- ✔ Zero pubblicità su tutto il sito
- ✔ Articoli esclusivi e approfonditi
- ✔ Consigli di visione personalizzati
Avete presente quel momento in cui state per combinare una gigantesca cavolata, salvo poi essere scongiurata dall’intervento di un amico? Sì, succede sempre. Con una differenza sostanziale: si può scegliere di ascoltare il saggio consiglio e fermarsi oppure ignorarlo e fare comunque di testa propria, sbagliando. Tuttavia, qualcuno pare non avere un amico. Se poi si pensa alla politica secondo una prospettiva più disillusa, diventa ancora più evidente: no, non hanno un amico. Destra? Sinistra? Centro? Gli assunti di Giorgio Gaber sono ancora validi.
A loro si rivolge da oltre due anni Luca Bizzarri, autore e curatore di un podcast che si intitola, per l’appunto, Non hanno un amico.
Un amico che lui stesso pare non volere in un altro senso, visto il taglio indipendente del suo format. Chi sta a destra lo prende per uno di sinistra, chi è a sinistra pensa stia di destra. Domandarsi dove stia davvero, però, è a suo modo un segno dei tempi che corrono. D’altronde, al di là delle sue visioni politiche, l’ha chiarito più volte: il comico è un giullare che non dovrebbe essere preso troppo sul serio dai potenti, non un militante. E il suo compito è chiaro, come ha evidenziato nel corso di un’intervista rilasciata al Riformista: “I comici sono gli ultimi a poter dire le cose come stanno, anche quando non sta bene dirlo”.
Non aver bisogno di “amici”, allora, diventa un presupposto fondamentale per esprimere una prospettiva soggettiva davvero valida. Non sempre condivisibile, ma rispettabile in tutti i casi. Con questa chiave, non servirà mai davvero un “amico” che consigli di fermarsi in tempo
Lo mostra in ogni ambito, da tempo: Bizzarri è ovunque, senza mai essere ridondante. In tv, dove cura le copertine satiriche di Dimartedì col compare di una vita Paolo Kessisoglu, sul palco di un teatro, sulle pagine di un romanzo o su quello che un tempo si chiamava Twitter, dove pare divertirsi un mondo nel mettere in evidenza le contraddizioni e le storture di una società ormai caduta in un corto circuito apparentemente irrisolvibile. Poi, ovviamente, c’è il podcast. Un podcast di gran successo dal 2022, quando nacque per commentare con toni semiseri la campagna elettorale delle elezioni politiche che hanno portato al governo Giorgia Meloni.

Prodotto da Chora Media, Non hanno un amico era nato per durare poche settimane: il tempo del voto e poi via con altri impegni. Tuttavia, il successo è stato tale da averlo convinto a portarlo avanti anche nei mesi successivi.
Bizzarri ci ha preso gusto – fin troppo, secondo quanto ha raccontato da più parti – e la rubrica si è trasformata in un podcast quotidiano che si rinnova da due anni e mezzo con rarissimi intervalli e numeri importantissimi. Risultato? Non hanno un amico ha appena superato le 600 puntate, registra una media di 50.000 ascoltatori quotidiani e si aggira intorno al milione di streaming mensili: è da anni tra i venti podcast più ascoltati su Spotify, spesso e volentieri in top ten. Con dati notevoli, da ogni punto di vista.
Ripetiamo: pare che Bizzarri ci abbia preso gusto – tanto gusto – ed è evidente che aver trasformato in un appuntamento fisso una rubrica transitoria sia stata una gran trovata. Un successo tale da averlo portato ad aver trasferito il podcast all’interno di uno spettacolo teatrale e aver dato vita a un libro a tema.
La base è sempre la stessa delle origini, ma il format si è evoluto nel tempo con numerose chiavi alternative.
