacorte, la più snob e influente delle veterane del club. Dedita a tenere la tracciabilità di segreti e misfatti, per poi puntare tutto su spettacolari feste glamour senza rivali. Così come nessuno si sarebbe aspettato un Ricky Martin che oltre a far ballare la gente con note latine, riesce a sorprendere tutti con il ruolo da bartender ex marine Robert Diaz. Nonché fedele assistente di Norma e suo portavoce una volta che la donne viene relegata ad un immotivato stato vegetativo per via di un incidente.
Vista così questa tra le nuove Serie Tv sembra piacevole e quindi apprezzabile
Quali sono gli aspetti critici allora? Partiamo dal fatto che i toni da commedia sono così iperbolici da risultare estremi a tratti e stridenti con le sparute dinamiche drammatiche in cui ci si imbatte nel corso della storia. Ogni personaggio risulta una macchietta bidimensionale dotata di un falso dinamismo. Sono infatti stantii come la tradizione che si porta dietro il format della scalata sociale formato USA.
La stessa Maxine sembra essere riuscita a raggiungere il suo obiettivo, ma non risulta mai coerente con il personaggio creato all’inizio. In quanto per ogni episodi sembra rivestire nuovi panni ogni volta. Da opportunista e approfittatrice a empatica e arguta il passo e breve! Ma in un quello specifico modo che ci fa intuire come non fosse assolutamente una scelta programmata dal principio. Questo tentativo potrebbe andare bene in una serie di animazione, in cui lo spessore dei personaggi è – salvo eccellenti eccezioni – limitato a una connotazione più elementare e a un’introspezione psicologica meno definita.
A coinvolgerci sono sicuramente la scenografia brillante e gli scintillanti costumi ad hoc per l’occasione, che riconfermano di tanto in tanto l’epoca storica in cui ci muoviamo. Tuttavia fuori luogo risultano alcuni momenti allucinati del tutto scollegati dalla linea narrativa principale. Intervallati da disgrazie e colpi di scena che risultano surreali e stereotipati quasi fosse una commedia degli equivoci. Contese e rivalità prese così sul serio da perdere di vista il frivolo motivo per cui le si portano avanti. Se l’intenzione era inoltre di creare una sorta di parodia dell’american dream il risultato è stato solo sfiorato, in quanto siamo più vicini ad una cornice tendente alla soap opera anni 60, non a caso.
Rilevante è il focus sulla causa femminista dell’epoca
Questo è personificato infatti dalla dicotomia tra la figura di Maxine e quella di Linda. E può essere sicuramente funzionale al pensiero che un’ideologia si può interpretare da più punti di vista. Poiché come Linda risulta essere dura e combattiva, Maxine tiene a curare ed esaltare sempre la sua estetica. Le due cose non devono per forza escludersi di fatto, ma qui il concetto viene descritto in maniera farraginosa e contrastante. Tanto da risultare quasi contro-informativo soprattutto in tempi come i nostri dove la lotta per certi ideali è autentica e non priva di ostacoli.
Pertanto, mi rivolgo a tutte le fan più accanite e i fan più accaniti di Big Little Lies (ecco un articolo per voi), o meglio dell’intramontabile Desperate Housewives. Non fate l’errore di trarre la conclusione che Palm Royale possa in qualche modo essere una variante comica di questi prodotti maestri. Piuttosto se avete voglia di ridere concedetevi qualcuna delle sagaci action comedy degli ultimi tempi! In questa tra le nuove serie tv purtroppo, sembra quasi sia il caso di ridere quando c’è da piangere e viceversa. Quindi se non volete rimanere più confusi che persuasi sulla qualità del prodotto, non fatevi troppo illudere dalla luccicante copertina.