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Pose è una serie tremendamente motivazionale

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Sta arrivando la terza stagione di Pose (ve ne abbiamo parlato in questo articolo), e il trend sembra già molto chiaro: c’è chi non vede l’ora di poter immergersi nuovamente nel suo mondo e chi mente. Questo non solo per ciò che la serie racconta, ma anche per come lo fa.
Pose è l’esempio di come anche una serie Tv possa indurre la catarsi: ciascuno spettatore, entrando in empatia con i protagonisti e vivendo gli episodi spiacevoli nei quali essi si collocano, trova una via di “purificazione”.

Ci troviamo negli Stati Uniti, fra gli anni Ottanta e Novanta, nei luoghi di aggregazione ed esibizione della comunità transgender nera e ispanica. La cultura del ballo è la sottocultura underground della comunità LGBTQ+ afroamericana e latina di New York City, in cui le persone sfilano per trofei o premi in eventi conosciuti come “Balls“: veri e propri simboli di rivendicazione di spazio da parte dei giovani queer. Pose nei suoi episodi riesce in una complessa operazione narrativa che coniuga l’invito alla riflessione con una presa di coscienza forte nei confronti dell’esistenza di questi gruppi sociali che vivono in una condizione di estrema marginalità, spesso vittime di violenza, discriminazione e odio; sposta il focus sulla subalternità di questa comunità, che agisce come una rete di protezione per persone escluse, condannate dalla propria diversità. In questa atmosfera le case di moda, il nome dato alle squadre che competono, sono emerse per fornire le risorse materiali – in termini di abitazione, cibo e vestiti – all’interno di vincoli di parentela fittizia. Membri della casa scelgono “madri” e “padri” per sovrintendere alla vita quotidiana all’interno della famiglia e per guidare le esibizioni per le gare da ballo.

Pose

La serie ha mostrato alle persone transgender, in particolare alle persone trans nere e latine, che è necessario supportarsi a vicenda (l’ultima nomination di MJ Rodriguez ha rappresentato una svolta in tal senso), formare una comunità, prendersi cura l’uno dell’altro, stringere legami ed essere resilienti insieme. Non solo: raffigurando il punto di vista della subalternità, catalizzando l’attenzione sulle problematiche che affliggono un’intera comunità, ha cercato di sensibilizzare alla tematica la maggioranza delle categorie sociali “privilegiate”.

Pose: ha sfatato numerosi miti alla base dei pregiudizi negativi, mostrando quanto vadano a nuocere alla quotidianità delle persone; stimola ciascuno di noi a trovare la forza necessaria per non farsi definire da un’etichetta dispregiativa, assegnata da membri esterni ed estranei che traggono vantaggio politico, economico e sociale dall’emarginazione; motiva ciascun essere umano a lottare per avere il diritto di autodefinirsi con accezione positiva entro un termine, un luogo e un corpo.

Un tema caro alla serie è l’Aids: il “cancro dei gay”, com’era chiamato sprezzantemente allora, colpì una fascia di popolazione già fortemente invalidata da povertà, emarginazione e discriminazione. La serie vuole smontare questo mito per restituire dignità ai soggetti coinvolti.

Pose è un contenuto crudo e veritiero, non si nasconde dietro all’ipocrisia dell’Happy ending: sovvertire lo status quo per ottenere l’uguaglianza implica scontro, cattiveria, tensione e paura; quest’ultima non va ignorata, ma affrontata, e questa serie ci aiuta a capire come fare. La paura è un’emozione autentica che spesso si cela dietro a manifestazioni emotive “fittizie” come la rabbia. Guardando la serie, spesso proviamo rancore perché temiamo per l’incolumità dei personaggi, che sono esposti costantemente a dei rischi che potrebbero essere evitati, se ci fosse coscienza umanitaria. Vedere e (ri)vivere, attraverso uno schermo che ci protegge da attacchi fisici, ciò che queste persone hanno vissuto dovrebbe farci riflettere su quello che vediamo quotidianamente. Mostrarsi indifferenti è inutile e codardo, da Pose non dobbiamo solo ricavare elementi storici, ma anche forza di azione e speranza. Mostrare il proprio essere è possibile: ciascuna identità dovrebbe emergere e splendere come fanno le persone all’interno delle Ballroom, perché ogni esistenza è peculiare e contraddistinta dalle altre; nessuno per questo ha l’autorità di decidere a riguardo, se sia più o meno appropriato.

