La storia di Valerij Legasov è una storia tragica. Essendo stato uno delle figure di spicco nella vicenda del disastro di Chernobyl , sono numerosi gli interrogativi che sorgono quando si pensa al fatto che la sua vita è terminata con un suicidio. La serie HBO/Sky Atlantic Chernobyl dipinge un personaggio contraddittorio, un uomo di scienza legato alla verità ma al tempo stesso costretto alle menzogne. Jared Harris, che lo ha interpretato, riesce a costruire il dramma interiore (e non solo) che lo scienziato ha vissuto a causa del discredito creato dalle Autorità Sovietiche nei suoi confronti, in un meschino tentativo di ridimensionare e nascondere le gravissime conseguenze create dall’esplosione del Reattore 4.
È fondamentale però capire chi sia questo personaggio e per farlo dovremo indagare la sua storia, ovviamente non mostrata in Chernobyl, per poi arrivare al suo ruolo nel biennio 1986-1988. Questo è, dunque, il vero Valerij Legasov.
Nato a Tula nel 1936, si è laureato in a Mosca alla facoltà di Ingegneria chimico-fisica nel 1961 e successivamente, specializzatosi in fisica molecolare, ne divenne professore a partire dal 1978. Inoltre, dal 1983 era capo del dipartimento di biochimica all’Università di Mosca, nonchè primo vice-direttore dell’Istituto Kurčatov di Energia Atomica. Ma suo malgrado è con la vicenda del disastro di Chernobyl che Legasov divenne famoso nell’U.R.S.S. e nel mondo.
All’epoca del disastro di Chernobyl, Legasov divenne il membro scienziato primario della commissione che il governo sovietico incaricò di investigare le cause del disastro e un conseguente piano di mitigazione di quelle conseguenze (che nella serie vediamo essere capitanata da un inizialmente diffidente Boris Shcherbina). I rapporti dell’epoca raccontano che non esitò a parlare chiaramente ai suoi colleghi scienziati e a fare pressione sui rischi che l’impianto, seppure distrutto, ancora rappresentava e quindi a prevedere un piano di evacuazione della popolazione dell’intera città di Pryp”jat’, molto prossima alla centrale nucleare.
Non a caso è nel secondo episodio di Chernobyl (Please Remain Calm) che Legasov comunica proprio a Shcherbina (Stellan Skarsgård) che il rischio di totale distruzione di flora e fauna nel raggio di chilometri è pressoché certo e, proprio a partire da quel momento, il viceministro sovietico inizia a nutrire la necessaria fiducia e rispetto per le parole e l’operato di Legasov.
Nell’agosto del 1986 presentò il suo rapporto sull’accaduto al Soviet, che però pensò di rivedere l’originaria scrittura di Legasov accentuando le colpe derivanti dall’errore umano, più che dai difetti di progettazione dell’impianto da parte del governo sovietico. Venne costretto a portare questa relazione corretta di fronte all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) di Vienna (con conseguenze devastanti per la sua persona). Questa costrizione lo spinse a scrivere successivamente altri dossier dettagliati, con tutte le verità tralasciate. Tuttavia vennero pubblicati solamente dopo la sua morte per divieto del governo russo.
Nel giorno del secondo anniversario del disastro, Legasov si suicidò impiccandosi alla ringhiera delle scale della sua abitazione. Prima di uccidersi, registrò personalmente una cassetta audio nella quale rivelava tutti i fatti relativi alla catastrofe che gli era stato obbedito di tacere. Come sappiamo, questo è esattamente l‘inizio della serie Chernobyl:
“Qual è il prezzo delle bugie? Non che le confondiamo con la verità. Il vero pericolo è che abbiamo ascoltato tante di quelle bugie da non riconoscere più la verità. Cosa fare allora? Non resta che abbandonare anche solo l’idea della verità e accontentarci delle storie. In queste storie non importa chi siano gli eroi. Quello che vogliamo sapere è a chi dare la colpa. In questa storia è toccato ad Anatolij Djatlov.
Era la scelta migliore. Un uomo arrogante, sgradevole. Era lui al comando quella notte, lui diede gli ordini… e non aveva amici. O almeno, non ne aveva di importanti. E ora Djatlov passerà i prossimi 10 anni in un campo di detenzione. Ovviamente la sentenza è doppiamente ingiusta. C’erano criminali di gran lunga peggiori di lui al lavoro. E per quello che ha fatto Djatlov l’uomo non merita la prigione… merita la morte.”
Dall’analisi di alcuni nastri compiuta dalla BBC in occasione della produzione del film TV Chernobyl Nuclear Disaster è emerso chiaramente come Legasov avesse ricevuto pesanti censure da parte del governo sovietico, il quale sapeva già ben prima del disastro che la struttura appariva in più punti difettosa. Inoltre furono questi suoi tentativi vani di rivelare la verità che finirono per distruggere prima la sua carriera e poi la sua salute, spingendolo a logorarsi nel rimorso di non aver potuto dire ciò che avrebbe potuto evitare altre morti dopo il disastro.
Il 20 settembre 1996, in occasione del primo decennale della tragedia, il presidente russo Boris El’cin gli ha conferito il titolo di Eroe della Federazione Russa per il coraggio e l’eroismo dimostrati nell’investigazione del disastro.
È evidente, dunque, che unendo realtà e finzione la serie Chernobyl sia riuscita a dipingere con Legasov un personaggio capace di conquistare la scena e di mostrare tutto ciò che lo ha reso umano, cioè i suoi pregi e i suoi difetti. L’interpretazione di Jared Harris, inoltre, conferisce quella qualità espressiva necessaria per rendere Legasov, e l’intera serie, indimenticabile.