ATTENZIONE: Il seguente articolo contiene SPOILER sulla serie Peaky Blinders!
Avevamo lasciato Thomas Shelby stremato, sconfitto e per la prima volta nella serie pronto a compiere un gesto estremo pur di abbandonarsi al riposo eterno. Eppure, una volta premuto il grilletto, il colpo non parte.
I proiettili sono stati tolti preventivamente dall’arma, la morte sembra tardare un’altra volta e, per una persona che l’ha ingannata fin troppo, è diventato ormai soltanto parte di una routine a cui noi spettatori siamo abituati.
Non questa volta però, perché le carte in tavola sono cambiate: Thomas inizia la sesta e ultima stagione della serie come grande perdente, con un impero ormai in declino, nemici con cui è costretto a scendere a compromessi e una famiglia, la sua vera forza durante gli anni, sgretolata nel suo cuore.
Quattro anni dopo, un altro Thomas ci appare ai nostri occhi, sobrio, calmo, freddo e preciso. Una macchina senza emozioni e senza limiti che ha bandito l’alcol dalla sua vita e si è prefissato uno scopo soltanto: vendicare i colpevoli della morte di Polly e far fallire in ogni modo l’ascesa del fascismo nella figura dell’enigmatico Oswald Mosley.
Il suo piano è già in moto, Thomas non può essere fermato neanche quando ha a che fare con figure nettamente più influenti e pericolose di lui. Non prendetelo come un dono o una qualità del suo essere, trattatelo per quello che è davvero: una maledizione.
Peaky Blinders non è mai stata un esempio di felicità e finali lieti: non appena una fioca luce veniva accesa all’interno della storia, una folata di gelido vento la spegneva e riportava la scura e cruda verità del tempo. La morte di Grace, quella di John, la mente disastrata di Arthur; nelle cinque stagioni precedenti Thomas si è dovuto far carico di cosi tante tragedie che era impossibile non potersi aspettare una ripercussione e per tutta la sesta stagione assistiamo a questo costante e doloroso deterioramento mentale. Nell’episodio introduttivo delle sesta stagione lo troviamo stanco ma determinato a concludere il suo lavoro, quello che lo aspetta però lo metterà ai fianchi e ci permetterà di vedere un uomo nuovo in un contesto del tutto inesplorato.
Una serie di eventi inaspettati si affacciano davanti ai suoi (e nostri) occhi e, proprio come Thomas, non abbiamo i mezzi per affrontarli a dovere: la malattia grave e letale che affligge sua figlia Ruby distrugge la figura paterna che lo ha ancorato alla vita, la scoperta di un tumore incurabile scioglie ogni sicurezza di ciò che è rimasto dell’uomo. Come un fulmine a ciel sereno si abbatte sulla sua testa un uno-due in grado di stendere anche il miglior pugile in circolazione. Tommy si trova faccia a faccia con una sfida estrema e questa volta, rispetto al passato, non ha una via di fuga. Può soltanto cercare di rimettere in ordine le cose prima di dare addio a tutti i suoi cari.
In questo esatto momento, inizia la vera stagione finale di Peaky Blinders. Con l’accettazione della sua prematura dipartita parte la sua corsa contro il tempo, quella che definirà l’eredità lasciata da Thomas Shelby.
La vita del protagonista diventa una clessidra: inesorabile e con un destino già scritto. Una “nuova” per chi ha costruito un castello intero avendo il controllo assoluto su ogni aspetto di esso. Barcolla, è instabile, mentalmente al confine con la follia e alla mercé dei propri nemici; stiamo guardando la caduta di uno dei personaggi più carismatici mai creati senza poter intervenire? Non ancora, perché se non puoi battere il tempo, puoi sfruttarlo al massimo delle tue possibilità.
Lo spazio per i sentimenti o per abbandonarsi al dolore è vietato: Thomas è obbligato a chiudere le porte del suo cuore, mantenere il silenzio assoluto sulla sua situazione e concentrarsi sull’unica cosa al momento importante, il business.
