I Griffin, la famiglia animata più sconclusionata d’America, hanno un protagonista assoluto: Peter Griffin, il capofamiglia. Sboccato, sconclusionato, irriverente, goffo, eterno mammone: in una sola parola: assolutamente irresistibile. Peter è un personaggio che è difficile non amare e di cui è impossibile non ridere. La sua qualità predominante è l’assoluta mancanza di buon senso e di un qualsivoglia tipo di decenza, pubblica e privata. È, inoltre, uno dei personaggi che maggiormente si trasforma, nel corso delle tante stagioni della serie, per parodiare personaggi e generi famosi. Nonostante una famiglia (e in particolare la moglie Lois) almeno un po’ più giudiziosa di lui, Peter non riesce a non mettersi nei guai e spesso i casini che crea sono il motore di tutte le azioni.
Uno dei personaggi a cui paragonarlo potrebbe essere l’Homer Simpson della famosa famiglia americana, oppure il protagonista di American Dad, ma Peter Griffin ha una caratteristica che lo distingue da entrambi.
Infatti il lavoro non è predominante nella caratterizzazione del suo personaggio. Prima lavora in una fabbrica di giocattoli, poi come pescatore e infine in una fabbrica di birra. A differenza dei personaggi citati, inoltre, la componente comica ha una predominanza assoluta, togliendo spazio a tutto il resto: Peter Griffin non è un uomo che impara dai propri errori né ha in qualche modo l’aspirazione di insegnare qualcosa al prossimo. Nessuna lezione di vita, nessuna perla di saggezza: è un uomo senza filtri che non cambia mai di stagione in stagione, rappresentando l’essenza di una serie politicamente scorretta che mette sempre al centro della narrazione una satira feroce che punta tutto sul divertimento e sulle riflessioni implicite che i comportamenti sconsiderati dei personaggi portano con sé.
La maggior parte delle volte lo troviamo con gli amici di una vita a bere all’ “Ostrica Ubriaca” o a casa con la sua famiglia.
Ah, come non bastasse, la sua nemesi è un pollo gigante che Peter sconfigge sempre ma non uccide. Il loro conflitto rappresenta uno dei momenti più alti nella storia de I Griffin, con chiavi comiche poi ampiamente replicate nel corso della lunga storia de I Griffin: il surrealismo condito da uno spiccato gusto per il grottesco si sublima nel personaggio di Peter, spesso protagonista di sequenze infinite che infrangono ogni barriera e utilizzano il tempo, protratto in un modo quasi disturbante, con grande intelligenza.
Non basterebbe lo spazio dell’intero sito per immortalare totalmente le “imprese” di Peter Griffin, un personaggio camaleontico che rappresenta quanto di peggio ci si dovrebbe aspettare da un uomo nella vita di tutti i giorni.
Un uomo che tratta la figlia con disprezzo, arriva a vendere l’anima al diavolo in più di un’occasione per motivazioni più che futili (mezzo lecca lecca e due biglietti per un concerto dei Bee Gees) e che si stima sia stato colpevole, più o meno direttamente, della morte di oltre 400 persone. “Piccoli” esempi della sua figura, orribile se decontestualizzata dalla serie.
Sarebbe un errore, tuttavia, detestarlo per questo: Peter Griffin non è un modello sano e non fa niente per esserlo. Il suo spiccato cinismo è un motore narrativo ancora stimolante dopo oltre vent’anni ed è la chiave di sviluppo della satira portata avanti da Seth MacFarlane, creatore della serie e suo doppiatore fin dagli esordi.
Per questo e per tanti motivi, si arriva ad amare un personaggio che non ameremmo mai in qualunque altro contesto.
Un personaggio che ha segnato la storia recente delle serie animate come pochissimi altri, divenendo icona e manifesto di un nuovo modo di interpretare il genere. Speriamo di incontrarlo ancora a lungo, a patto che l’incontro avvenga sempre e solo dentro uno schermo.