In onda dal lunedì al venerdì sulle principali piattaforme di streaming audio, si sviluppa con appuntamenti da 5/7 minuti in cui Bizzarri prende in esame un fatto di attualità per commentarlo a modo suo. Le sue sono prospettive chiare e spesso polarizzanti, votate all’analisi critica e alla ricerca di un’opinione soggettiva con spunti validi e argomentati. L’impulso all’analisi della comunicazione politica, sempre più condizionata dalle dinamiche dettate dai social, resta prioritario, ma è stato affiancato nel tempo da temi di vario tipo: dal costume alla società, passando per la cronaca, i media e tanto altro, Non hanno un amico prende spesso di mira virtù e (soprattutto) vizi dell’italiano medio con una satira caustica e incisiva. Non a caso, di recente si è occupato a più riprese del Festival di Sanremo con chiavi originali e interessanti: quale specchio migliore del nostro Paese, al pari degli atteggiamenti di una certa politica?
Non solo: nel corso delle puntate, l’autore ha mostrato notevoli abilità nello storytelling, specialmente quando parla di sé e delle fragilità che caratterizzano la Generazione X in quest’epoca.
In una puntata di alcune settimane fa, per esempio, ha diffuso una bellissima puntata sulle sensazioni provate nel momento in cui si è ritrovato davanti un concerto dei Nirvana a distanza di trent’anni dalla morte di Kurt Cobain. La sua è una narrativa variegata che non rinuncia mai al registro comico, ma si affiancano a esso dei toni più malinconici e, talvolta, rabbiosi. Un linguaggio autentico al quale siamo sempre meno abituati.
Notevole anche la creatività dimostrata nell’ideazione di sub-format riconoscibili ed efficaci. Si distingue in questo senso la cosiddetta chat di gruppo. Prendendo spunto dai vocali che riceve da parte degli utenti, Bizzarri li romanza e li mette in scena a più voci per parlare con grande ironia delle ridicolaggini che caratterizzano ognuno di noi. Dalle chat dei genitori a quelle di condominio, passando per gruppi di amici e molto altro, non si risparmia nessuno. La nostra quotidianità offre spunti tragicomici costanti che il comico sa accogliere, codificare e prendere in giro con un linguaggio ormai familiare al grande pubblico.

Questo, in fondo, è uno dei segreti del successo ormai longevo di Non hanno un amico.
Se da un lato era concreto il rischio di esaurire le idee e di dover forzare la mano pur di mandare avanti un format più che impegnativo dal punto di vista tematico, dall’altra abbiamo un autore esperto che ha sempre un occhio lucido a proposito di tutto quello che lo circonda, portandolo a reinventarsi costantemente e a rinnovare così la freschezza di un podcast che non è mai scaduto nell’autoreferenzialità. Bizzarri tende a non ripetersi, non è mai pretestuoso e ha una visione del mondo che genera spunti di rilievo.
Piaccia o no, le sue prese di posizione servono più a farsi domande che a dare risposte. Il suo tono, diretto e irriverente, non passa mai inosservato ed è fonte di dibattito. Spesso e volentieri, le critiche che riceve sono gratuite e radicalizzate su posizioni che prescindono dal confronto, ma in fondo anche questo è inevitabile: se piacesse a tutti, non svolgerebbe al meglio il suo ruolo.
Insomma, è chiaro: in un mondo nel quale i media tradizionali hanno sempre più paura della satira e la confinano ai margini dei palinsesti, Non hanno un amico raccoglie le esigenze di un pubblico corposo e offre una chiave di sopravvivenza del genere.
La crescita costante dei podcast (ne abbiamo parlato anche a proposito di Tintoria), unita alla massima libertà garantita da un mezzo che ha la forza di arrivare a milioni di persone senza essere imbrigliata oltremisura da logiche editoriali soffocanti, hanno creato una combinazione attraverso la quale Non hanno un amico è diventato un appuntamento quotidiano irrinunciabile per un pubblico importantissimo. Merito di Luca Bizzarri e del suo team di collaboratori, ma anche di una platea che necessita di una narrazione alternativa, affidabile e brillante sui fatti del giorno.
Sarà anche vero che il format di Bizzarri non abbia bisogno di un amico, ma è altrettanto vero che in Italia ci siano molti appassionati che dicono di “stimarlo moltissimo”. Fermiamoci qui, prima di passare per i Calboni della situazione.
Antonio Casu