Fin troppi fronti da curare e cosi pochi mesi: con le spalle al muro per la prima volta ci viene offerto il fianco del soldato e non possiamo fare altro che notare come la fretta stia compromettendo le sue scelte, facendogli perdere i propri cari e costringendolo a comportarsi come un cavallo da corsa, costretto a correre finché non sarà più in grado di camminare. Una metafora a lui cara, da amante di puledri e che più volte abbiamo sentito uscire dalla sua bocca: un reminder che si può soltanto guardare avanti.
Ecco che quindi arrivano gli accordi con Oswald Mosley e una sconfitta inaspettata nei suoi confronti: Thomas è a un bivio, il fascismo è diventato l’ultimo dei suoi problemi seppur il disprezzo nei suoi confronti non fa altro che incrementare. Abbiamo assistito a un cambiamento nelle sue aspirazioni, non è più il gangster proveniente da Small Heat ma un politico affermato con molta influenza nella sua nazione: gioca su più tavoli, tesse multiple trame ma ormai la vista si fa sfocata, la mano trema, gli avversari ne approfittano e la sabbia sulla clessidra sembra essere giunta al termine.
Prima però c’è un’ultima questione da risolvere, quella di sangue.
La separazione dalla sua famiglia lo lascia impassibile, il suo percorso è irreversibile: due sono le tappe rimaste prima di lasciarsi finalmente andare e una è la tanto agognata resa dei conti con Michael, figlio di Polly.
“Ci eravamo tanto amati” recitava il titolo di un noto film italiano: un rapporto padre-figlio che ha fatto appassionare i fan ma che si è rivelato essere soltanto fumo negli occhi. Il sangue non mente e Michael e Thomas sono talmente simili da diventare nemici giurati. Leader naturali e uomini con aspirazioni infinite.
Il tradimento di Michael, la morte di Polly: gli screzi tra i due sono stati un tema costante della quinta stagione della serie ed è giunto il tempo della resa dei conti in quel di Miquelon.
Per parlare della loro rivalità servirebbero altre 1000 parole: amore, odio, rispetto, ingegno. Michael crede di essere finalmente in grado di superare quella che paradossalmente è diventata la sua nemesi ma anche nel suo punto più basso Thomas non perde mai la sua famosa calma.
Perché nonostante tutto, nel buio più totale, riesce un’altra volta a riprendere la propria postura e fare ciò che sa fare meglio: essere una mossa avanti al suo nemico.
Thommy scopre i piani dietro il suo assassinio e quello di suo fratello e prepara la sua mossa di conseguenza, come un giocatore di scacchi. Il sangue viene versato, la macchina esplode eppure non è ancora il suo tempo di andarsene. Michael, con le sue ultime parole, dice che chiunque sia legato a Thomas abbia le mani sulla morte. E’ lui però a trovarsi una pallottola sull’occhio e a perdere il confronto diretto con il più anziano.
A proposito di tempo, gli ultimi 20 minuti di Peaky Blinders sono una perla da guardare e riguardare. Una volta chiuso il cerchio, vendicato la mamma che non ha mai avuto e concluso anche l’ultimo “affare”, è tempo di abbandonare tutto e prendersi il suo meritato riposo, una parola che abbiamo sentito fin troppe volte dalla sua bocca.
La clessidra ha finito la propria sabbia, “time is over”, Thomas Shelby è pronto a cedere.
Ma se gli autori di Peaky Blinders ci hanno messo nel sacco, hanno preparato il protagonista e noi stessi a una morte che non accadrà. Una messa in scena orchestrata su schermo dal genio di Mosley dopo aver riconosciuto come solo Thomas Shelby possa sconfiggere Thomas Shelby.
Il cliffhanger ci fa tirare un sospiro di sollievo e ci lascia a un finale apertissimo: non ci sono certezze su quali saranno i prossimi obiettivi del capo della famiglia Shelby. Una famiglia da aiutare? Cacciare Mosley? Non ne abbiamo idea. C’è solo una cosa che sappiamo a riguardo, ovvero che Thomas non debba più correre. Perché il tempo è di nuovo dalla sua parte e lui è tornato.