Nascosto, nel grigio di una Londra ferita, guarda l’Inferno sceso in terra. La Creatura torna lì dove ha cercato la rinascita. Dove con stupore l’ha trovata negli occhi freddi come ghiaccio di Vanessa Ives. È lui a dover testimoniare il ritorno della luce su di un mondo ormai spento dalla morte. Decessi totali, morti irrisorie, sono crollate nel silenzio delle vite stanche. Designa il nuovo destino di Penny Dreadful, cucito su misura in omaggio all’informe, alle maledizioni, ai demoni e ai mostri.
Where is it now, the glory and the dream?
Dove sono ora, la gloria e il sogno? Sono stati forse distrutti nella discesa verso gli Inferi, o più semplicemente non appartengono alla nuova luminosa visione della realtà. Non sono più nell’animo di Vanessa, ma ormai in quello di Penny Dreadful. È qui che il mondo trova la sua fine, in una vita che finisce e nella strada che si interrompe. Ogni protagonista comincia a perdere valore, retrocede e lascia spazio all’abisso di una bara. Incastrata nel terreno, adagiata a contatto con la più terrena delle virtù, guarda in alto verso le stelle che pulsano, con la speranza che tutto vada bene, vada bene.
Anche questo augurio viene traslato ormai nel futuro, con lo stesso effetto di una cantilena recitata al proprio bambino. La speranza di una madre che trasforma la paura in dogma da estirpare. Canta una ninna nanna che addormenta piano il racconto, accompagna la fine con voce acuta e tormentata. Quella di una donna sconfitta che non si rassegna. Non abbandonerà suo figlio nelle braccia della morte, a costo di regalarlo all’oscurità delle tenebre, per sempre. In un tempo in apparenza infinito che muore con la fine delle contraddizioni e dell’affascinante insanità dell’ultimo tassello.
Così inizia la conclusione, il prologo della fine che troppe volte è stata combattuta. Mai sconfitta del tutto, anzi sempre più vicina e progressiva nel suo correrle incontro. È la morte di un capolavoro, l’ultimo verso di una storia immaginifica, non è solo Penny Dreadful, ma l’intero mondo che cambia e che sa di dover iniziare di nuovo tutto da capo. Senza il suo maggior commediante, è vivo ma a metà, privo della zona d’ombra più invasiva e teatrale.
Non resta nulla, quello che avevamo l’abbiamo perso tra le braccia del Lupo. Nell’atto ultimo di una storia d’amore dannata, segnata dal fato a essere tanto intensa quanto sacrificabile. A favore del demone nato per sconfiggerla che si rivela essere solo la fonte della consapevolezza di Vanessa. Deve morire e nella sua morte ci sarà la salvezza del mondo e dell’umanità, che ignara del sacrificio, ha visto la fine solo avvicinarsi e poi dileguarsi con l’avanzare del sole. L’unico a poter descrivere la trama del fallimento è William Wordsworth, il poeta del tempo e della vita che ama l’unicità. La sua poesia viene decantata come trasposizione dell’ombra del vuoto lasciata immobile dopo la scomparsa delle tenebre. Tutto ricomincia ad avere se stesso, con il riavvicinarsi della luce tornano le ombre in cui specchiarsi, simboli della rinascita.
Wordsworth salva gli attori dalla follia della scena in una strofa improvvisa. Li salva dall’informe con le strazianti parole di una fine prevista e di un sogno che svanisce.
Lascia che finisca con un bacio, lo chiede per favore Vanessa, senza più sovrastrutture o ricami letterari adeguati al suo rango. È passato troppo tempo, le maledizioni hanno cambiato il corso della storia e della sua. Ormai manca poco e l’ultima cosa che può chiedere è la felicità in un bacio, nell’amore in realtà. Finisce in un viaggio la meraviglia del mondo di Penny Dreadful. Ogni singolo attore si sente perso in un teatro ormai fin troppo luminoso e vivo, non resta che partire e lasciare, lì dov’è morto, il passato.