Che Peaky Blinders sia la serie rivelazione degli ultimi cinque anni lo sappiamo tutti ormai, ma ancora adesso – nonostante l’exploit – si ha ancora poca consapevolezza delle capacità di Cillian Murphy, il nostro caro Thomas Shelby.
Per Cillian non è stata, ovviamente, la prima prova attoriale. Dopo un inizio claudicante fatto di piccole pellicole indie irlandesi, è stato lanciato nella scintillante Hollywood da Danny Boyle con 28 giorni dopo. Nel 2005 lo vediamo nel ruolo di Jonathan Crane in Batman Begins, diretto da Christopher Nolan.
Da lì in poi inizia un sodalizio cinematografico tra i due, che porterà Cillian a prendere parte a cinque pellicole di Nolan diventando attore di punta delle sue produzioni.
Nonostante i ruoli di un certo calibro interpretati, Cillian sembra sempre restare nell’ombra, forse a causa del suo stile di vita sobrio e privo di scandali. A far puntare tutti i riflettori su di lui è proprio il ruolo di Thomas Shelby in Peaky Blinders, che segna quasi una rinascita con il primo approdo di Cillian sul piccolo schermo. Come lui stesso ha recentemente ammesso in un’intervista per Vice, quello di Thomas Shelby è stato il personaggio più difficile da interpretare.
Cillian non è Thomas, nemmeno lontanamente, nonostante tutto è l’unico che avrebbe potuto perfettamente incarnare questo ruolo.
Attraverso divergenze e similitudini, si può tessere una tela di rapporti che intercorrono tra interpretante e interpretato. Tela in cui le differenze si mantengono abissali e diventano fondamentali per evidenziare il talento dell’attore.
Così viene fuori la sottotrama che cuce alla perfezione i panni del protagonista di Peaky Blinders addosso a Cillian.
La loro estrazione sociale è analoga: il ceto medio-basso, quello di chi deve sgomitare per raggiungere dei risultati. La famiglia assume un ruolo chiave nella vita di entrambi, come punto di riferimento, ma anche come ostacolo da superare. Così, da visionari, si trovano a dover (metaforicamente e non) combattere contro i loro stessi cari. Tommy lotta per affermarsi in un mondo che l’ha sempre disprezzato data la sua etnia di origine, Cillian per fuggire il logorio della vita moderna e rifugiarsi nella musica e nel teatro. Entrambi osteggiati, ora entrambi vincenti.
Nonostante il successo e la fama, sembrano preferire una vita lontana dai riflettori, meno mondana del previsto e all’insegna della riservatezza. Emblematico in questo contesto è il rapporto di Cillian Murphy con i social network: non ne possiede nessuno, nemmeno per utili pubblicitari e/o promozionali. Così anche per il signor Shelby è importante la privacy, anzi in questo caso diventa una questione di vita o di morte. Allo stesso tempo però sono dei grandi filantropi, senza la necessità di doverlo sbandierare a destra e a manca.
Ciò che però colpisce di più è il loro essere estremamente camaleontici: questo è stato il punto di forza di Cillian, come anche il fulcro in cui risiede la difficoltà di interpretare il capo dei Peaky Blinders.
Thomas Shelby non ha una personalità statica: è un uomo volubile, misterioso, geniale e anche eclettico a suo modo. Solo un personaggio altrettanto eclettico – proprio come Cillian Murphy – sarebbe riuscito a comprenderne l’essenza, portando a termine un risultato straordinario che chiude perfettamente la straordinaria architettura di Peaky Blinders.
Per l’attore il ruolo che interpreta non è più solo una maschera, una spersonalizzazione, quanto una reale parte di sè. Cillian ha interpretato di tutto, ha sperimentato mille sue versioni. Thomas invece non è mai stato se stesso realmente. In un gioco di specchi i due si fondono in uno, uno come nessun altro.