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Il finale di Peaky Blinders è stato più silenzioso del previsto

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Attenzione, leggendo l’articolo potreste imbattervi in qualche spoiler sull’ultima stagione di Peaky Blinders.

L’avevamo lasciato così, con una pistola alla tempia e le ginocchia nel fango, esasperato dalla disfatta di un piano utile al crollo del partito fascista. Lo abbiamo trovato anni dopo nello stesso identico fango, all’esordio di quello che doveva essere l’ultimo atto di una serie di enorme successo. Forse però quello che ci aspettavamo dalla sesta e ultima stagione di Peaky Blinders non è stato pienamente soddisfatto e così il finale è passato stranamente inosservato.

La sesta stagione doveva costituire l’epilogo finale di una serie che aveva conosciuto solo un’inarrestabile ascesa, non solo a livello di popolarità da parte del pubblico, ma anche sul piano della trama che prevedeva un ingigantirsi crescente delle ambizioni del suo protagonista. Questa escalation aveva abituato il pubblico a spostare sempre un po’ più in là l’asticella della tolleranza all’efferatezza della banda fondata dai fratelli Shelby, in quella che a tutti gli effetti potrebbe essere considerata un’apologia dell’antieroe. Se è vera la teoria che un calabrone non potrebbe volare, ma lui non lo sa e quindi vola ugualmente, anche i Peaky Blinders sono troppo belli e troppo eleganti per essere dei gangster, ma loro non lo sanno e accecano a suon di lamette lo stesso. È questo quello a cui ci siamo abituati ed è questo che ci saremmo aspettati nella stagione conclusiva.

Poi la realtà ci si è messa di mezzo e un po’ i limiti dovuti alla pandemia, un po’ la dipartita di una colonna portante della storia, la serie ambientata a Birmingham ha subito una sorta di rallentamento: meno piani contorti, meno cervellotiche strategie, meno sangue, ma molta più politica e introspezione. Lo spazio riservato ai personaggi secondari si assottiglia notevolmente, ma rimane immutata la bravura di Cillian Murphy nel dare vita a un uomo senza scrupoli, ma che in questa stagione dimostra di avere qualcosa di abbastanza simile a un’anima.

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Abbiamo atteso degli anni per vedere l’ultima grande battaglia di Thomas Shelby, per sentire quale fosse l’ultimo fo****o ordine dei Peaky Blinders e quando l’abbiamo visto ci ha lasciato indifferenti, si potrebbe quasi dire di aver assistito a un finale di serie sbiadito, silenzioso.

Ma perché una serie così amata dal pubblico si conclude quasi nell’indifferenza generale, almeno rispetto all’attesa spasmodica che aveva accompagnato a lungo (molto a lungo) l’arrivo della stagione? Forse perché, per diversi motivi, il finale non è un vero finale.

Se è vero che ci aspettavamo un’epica battaglia fra una banda senza scrupoli e un partito politico che se ne fa ancora meno, la sesta stagione di Peaky Blinders ci lascia (in parte) a bocca asciutta. Questo scontro non c’è, in favore di quello che potrebbe quasi essere visto come uno scontro generazionale fra Tommy e Michael, che senza alcuna sorpresa, vedrà la sconfitta di quest’ultimo. È vero che la morte di Zia Polly non poteva chiudersi semplicemente con il suo funerale, ma rimane pur sempre evidente che il vero scontro fra i cattivi di questa storia non avvenga, nonostante fosse uno scontro a cui la serie ci aveva preparato già nella stagione precedente. E se questo nodo va sciolto per poter davvero arrivare alla conclusione, è inutile fingere che non ci siano già delle aspettative a riguardo: come spesso avviene parlando di antieroi, il finale non può essere felice. Se per un attimo abbiamo davvero pensato che solo Thomas Shelby potesse far fuori Thomas Shelby, non appena il plot twist di questa stagione è stato svelato non abbiamo potuto non sentire un piccolo moto di delusione dentro di noi. In molti avranno sentito un lieve senso di sollievo nello scoprire che il capo della banda non stia per morire, ma venire a sapere che è stato imbrogliato da un personaggio inserito solo negli ultimi episodi fa suonare tutto il plot twist come un pochino forzato, senza contare che il negarci la possibilità di scoprire almeno quali siano le conseguenze di questa scoperta, fa sì che non esista alcuna conclusione. Un finale aperto, in cui le ultime immagini di Tommy ci lasciano una sensazione di sospeso, è impossibile che questo sia il vero finale per un uomo che non conosce sfumature.

E infatti non lo è.

Il sesto episodio della sesta stagione non è il finale della storia ( leggi qui la nostra recensione), che infatti tornerà in un’altra veste: un film conclusivo che dovrebbe tirare le fila definitive dei Peaky Blinders. E per fortuna, visto che questa stagione porta nuovi personaggi, nuove domande e pochissime risposte. Vogliamo sapere cosa Tommy ha sussurrato all’orecchio di Duke, vogliamo sapere perché, se è sano come un pesce, ha comunque allucinazioni e convulsioni, vogliamo sapere che fine ha fatto Finn. La sesta stagione vede una realtà molto più contenuta, in cui lo spazio dedicato a Tommy e alla sua famiglia in senso stretto è quasi preponderante rispetto a tutte le precedenti e se è straziante la morte della piccola Ruby, rimane davvero poco significativo l’apporto narrativo di personaggi molto amati come Alfie Solomon o la storyline del tutto alla deriva di Arthur, salvato forse solo da Linda per l’ennesima volta. Piccoli richiami, elementi nuovi appena abbozzati, qualche sorprendente ritorno, tutto ancora una volta lasciato in sospeso, quasi l’intera serie fosse un lungo prologo che ci accompagnerà all’esplosione conclusiva che necessariamente non potrà lasciarci indifferenti.

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Per adesso dobbiamo accontentarci di un finale che non ha il sapore di un finale, perché effettivamente non lo è. I commenti sono quindi solo rinviati al momento in cui arriverà davvero l’epilogo, in cui scopriremo finalmente cosa Steven Knight abbia in serbo per i Peaky Blinders. La serie tv si è a tutti gli effetti conclusa, ma la storia dei fratelli Shelby prevede un ultimo, inedito capitolo. Nella speranza di rivedere tutto quello che ci aveva appassionato nelle precedenti stagioni, non ci resta che aspettare, sperando che l’ombra della grandezza dei protagonisti che sono stati, non sia in grado di offuscare la loro uscita di scena.

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