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Peaky Blinders 4×02 – La maledizione di chiamarsi Shelby

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An eye for an eye, a tooth for a tooth

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Ciò che in molti speravamo invano di non dovere ammettere, è successo. John Shelby è morto.

L’episodio si apre con una lunga sequenza di sordo dolore, ove il corpo esanime di John si alterna a quello gravemente ferito di Michael. Gli occhi spaesati di Thomas, le grida di dolore di Esme, la preoccupazione dipinta sul volto di Polly, costruiscono un’immagine rara della famiglia Shelby. Si ripete il meccanismo della terza stagione: la morte di un familiare stretto scatena una serie di azioni cruente, militaresche e al tempo stesso di fragile umanità.

I tre fratelli sono riuniti nell’obitorio, per un’ultima volta. Arthur ricorda il passato da militari, le trincee, le promesse senza speranze fatte per tenere accesa quel barlume di vita in un tunnel scavato tra terra e sangue. “In the Bleak Midwinter” era l’ultimo canto intonato dal loro battaglione, prima di essere travolti da nemici. Ma quei nemici non arrivarono mai. Così battezzarono il tempo concessogli come un dono.

L’animo infervorato di Polly dà man forte alla sua sagace lingua, chiedendo retoricamente a Tommy come avesse speso il suo tempo extra in questi anni. Il suo crollo mentale l’ha portato a un punto critico tale da non avere più nessun freno di fronte alle scelte del nipote. L’amore viscerale per il suo unico figlio unito alla paura di perderlo, hanno generato in lei una tale fragilità emotiva che la portano a cercare una via di fuga per i due. Un viaggio senza ritorno per l’Australia, è questo che propone a Michael sul letto d’ospedale. Ma quest’ultimo non ci sta, anzi si preoccupa per l’organizzazione della fabbrica, per Tommy, ormai sua figura di riferimento.

Thomas ha bisogno di Polly, del suo appoggio, altrimenti crollerà sotto il peso di così tante responsabilità. Michael lo sa, implora la madre affinché torni sui suoi passi. Perché senza il caposaldo della famiglia Shelby, sono tutti inevitabilmente spacciati.

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“Resteremo finché l’inferno non gelerà”

Il punto di rottura raggiunto con la morte di John, ha generato un effetto domino su ogni singola personalità della Shelby Company. Ognuno ha il suo modo di processare il lutto. A primo impatto, chi ne ha risentito di più appare essere Arthur. Il suo animo tormentato riemerge da quella patina di calma che Linda era riuscita ad adagiare sul marito. La prima reazione di Arthur è istintiva, proprio come lo erano tutte quelle commesse nella precedenti stagioni: il nome di Luca è stato scritto sul proiettile, sarà giustiziato colui che ha massacrato John.

L’azione è sempre stata la caratteristica intrinseca del vecchio Shelby, mentre Thomas è sempre stato la mente. Gli bastano i voti per decretare l’inizio alla guerra, per dare il via al suo piano di vendetta.

Questa volta sa bene di non potersi affidare agli uomini di Lee, ha bisogno di macchine da guerra, di gente spietata almeno quanto gli aguzzini di Changretta. Ha bisogno di Aberama Gold, sicario irlandese capo di una banda di mercenari. Entra così in scena un altro attore, famoso per il suo ruolo di Ditocorto di Game of Thrones, Aidan Gillen! La loro apparizione non è delle più delicate, soprattutto perché le loro azioni si svolgono nel mentre del funerale di Johnny Boy. Un affronto che Polly non può tollerare, l’ennesima decisione che Thomas ha preso senza coinvolgere la famiglia. Anche Linda non ci sta, ripudia totalmente il comportamento degli Shelby e tenta invano di convincere Arthur ad andare via. Ma sa benissimo di non poter andare via, per questo si lascia convincere da Ada a rimanere.

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Ma la parte più adrenalinica della puntata è anche quella dai toni più pacati. Il contrasto della placida calma di Luca Changretta e la tentennante impassibilità di Thomas. Da una parte c’è la rappresentazione del potere mafioso che trasuda Luca, all’apice del suo percorso: è come un toro dietro le sbarre prima di un rodeo. Respira calmo, mentre ha sopra di sé il nemico. Tra i due chi trema di paura non è la bestia selvaggia consapevole della propria potenza, ma l’uomo che sfida il destino, colui che sta mettendo la propria vita intorno alla corda che tiene la sua mano ancorata all’animale.

Thomas Shelby ha sfidato il destino più volte per raggiungere traguardi altissimi, ad un prezzo altrettanto alto. In Luca egli vede la rappresentazione di tutte le volte che ha sfidato un potere più grande di lui, con l’arroganza di chi sta vivendo del tempo extra della sua vita. Come fa un veterano come lui a non accorgersi di avere la pistola scarica, ergo più leggera da maneggiare? E’ un particolare che sottolinea quanto Tommy si sia adagiato sugli allori, nonostante tutto ciò che ha passato. Ha dimenticato i torti compiuti, le vite lacerate, i subdoli piani messi in atto per arrivare dove è. Ma fermiamoci un attimo. Dov’è effettivamente arrivato Thomas Shelby? Il prezzo del potere è stata la scissione familiare, la morte dell’amata Grace ed ora del fratello, nemici in crescita esponenziale, la propria vita sempre al limite del pericolo e con essa anche quella del figlio.

Una vita passata a costruirsi un nome che la sola pronuncia evocasse timore, eppure adesso si ritrova a temere per la vita dell’intera famiglia. Perché mr. Changretta non ha intenzione di uccidere Tommy adesso, la vendetta è vederlo soffrire dinnanzi le atrocità che riserverà per ognuno degli Shelby. Farlo annegare nella pazza disperazione del dolore e poi, solo allora, piantargli una pallottola nel cranio.

Adrien Brody porta sul piccolo schermo un Padrino sopraffino, glaciale, tagliente. I movimenti, le parole, gli sguardi che portano in scena un pathos di altissimo livello, un pathos che fa tremare lo zingaro inglese. Un Cillian Murphy che torna quasi agli albori della prima stagione del suo personaggio: ove la sua anima era in mille pezzi, salvata solo da quell’angelo biondo che gli prometteva di spezzargli il cuore. Ma adesso c’è rimasto un mucchietto di polvere e pentimenti lì dove una volta batteva il suo cuore. Un animo arido, stanco, sopraffatto dai molteplici affanni per proteggere una famiglia ormai spaccata.

“Semplicemente non e’ piu’ qui. E’ come con Grace, se ne sono solamente andati.”

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