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Perchè nessuno guarda Peaky Blinders

peaky blinders
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Peaky Blinders è una delle Serie Tv inglesi più belle degli ultimi anni,
eppure sembra che qui in Italia nessuno la guardi: perché?

La trama si srotola nella Birmingham degli anni ’20, con protagonista la famiglia Shelby, di professione criminali: i Peaky Blinders. Più precisamente ci troviamo nel malfamato quartiere di Small Heath, dove degrado, povertà e violenza sono all’ordine del giorno.

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Thomas Shelby è la mente della baracca Shelby. È un allibratore dalle maniere forti, interpretato divinamente da un Cillian Murphy, che con i suoi lineamenti e l’associazione berretto/sguardo basso, riesce a calzare perfettamente nel personaggio e sembra uscito da una fotografia degli anni ’20. Insieme a lui troviamo i due fratelli Arthur e John (Paul Anderson e Joe Cole), la sorella ribelle Ada (Sophie Rundle), molti compari e zia Polly (Helen McCrory, Madame Kali in Penny Dreadful) che fa da madre un po’ a tutti. Se si pensa poi che i Peaky Blinders siano realmente esistiti, la serie acquista un valore anche storico.

Se da una parte ci sono i cattivi, dall’altra troviamo i buoni: Sam Neill interpreta C.I. Campbell, il nuovo capo della polizia appena trasferitosi per risolvere un affare alquanto losco per conto della Corona. In realtà è un cattivo più cattivo del protagonista, che si crede buono e che innesca un circuito di piccoli colpi di scena che tengono alta l’attenzione del pubblico, intrecciando la componente drammatica a quella thriller. La giustizia si contrappone all’ingiustizia, la moralità si scontra con l’immoralità, odi et amo intrecciano le vite di personaggi inaspettati. Il limite che separa i contrari è flebile, a volte inesistente. La trama attira, coinvolge e sorprende. Ed è già un buon motivo per iniziarla.

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Altri punti forti di Peaky Blinders sono le ambientazioni. Il contrasto tra le fornaci di Small Heath e i canti tradizionali irlandesi intonati nel pub Garrison, gli accordi impliciti tra le gang della zona, ma sopratutto la costante presenza della Grande Guerra. Con i riferimenti espliciti alle battaglie in trincea e i traumi che hanno segnato i nostri protagonisti, la psicologia dei personaggi non viene dimenticata. In tutti questi avvenimenti, cresce e si particolarizza in modi differenti per ognuno di essi: in Arthur si vedono svilupparsi scatti d’ira irrefrenabili, in Thomas si sviluppa un forte senso di responsabilità che lo sovraccarica e lo rende schivo a fidarsi.

Il tutto accompagnato da una colonna sonora particolare e molto rockeggiante, a partire dall’azzeccatissima sigla. Ogni canzone accompagna perfettamente la scena su cui è montata, che molto spesso viene rallentata e ristretta su primi piani che ci regalano una fotografia perfetta. E ora mi sorge la domanda: perchè una simile serie non è popolare in Italia?

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In primis, vorrei ringraziare la piattaforma Netflix per averci portato questa Serie Tv in Italia, altrimenti chissà quando l’avremo mai vista. Ora mi sforzerò di comprendere quali siano i fattori negativi per il quale questo show si sia meritato tanta impopolarità nel nostro paese.

Il pilot non è uno dei migliori che si sia mai visti, di certo non è il miglior episodio della prima stagione. Si inizia con calma, lasciando ambientare lo spettatore in un’epoca diversa dalla nostra. Ma gli episodi successivi non tradiscono l’alta aspettativa che si può avere in Peaky Blinders. La terza puntata ci regala già degli enormi brividi, per non parlare poi del finale. Un altro punto (a mio parere positivo) è la durata delle stagioni: composte da 6 episodi ciascuna, possono sembrare poche, ma in realtà lasciano molto spazio alla trama e non dilungano troppo le vicende rendendole altrimenti scialbe.

Una critica mossa a Peaky Blinders è stata che annoia. Parliamone. Il ritmo non è serrato, grazie a Dio, altrimenti in 6 puntate avremmo già tutta la storia delle 3 stagioni correnti e non avremmo avuto il tempo di capire la personalità dei personaggi. Ci saremmo dovuti accontentare solo di caratteristiche standard noiose: cattivo contro buono, criminale contro poliziotto. Eppure non è neanche così lento. In 6 puntate di avvenimenti ce ne sono eccome, ognuno con la sua tempistica e la sua motivazione che ci aiutano a comprendere cosa si cela dietro la mente di ogni personaggio. 

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Calma, Arthur, non ci sono altri presumibili punti negativi in Peaky Blinders.

Se questi potrebbero essere i punti negativi, dalla parte opposta della lista ne abbiamo a bizzeffe di punti positivi: a partire dalla regia, con un’attenzione maniacale ai particolari (come le lamette nei cappelli, da cui deriva il nome della banda). La fotografia è d’impatto, le musiche rendono le scene epicamente bad (sopratutto quelle riguardanti le risse). Il cast è magistrale ed eccellente per ogni personaggio che si incontra nella serie (nella seconda stagione entra in scena un brillante Tom Hardy, che abbiamo poi ritrovato in Taboo). La rievocazione perfetta del passato attraverso l’ambientazione: le serie in costume, per riuscire, devono attenersi fermamente al periodo storico in cui si svolgono le vicende. La critica lo ha elogiato, acclamato e premiato.

Insomma, se non vi siete ancora visti Peaky Blinders, cosa state aspettando?

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