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10 citazioni di Peaky Blinders che non dovresti usare mai e poi mai a un pranzo di famiglia

Peaky Blinders
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Casa Salici, giorno di Natale. La famiglia è riunita in attesa di pranzare. Ci sono tutti, ma proprio tutti, anche i venti cugini di secondo grado che la famiglia non vede dalla Comunione. I più indiscreti sono ai blocchi di partenza aspettando lo sparo che permetta loro di buttarsi a capofitto in una serie di domande scomode per mettere in difficoltà i più giovani. “Hai la fidanzatina, quando ti sposi, il lavoro come va, ma un nipotino non me lo fai?”, sono un asso nella manica di tutti i ritrovi familiari. Diciamo che già così, i presupposti per trasformare il pranzo in un disastro, almeno per alcuni, ci sono tutti. Immaginiamo, in maniera un po’ folle, di voler aggiungere del pepe alla giornata inserendo, in un già delicato equilibrio familiare, 10 citazioni tratte dalla famosa serie Peaky Blinders disponibile su Netflix. Di massime su onore, amore, famiglia e guerra ce ne sono un’infinità, ma qui abbiamo raccolto solo quelle che cadrebbero a pennello.

Viste le premesse, cosa potrebbe mai andare storto? 

Avvertenza per cominciare il pranzo con il piede giusto: cari parenti, non guardate il giovanotto di casa nel modo sbagliato. Non è una buona idea, Peaky Blinders docet.

È mezzogiorno del 25 dicembre e sono tutti riuniti a casa di nonna Ernestina per cominciare a mangiare. C’è un momento di confusione tra saluti, baci e smorfie ammiccanti che nascondono un po’ di fastidio, quando arriva il primo vero ostacolo: decidere i posti a sedere. I giovani della famiglia Salici sono leggermente spaesati e, tra il fuggi fuggi generale nell’immenso salotto della nonna per accaparrarsi il posto più lontano dallo zio che sputa o dal cugino che mastica rumorosamente, Alfredo ridacchia: “Ci vuole una mappa per girare questo posto, è enorme”. Tommaso lo sbruffoncello, invece, rischia il tutto per tutto sedendosi a capotavola. Tutti lo fissano, sarà difficile arrivare alla tombolata senza che il cibo gli sia andato di traverso almeno una volta. E, infatti, nemmeno il tempo di prendere il primo pezzo di salame al centro della tavola, che arriva la frecciatina tanto temuta di zia Matilde: “Allora, Tommy, quando ti laurei? Non vorrai fare come il cugino Bruno che ci ha preso la pensione lì dentro”. Ma Tommaso, che non è di molte parole, gela l’entusiasmo della zia pettegola con un categorico:

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“Il passato non è un mio problema. E il futuro non è una delle mie preoccupazioni”.

Un silenzio imbarazzante cade sui commensali, ovviamente fatta eccezione per quei cugini, seduti in fondo, che se la ridacchiano sottovoce per lo scampato pericolo. Ma Tommaso sa che i guai sono all’orizzonte, lo percepisce negli sguardi di disapprovazione di Erminia e Donato, i suoi genitori. Sono loro che pagano: anni di affitto e retta universitaria buttati al vento, dato che il giovanotto preferisce feste e corse di cavalli. 

Quando la tensione si è un po’ allentata e sembra che tutto possa risolversi tra loro in un non detto, ecco che Alfredo, il fratello diciassettenne, decide di accendere la miccia. Guardando prima i genitori, ancora in silenzio, e poi il malcapitato a capotavola, ridacchia: “Tommy non so se stavolta potrai salvarti. A casa le prendi. Sicuro”. D’istinto, il giovane Tommaso decide di fare un po’ il melodrammatico esclamando nel tono più solenne che possa riuscire a produrre:

“La morte a volte è una benedizione”.

Tra risatine sommesse dei cugini miracolati, occhi al cielo dei genitori e mano sul petto delle nonne, Tommaso riesce a prendere finalmente quella benedetta fetta di salame che sta guardando da un quarto d’ora. Ma, probabilmente, sarà l’ultima per un bel po’.

Giuseppe, amico di sua sorella Adina e in seminario da due mesi, si infastidisce per l’uscita infelice del giovane, così decide di prendere la parola. Per farlo però, è necessario essere teatrali come l’interlocutore quindi, dopo aver sbattuto un vigoroso pugno sul tavolo per richiamare l’attenzione dei presenti, trascina indietro la sedia (con buona pace del parquet di ciliegio di nonna), per attirare lo sguardo di tutti i commensali. Giuseppe sembra essere riuscito nel suo intento: anche nonno Biagio, sordo come una campana, lo sta fissando.

