Attenzione: l’articolo contiene spoiler sul terzo episodio di Piedone, uno sbirro a Napoli.
La scorsa settimana, Piedone, uno sbirro a Napoli ci aveva lasciato con un plot twist importante (qui potete leggere la recensione del secondo episodio). Ora, però, entriamo davvero nel vivo della narrazione. Se il primo e il secondo episodio sono serviti a piazzare le fondamenta di questo racconto, il terzo episodio ci traghetta dritti al cuore della narrazione. Un cuore dal sapore agrodolce, che ti strappa sorrisi anche mentre si intravedono le ombre del dolore. Così, il terzo episodio diventa il momento in cui la violenza che si dirama tra le strade di Napoli arriva inesorabile. La morte si snoda silente come un polpo con i suoi viscidi tentacoli.
Intanto, mentre il sangue del passato fatica a rapprendersi, la commissaria Ascarelli (interpretata dalla talentuosa Silvia D’Amico) e l’ispettore Palmieri (un impeccabile Salvatore Esposito) volano in Germania per affrontare la piaga sociale chiamata Fentanyl: le micidiali pillole blu che stanno saturando gli ospedali di giovani ragazzi e ragazze. Una droga economica, ma dall’altissimo potenziale letale, che porta dolore e disperazione ovunque si diffonda. “Il crocchè da asporto della droga”, per dirla alla Noviello.
Piedone, uno sbirro a Napoli si spinge fino alla Germania mettendo in luce schemi ricorrenti e il volto di una criminalità senza nazione.
La Germania diventa una piccola Napoli, con schemi criminali familiari e qualche scena che accenna a uno stile più internazionale, alzi la mano chi ha pensato almeno una volta a una nota serie tv americana con protagonista un cuoco (spoiler: non è MasterChef, ma nel caso vi piaccia anche quello potete leggere le Pagelle dei Live Cooking di quest’anno).
In questo intreccio di violenza e tensione, nasce però un inatteso barlume di tenerezza. Si tratta di un amore che avevamo già intuito, un classico enemies to lovers che non ci coglie di sorpresa, ma riesce comunque a strapparci un sorriso di gioia. Tutto questo accade mentre a Napoli il buon Michele Noviello prende sotto la sua ala protettiva Cecile e sua figlia (che abbiamo conosciuto nel primo episodio di Piedone, uno sbirro a Napoli). Con l’inconfondibile ironia di Fabio Balsamo, il personaggio di Noviello ci ha conquistati fin dall’inizio, ma è in questo episodio che si prende finalmente tutto lo spazio che merita. Tra una risata e momenti di grande umanità, ci regala anche una tenera ship che esula dal suo imminente matrimonio con la cara Assuntina (Assuntina, ci dispiace, ma forse è meglio abbandonare l’idea di scegliere le bomboniere e il vestito da sposa).
Eppure, quella tenerezza che per un attimo colora di speranza il sorriso di Palmieri non è destinata a durare a lungo. Lo sapevamo, lo abbiamo sempre saputo: proprio come potevamo immaginare l’epilogo della relazione tra Palmieri e Ascarelli. Eppure, anche in questo caso, non possiamo fare a meno di rimanere stupiti, portare la mano alla bocca e sentire una fitta allo stomaco.
Piedone, uno sbirro a Napoli ci insegna che si può provare a fuggire dal passato, ma quest’ultimo tornerà sempre a presentare il suo conto salato.
Gli equilibri instabili della città si mantengono in bilico sui silenzi. E tra i silenzi e la vita, c’è pur sempre il denaro. Un denaro che può comprare tutto tranne la libertà: quella pura e senza vincoli, che fatica a pagare le bollette a fine mese, ma che si alimenta di forza di volontà e sogni. Sogni di bellezza, giustizia e alternative a un futuro che sembra scritto nelle stelle, predestinato a penetrare sotto pelle nelle dinamiche sociali, a dettare ordini che stanno stretti, ma che configurano il volto di un luogo e della sua storia. Un luogo incastrato in dinamiche che sembrano impossibili da sradicare, con un circolo vizioso di errori, favori e dipendenze.
E anche quando ti senti forte e invincibile, la vita ti colpisce dritto allo stomaco, come una telefonata a prima mattina, che ti sconvolge e scompiglia. Allora non importa quanto tu sia grande e grosso, quanta morte tu abbia visto scivolarti tra le dita e sotto gli occhi. Sarai sempre inerme come un bambino messo di fronte alla crudeltà della vita troppo presto. Sei chiamato a crescere, ma non puoi e non sai come farlo, perché davanti a te c’è il vuoto del dolore e l’esigenza intrinseca di vendetta e giustizia. E la realtà non è altro che “il pezzotto” di ciò che dovrebbe essere.
D’altronde, è così che vanno le cose in una città come Napoli: una città che fa della penombra il suo tratto distintivo. Proprio come quei ritratti a carboncino che non riescono a superare i confini netti del bianco e del nero, ma aggiungono continuamente nuove sfumature. E in queste sfumature si trova il vero fascino della serie: l’equilibrio tra luce e oscurità, tra gioia e tragedia, che cattura e intrappola lo spettatore in una narrazione dal respiro profondo e universale.
Ormai ci resta un solo episodio di Piedone, uno sbirro a Napoli per scoprire cosa ne sarà di Palmieri, Ascarelli e Iodice.
In questo è altamente probabile che sarà proprio la figlia di Cecile a giocare un ruolo fondamentale, soprattutto dopo aver origliato l’importante scambio di battute che ha in definitiva portato al baratro il grande amico di Vincenzo Palmieri. Certo, su due piedi ci sembra che un episodio non sia molto per risolvere tutte le questioni lasciate in sospeso, ma siamo anche piuttosto sicuri che ci siano tutte le intenzioni di lasciare una porta aperta per una potenziale seconda stagione della serie. Tuttavia, per saperlo dobbiamo aspettare ancora un poco. Possiamo solo dire che non vediamo l’ora.