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Come Peaky Blinders ci ha raccontato la mafia italiana

Peaky Blinders
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Se si guarda la lista dei migliori 500 film della storia secondo la rivista Empire, al primo posto si trova Il Padrino. Qualche posizione sotto, c’è Goodfellas e ancora troviamo Il Padrino II, Scarface… Le storie sulla criminalità organizzata hanno sempre una gran presa sul pubblico. Vale anche per le Serie Tv: esempi chiari sono Gomorra, Romanzo Criminale, per non parlare di Peaky Blinders. E, spesso, diventano veri fenomeni di costume. Romanzo Criminale è uscito che ero al liceo e ricordo bene una generazione di adolescenti talmente in fissa con Libanese, Dandy e Freddo da imitarli nelle espressioni, nel modo di vestire, nel modo di comportarsi.

Ad oggi leggo della nuova moda venuta fuori da Peaky Blinders di farsi il doppio taglio anni ’20 come i protagonisti della serie. Il prossimo passo saranno i baffi di Arthur.

E mi sono chiesto: cos’è che rende così affascinanti questi personaggi e le loro storie? In realtà è semplice: la rivolta sociale. Questi uomini e queste donne non sono semplici criminali, ma sono dei ribelli che non sopportano la legge e l’ingiustizia che ne deriva. Vengono dalla strada, proprio come la maggior parte di noi ma, invece che sopportare la legge, decidono di infrangerla. Ribelli e liberi, una vita rischiosa, che si chiuderà nel sangue. Ma almeno avranno vissuto mettendosi in gioco fino in fondo. La ribellione, per me, è il primo aspetto che rende Peaky Blinders, Tony Montana e chi più ne ha più ne metta in cima alle preferenze del pubblico.

peaky blinders

E arriviamo al codice d’onore. Ciò che sto per dire non vuole essere assolutamente un’apologia alla mafia, che va sempre e comunque condannata perché puoi avere tutte le ragioni e l’onore del mondo, ma se ammazzi la gente passi subito dalla parte del torto.

Il mafioso, il gangster, ha una logica per cui lo Stato NON è legittimo. Dietro a questa convinzione profondamente radicata, crea esso stesso delle regole per sé e per il proprio territorio basate sul codice d’onore.

Il mafioso ragiona così: Sì, rubiamo e uccidiamo, è vero. Ma non lo fa anche lo Stato? Solo che i politici, i re e le autorità religiose lo fanno per il proprio tornaconto, affermando chela legge dice così” .

Invece Don Vito Corleone non uccideva per soldi, non l’avrebbe mai fatto. Lui uccideva chi offendeva la sua famiglia e il suo onore. Dal punto di vista dello spettatore, il mafioso, seppur sempre condannabile, fa più bella figura dello Stato e delle autorità a volte, perché nonostante faccia del male alle persone è comunque un qualcuno che vive senza tradire una sua concezione morale.

Ribellione alla legge ingiusta e codice d’onore. Questo rende questi personaggi così interessanti e questo è anche il modo più onesto di rappresentarli. Perché che siano Peaky Blinders o Banda della Magliana, loro realmente credono di agire nel giusto, per la famiglia. E la famiglia non la tradirebbero mai. E in un mondo dove tutti cambiano bandiera per convenienza, dei personaggi così vincono a mani basse.

E ora veniamo al punto: cosa c’è di sbagliato nell’ultima stagione di Peaky Blinders nel rappresentare la Mafia Italo – Americana (La Mano Nera)

Come appaiono? Una dozzina di uomini dai capelli scuri, molto estroversi. Hanno molta cura nel vestire, quasi maniacale. Loro hanno un sarto italiano, disprezzano come si veste la gente qui a Birmingham. Lo stile italiano è ben altra cosa. Poi il cibo… la prima cosa che dicono a Luca Changretta i suoi scagnozzi è che se ne vogliono andare perché “qui si mangia di merda“. Sono arrivati qui perché hai ammazzato la mamma.

Purtroppo, la loro rappresentazione non va oltre questo. Ci sono solo gli stereotipi, che sono come appaiono gli italiani agli occhi di chi non è italiano. Una visione riassunta da Alfie Solomons, quando li descrive arroganti e aggressivi.

Peaky Blinders

Non c’è nulla di più di questo e, da una serie attenta ai particolari e al contesto storico come Peaky Blinders ci si aspetta di più.

Eppure, gli esempi da cui attingere non mancavano di certo. Prendete il Padrino: c’è l’amore per il cibo, per il buon vestiario, per la famiglia, c’è tutto. Ma soprattutto c’è il concetto dell’onore, degli uomini d’onore che si distinguono da tutti gli altri. Le dinamiche e le conseguenze di questa mentalità forgiano la trama stessa del film. In Peaky Blinders abbiamo solo dei cani rabbiosi con cui non si può nemmeno trattare.

Ma perché in Peaky Blinders si è puntato maggiormente sugli stereotipi? La giustificazione più palese è che, onestamente serviva un villain per alzare il tiro. Avevamo avuto un Ispettore, poi le organizzazioni criminali di Londra, infine i russi. Ma nessuno era stato un villain abbastanza pericoloso da mettere veramente in pericolo la vita degli Shelby. Serviva qualcuno di veramente pericoloso che facesse pensare fino alla fine che la Serie sarebbe finita in tragedia. E la mafia italiana, la mafia originaria, è nella mentalità comune la più pericolosa e aggressiva. Bisognava marcare questo aspetto.

Peaky Blinders

E cosa salva la mafia italo-Americana in Peaky Blinders, alla fine dei giochi? L’interpretazione di Adrien Brody, che dà a Luca Changretta una potenza espressiva incredibile. Un personaggio potente, sinistro, da far accapponare la pelle. L’unico che, fino ad ora, sia riuscito veramente a spaventare uno come Tommy Shelby. La scena che gli si presenta e gli mostra le pallottole con i nomi dei membri della famiglia Shelby raggiunge dei picchi di tensione veramente incredibili e ci fa percepire quanto sia alta la posta in gioco.

E, comunque, nella prossima stagione vedremo Al Capone. Chissà, magari hanno lasciato il meglio per dopo.

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