“Oggi giorno esistono persone a dir poco stupide che dicono cose a dir poco stupide”.

Di nuovo silenzio, pesante come un macigno.

Solo Adina sembra non aver perso la lucidità, così cerca di calmare il suo giovane amico invitandolo a sedersi. Ma è qui che zia Assunta, rivolta a suo marito Pino, rincara la dose: “Mamma mia, Pì, a questa tavola non c’è un po’ di buon gusto”.

E Tommaso, che in quel momento avrebbe potuto mangiare e tacere, decide di vendicarsi. Chi è quell’insolente di Giuseppe che osa attaccarlo? E cosa vuole sua zia Assunta? Così, con la nonchalance che lo contraddistingue, rompe il silenzio:

“Il buon gusto è per coloro che non possono permettersi zaffiri”.

Apriti cielo. Tutta la tavola è in fermento, ma nessuno si guarda negli occhi. Tra i tanti “Oddio Oddio” e qualche “Signore, aiutami tu che con questo qua non so proprio come fare”, in sottofondo si muove anche Alfredo. Convinto di non essere visto, il diciassette tutto brufoli, tira una pacca sulla gamba del fratello in segno di approvazione.

Nel trambusto generale, c’è una sola persona a non essersi scomposta: nonna Ernestina. È l’immagine della quiete prima della tempesta. In una frazione di secondo si sistema gli occhiali, posa il tovagliolo sulle gambe e, mentre è intenta a mettersi l’antipasto nel piatto, guarda di sfuggita prima Tommaso poi Alfredo, prima Alfredo poi Tommaso, scandendo chiaramente e nel silenzio generale:

“Se io vi punirò, e potrei decidere ancora di punirvi, indosserò tacchi alti, così che possiate sentirmi arrivare sul selciato e avrete tempo di pentirvi. Fate attenzione al rumore dei miei passi”.

Le minacce della nonna fanno ancora un certo effetto. Tommaso e Alfredo sono impietriti, come gli altri d’altronde.

Solo una ragazzina sembra aver ancora voglia di scherzare: Lauretta. Dopo aver osservato la situazione, prende coraggio per farsi beffe di Alfredo. Purtroppo per lei, quest’ultimo la zittisce prima che possa anche solo cominciare muovendo il bicchiere nell’aria:

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“Riempilo e vai al diavolo” .

Ma Alfredo, nonostante i modi burberi, passa l’ora successiva a pensare alle parole della nonna. La sua ramanzina, concisa ma efficace, gli ha tolto l’appetito. Decide, quindi, di seguirla in cucina tra una portata e l’altra, per scusarsi con lei. Ma Tommaso, che è la vera pecora nera della famiglia, riprende il fratello sulla soglia:

“Se ti scusi una volta, lo farai ancora e ancora. È come togliere mattoni dal muro di casa tua”.

La faccia di Alfredo è incredula, come poteva sapere Tommy che sarebbe andato a scusarsi con sua nonna? In tutto ciò, anche nonna Ernestina è in cucina. È di spalle, intenta ad ascoltare i nipoti discutere e strattonarsi sulla porta. Lei non parla, non le serve. Basta solo un ghigno di vittoria in direzione di Tommaso. È chiaramente riuscita nel suo scopo: piegare almeno uno dei due scelerati facendo leva sul vecchio e caro senso di colpa. Perché la nonna, che di esperienza ne ha da vendere e sicuramente non si fa intimidire da un venticinquenne pelle e ossa con delle idee un po’ strane, dice:

“Quando non ci sono regole, le donne entrano in carica”

Lo fa strizzando l’occhio alle nipoti intente a captare qualsiasi parola dell’animata discussione proveniente dalla cucina.

Non che in sala le cose vadano tanto meglio.

La cugina di terzo grado, che i giovani non ricordano nemmeno di aver mai visto, per pavoneggiarsi con gli altri invitati che hanno cominciato a parlare del tempo e di politica pur di coprire il trambusto alle loro spalle, dal nulla afferma che:

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“Tutti gli uomini dentro di sé nascondono un diavolo”.

Ecco, la ciliegina sulla torta. Ma magari fossimo già al dessert! Così, Tommaso, ormai tornato mestamente al suo posto, sedendosi tra i sospiri, esclama con la solennità che tanto ama:

“Non c’è riposo per me in questo mondo. Forse nel prossimo”.

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