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Vanessa Ives e Will Graham – Le conseguenze della deformazione della realtà

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Nell’incertezza l’ombra si consuma.
Vive nel dubbio degli esiti e nelle infinite possibilità di scelta. Siamo di fronte a un quadro cubista, la realtà è deformata, ha perso i suoi netti confini e i soggetti che avrebbero dovuto contenere sono stati incastrati in nuovi mondi definiti. Tutto ha una nuova forma, eppure tutto è ancora dentro lo stesso quadro.

È proprio in questo deformarsi che la poesia della nuova vita prende forma, nasce e trascina a sé il mondo intorno, lo abbraccia con intensità, quasi fino a soffocarlo, e d’improvviso lo lascia precipitare orizzontalmente sulla tela. L’abbiamo visto accadere nell’impressionante universo gotico di Penny Dreadful e nell’oscurità cosmica di Hannibal.
Sono entrambi parte di un’immensa mostra d’arte che li costringe a guardarsi e studiarsi, il male, la poesia e la fede a confronto. Riusciamo a percepire vicinissima l’essenza dell’assurdo che si completa nella rarefazione di due volti, Vanessa Ives e Will Graham. Tanto concreti, eppure così irraggiungibili.

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Noi siamo nel mezzo della stanza a loro dedicata, alla giusta distanza dall’uno e dall’altro, il luogo perfetto per riuscire a sentire i lamenti di due vite diverse, ma per certi versi simili. Ne siamo circondati. È forse anche troppo difficile resistere a quello che sentiamo, ma quella sensazione è troppo forte, ci tiene in tensione e in poco tempo diventiamo anche noi parte di quei suoni. Non siamo più concreti ma, divisi a metà entriamo in un gioco di luci e ombre che tiene conto solo del nostro astratto. Finiamo in un quadro, poi nell’altro, assaggiamo la realtà corrotta di Will Graham e arriviamo a credere nel mondo di Vanessa Ives.

In quel momento, quando i lamenti e la concretezza dei due universi si incontrano e si mischiano, riusciamo a distinguere i nuovi confini del cubismo dei quadri e le scene che magistralmente sono rappresentate all’interno.

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Dipinta con stile ed eleganza, la tela di Vanessa Ives è la porta d’entrata per un cosmo infinito, in cui l’autore non si incontrerà mai, ma sarà percepito in ogni azione, in ogni sentimento.
Diverso è invece quello in cui troviamo Will Graham, in cui l’autore è presente, esiste ed è ben visibile. Riusciamo a seguire i suoi passi, guardandolo manipolare progressivamente Will. Lo conosciamo, interpreta il ruolo del protagonista, sempre attento a sfruttare ogni sua debolezza trasformandola in oscura energia.
Sono i due padroni ad averli intrappolati nei loro quadri, li hanno portati alla deformazione, attraverso continue deviazioni. Sono prigionieri delle loro stesse sfumature, dipinti in tantissimi altri quadri che seguono il primo, l’originale.

Nessuno dei due è consapevole di quello che avviene nel preciso istante in cui tutto comincia a cambiare. Quando Vanessa Ives deve fronteggiare nuove forze oscure, si ritrova a volte a esserne parte, combatte contro se stessa e la sua indole, vince ma mai nettamente.
Non può vincere, ucciderebbe se stessa, così come Will non può negare completamente ciò che è diventato grazie ad Hannibal.

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È una religione assurda e simbolica quella di Vanessa e Will, devoti a due divinità diverse per sembianze ed essenza, ma simili negli intenti. Controllati dai loro padroni e costretti a essere loro stessi, disegnano un concetto di fede inedito, mai visto prima. Sono come attratti da magneti inesistenti ma che nella loro mente sono forti e inevitabili, non riescono a sottrarsi o forse non vogliono farlo, d’altronde è la loro natura a chiamarli a sé.

Se fosse semplice definire il male non ci sarebbe alcun dubbio. Esiste nelle scelte di Will Graham e nella deviazione di Vanessa Ives. Non sarebbe difficile neanche etichettare le loro divinità come soli colpevoli delle loro sofferenze. Ma nulla comincia e finisce così semplicemente. Dietro tutto questo c’è un luogo nascosto a tutti, in cui il male non ha vittime, ma solo complici.

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