I hold it true, whate’er befall;
I feel it when I sorrow most;
’Tis better to have loved and lost
Than never to have loved at all
Nella Londra vittoriana di Penny Dreadful si muovono nell’ombra creature mostruose, capaci di atti immondi che terrorizzano londinesi di ogni strato sociale, destando al tempo stesso l’interesse di altri. Tra i vicoli oscuri di una città in perenne fermento, ha luogo una lotta silenziosa tra le forze del bene e quelle del male. Entrambe le fazioni hanno messo in gioco una posta molto alta, pagandone le conseguenze. I mostri della letteratura gotica prendono vita, sfuggendo all’immobilità della controparte cartacea e muovendosi sullo schermo con estrema grazia e intensità. In questo quadro da incubo che potrebbe essere sgorgato dal pennello di Goya, risalta, più di ogni altra, la figura slanciata e magnetica di Vanessa Ives.
L’eccelsa Eva Green raggiunge vette di bravura da “storia della televisione” alimentando la sua Vanessa di un fuoco vivo e bruciante che divampa come un incendio.
Attraverso la poesia di Keats e Shelley e le opere gotiche più famose, affrontiamo un viaggio tra i meandri oscuri dell’umanità, tra quei segreti celati sotto una superficie patinata. Un’opera sublime che merita davvero di essere vista e soprattutto capita nei suoi molteplici strati. Nella poesia è possibile trovare il fil rouge che unisce le vicende di questa storia, come se ognuno dei protagonisti rappresentasse una strofa o un verso che funziona bene da solo ma che riesce a vibrare davvero in connessione con gli altri. Nella poesia, i personaggi trovano la loro ragion d’essere, disperatamente alla ricerca di una qualche forma di redenzione o fuga da una società che li ha ormai etichettati per sempre come mostri. Reietti di un mondo che non ha né vuole creare lo spazio per accoglierli nella loro diversità, che ha già deciso di utilizzarli come capri espiatori. Allora, ancora una volta la poesia diventa il mezzo per dar voce al loro dolore, alle loro passioni e alla loro solitudine. Soprattutto.
Vanessa Ives che si mostra sempre per quello che è – maledetta da un destino che non ha scelto e condannata o all’Inferno o alla notte dei vampiri – appare nella sua tragicità il personaggio più puro e vero. In lei non esistono le contraddizioni presenti in tutti coloro che le ruotano intorno. Perché, a differenza degli altri mostri, Vanessa ha fatto della solitudine la sua corazza e non la scusante per perseguire egoistici intenti, come invece nel caso del dottor Frankenstein o di Dorian Gray. Il cammino di Vanessa è drammaticamente segnato, fin dalla sua infanzia, eppure la donna riesce a trovare nel mondo che la circonda una grazia singolare e ad assaporarla giorno per giorno. Anche di fronte alla morte, Vanessa sorride perché non è la signora con la falce che è venuta a reclamare la sua anima ma il volto dell’amore.
Nello sguardo che Vanessa ed Ethan si scambiano in quel tormentato finale risiede tutta la poesia di Penny Dreadful.
L’esistenza di Vanessa viaggia allora sulle note di una ballata, in cui melanconia e coraggio sono due facce delle stessa medaglia. Vanessa non cede mai, neppure quando è in ginocchio logorata dal demonio e da Dracula. Non rinuncia mai alla bellezza del mondo o all’amore che ha coltivato nel suo cuore per gli amici e la famiglia incontrati nel corso della sua vita. E non rinuncia certo all’amore puro, prezioso e vivo che l’ha unita a quell’altrettanto tormentato Ethan Chandler.
In questo amore si manifesta la potenza divina che salva l’anima di Vanessa e che riesce, seppur nella maniera più straziante possibile, a liberarla infine. Tuttavia quella conclusione dolceamara arriva purtroppo alla fine di un percorso troppo burrascoso e confuso, quale è stato quella della terza stagione di Penny Dreadful. Dopo due stagioni eccellenti, la serie tv di Showtime sembra arenarsi in una ripetitività quasi ammorbante in cui le direzioni prese da diversi personaggi risultano confuse e inconcludenti.
I rapporti più decisivi, costruiti nelle stagioni precedenti, sono appiattiti all’interno di una narrazione che giace in attesa di non si sa bene cosa. Così anche Vanessa Ives, per quanto brucia sempre in maniera vivida grazie al fuoco di Eva Green, viene un po’ “sprecata” fino a quel finale di serie che ricuce i torti subiti ma lascia in ogni caso intravedere le toppe messe alla bell’e meglio. Soprattutto sono personaggi come quelli di Ethan e del dottor Frankenstein a subire il trattamento peggiore, sballottati di qua e di là all’interno dello spazio scenico, privi di una reale evoluzione. Rimasti troppo a lungo distanti e isolati nel loro dolore, i personaggi si ritrovano in maniera troppo frettolosa durante il series finale lasciando noi spettatori affamati e delusi.
Il sacrificio di Vanessa, la scelta di martirizzarsi piuttosto che abbandonarsi al destino che qualcuno aveva preposto per lei, l’enorme valore emotivo di cui il finale di Penny Dreadful è ricco si perde, purtroppo, in un susseguirsi di eventi troppo rapidi rispetto alla generale lentezza del resto della stagione. Quindi si. Penny Dreadful brucia come una ferita ancora aperta perché la perfezione era davvero a portata di mano e invece il tutto ci sfugge di mano senza avere nemmeno il tempo di assaporarne i versi finali. Un’ultima volta. Prima che la poesia si concluda.