Peaky Blinders ci ha mostrato nelle sue cinque stagioni più di un villain temibile. Abbiamo assistito all’ascesa al potere di Thomas Shelby, un uomo che è partito dal basso, dalle luride e fumose strade di Birmingham dissestate dal calpestio della povertà e del malaffare, dall’avidità, dalla sete di potere e dalle scommesse, fino ad arrivare al parlamento britannico.
Tra colpi di scena, passioni e desideri, siamo partiti da Billy Kimber fino ad arrivare al machiavellico Oswald Mosley (personaggio realmente esistito nel panorama politico inglese). Tuttavia è nella quarta stagione che facciamo conoscenza di uno dei villain tuttora più discussi di Peaky Blinders: Luca Changretta.
Interpretato da Adrien Brody, questo personaggio entra in scena poco dopo la morte di Grace. All’inizio della quarta stagione abbiamo un Thomas Shelby distrutto e isolato dai suoi affetti. I membri della sua famiglia sono ormai disillusi e arrabbiati per come sono stati trattati e usati. Nella sua disperazione, il nostro protagonista sta per toccare con mano un pericolo mai affrontato prima d’ora.
Una mano vuole vendetta. Nera come la morte e lo sporco dei suoi crimini. Una mano stampata in un bigliettino di avvertimento che promette la morte di Thomas e di tutti i Peaky Blinders. L’organizzazione italoamericana di cui è capo Luca Changretta si chiama appunto Mano Nera (qui per saperne di più in merito), e vuole vendicarsi per la morte di un suo familiare.
La Mano Nera è un clan criminale affiliato alla mafia, a cui risponde delle proprie azioni. Luca Changretta entra in scena fin da subito come un villain diverso, sia nelle modalità di offesa nei confronti dei Peaky Blinders ma anche negli approcci e i dialoghi.
L’onore ruota tutto intorno alla sua figura, lo stesso onore di cui si è sempre fregiata la mafia, innalzando questo costrutto sociale al più alto grado di dignità morale di ogni individuo. Per l’onore e a causa di si uccide indistintamente. La mancanza di rispetto è uno dei carri trainanti rabbia in Luca Changretta.
Spietato e senza mezza misure si muove nell’ombra pronto a colpire. E il primo colpo di scena è nel drammatico omicidio di John Shelby, fuori dalle mura della sua casa. Sarà la goccia che farà traboccare il vaso e i Peaky Blinders si riuniranno per fronteggiare questo pericoloso leader fino alla fine della quarta stagione.
Luca Changretta, come dicevamo, non è come gli altri avversari combattuti finora. Il suo carisma è dirompente e tiene incollati allo schermo anche grazie alla strepitosa interpretazione di Adrien Brody. Tale prova attoriale lo ha reso allo stesso tempo discusso dal pubblico, promuovendo l’immagine del visto e rivisto mafioso italiano, nei modi e nell’atteggiamento. Nonostante ciò (o per merito di ciò) l’attore ha dato prova di grande talento, ed è rimasto nelle memorie di noi spettatori.
Ma la fortuna del personaggio non deriva solo dal suo interprete.
La costruzione di Luca è stata pensata fin da subito in maniera creativa e accattivante. Il capo dei Changretta è un leader che fa dell’onore e della vendetta un dipinto di spiazzante eleganza.
Composto e impostato, indossa abiti di elevata fattura, tutti a firma italiana. Ogni ordine e atteggiamento viene veicolato con eleganza, non solo nei modi ma anche nel tono di voce e negli sguardi. La sua furia vendicativa è pronta a non fermarsi di fronte a niente e a nessuno, accentuando e promuovendo, ogni qualvolta sia possibile, i suoi precetti morali e la sua stessa cultura.
Se parliamo di cultura infatti, Luca Changretta in Peaky Blinders è il primo villain a trasmettere con efficacia il volto di una specifica etnia. Sebbene il tutto sia veicolato da atteggiamenti stereotipati, vediamo per la prima volta un “vero” italoamericano mafioso. Persino il linguaggio riprende questa volontà registica. Assistiamo infatti a una singolare e più volte comica esibizione di Adrien Brody nell’uso dell’italiano.
Avrei potuto uccidervi varcando la porta, ma vedete voglio che voi siate l’ultimo. Voglio che voi restiate in vita mentre uccido la vostra famiglia. Dovete guardare.
L’onore e il rispetto sono la colonna portante della natura di Luca Changretta. Gli è stato fatto un torto e suoi avversari la devono pagare nel modo più atroce possibile. Eppure non c’è mai volgarità nelle sue azioni, seppur criminali. Persino nel “prostrarsi” ad Alfie Solomons per avere il suo aiuto mantiene un atteggiamento di pacata compostezza.
Luca Changretta è un villain che non si vergogna di mostrare tutte le carte in tavola. Fin da subito avverte del suo piano e di come lo porterà a termine, senza mezzi termini e possibilità di trattativa. Il suo egocentrismo e vanità lo pongono al centro di scene al limite dell’ironia, come la sua chiacchierata con Thomas Shelby mentre gioca con i proiettili.
Il nostro villlain italoamericano è senza dubbio l’immagine della pregevolezza e della ricercatezza nel panorama del crimine in Peaky Blinders. Una ventata di aria fresca in un mondo di decadenza e bassezze morali, di cui sono attivi partecipanti anche i nostri protagonisti.
Per Luca Changretta l’onore è tutto. A tal punto da credere che i suoi uomini non siano dei semplici mercenari pronti a girargli le spalle, ma fedeli uomini che farebbero di tutto per lui. Il suo concetto di onore talvolta supera l’ossessione, inquinando la realtà dei fatti e la sua capacità di giudizio.
L’esasperazione e la ricerca compulsiva di una vendetta lo porterà alla più misera delle disfatte, nonostante la partenza in grande stile del suo personaggio. Una morte più simile a ciò che spetterebbe al più rozzo e volgare dei criminali, senza alcuna lode.
Una morte senza alcuna traccia di onore.