Pose

Il nome stesso della serie è intriso di significati: l’idea di posa può riferirsi all’assunzione di un’identità e a una falsa raffigurazione volta a parlare come o per conto di qualcuno; tuttavia, si posa anche ri-presentando il proprio corpo in una collocazione che segue lo schema di un’immagine già in circolazione. L’immagine prevalente e canonica, privilegiata, è quella dell’uomo medio bianco che lavora e ha famiglia. Pur essendo il prototipo, è vuoto di significato e valore:

Angel: Tu chi sei?

Stan: Io sono nessuno. Voglio ciò che si aspettano che io voglia; indosso quello che si aspettano indossi; lavoro dove si aspettano lavori. Non rappresento niente. Compro cose che non posso permettermi, perciò non sono mie. Non vivo. Non credo. Accumulo. Sono un marchio. Un uomo bianco della classe media. Invece tu sei te tessa, benché il prezzo che tu paghi sia esser rifiutata dal resto del mondo.

Rispettare gli schemi statici e mirare a rispecchiare prototipi preimpostati riduce la vita ad una farsa: si perde di vista la propria personalità. Apparentemente il bivio è: alienarsi da se stessi o esser rifiutati e screditati in modo sistemico. Una risposta esplicita Pose non ce la dà, ma ci dimostra che il premio più ambito della vita è esser completamente se stessi, amarsi per come si è cercando di dimostrare agli altri che il proprio posto occupato nel mondo, e il modo di viverlo, non è una minaccia. Diverso non è sinonimo di nemico.

Pose

Pose colpisce il pubblico per la sua patina glamour, talmente splendente da boicottarci inizialmente. Solo poco dopo capiamo che questa luce così accecante è il tentativo di mascherare numerose insicurezze e di illuminare il buio, l’oblio, nel quale la comunità era stata abbandonata. Questa eccentricità è l’ancora di salvataggio per coloro che conducono una vita relegata ai margini, vittime di discriminazioni e privazioni. Immergersi nella comunità lgbtq+ della New York fra anni Ottanta e Novanta significa fare i conti, appunto, con una delle parti più emarginate della società statunitense. Il mix di identità, sia etniche che di genere, crea una commistione davvero esplosiva, le cui ricadute socioculturali arrivano fino a noi.

Pose

Siamo travolti da questo mondo, ogni più piccolo dettaglio ci infonde una pluralità di emozioni che rendono la serie un prodotto unico e di un valore inestimabile. Siamo influenzati non solo emotivamente, ma anche negli atteggiamenti; ad esempio: la colonna sonora della seconda stagione incentrata prevalentemente sul singolo “Vogue” di Madonna, è indubbio che abbia focalizzato l’attenzione sul voguing, un genere di ballo emerso all’interno della comunità, che si contraddistingue per l’eccentricità e le movenze sublimi; perciò, coloro che conoscevano solo marginalmente queste movenze sono stati mossi da una curiosità tale da andar ad approfondire la cultura a essa connessa.

Pose è una serie che può essere vista in qualsiasi momento della vita: se stiamo vivendo un periodo di presunzione, questa ci ricorda che l’umiltà e l’unione sono qualità indispensabili per vivere assieme e in armonia; viceversa: se stiamo vivendo una fase di transito in cui pensiamo di aver perso noi stessi, di non riuscire più ad affrontare la nostra quotidianità a causa di molteplici insicurezze; se stiamo interpretando le nostre debolezze come vulnerabilità inutili e dannose, Pose ci ricorda che nessuno è dimenticato o lasciato a se stesso, perché ognuno di noi è parte di un tutto, dal quale però è necessario stagliarsi come soggetti particolari e autonomi.

La realtà si dà per differenza su uno sfondo di uguaglianza. L’autenticità è un tratto distintivo che deve esser scovato, coltivato e alimentato, non si può imparare o copiare. Se non troviamo un modello che ci somigli, nessuno con cui equipararci in tutto e per tutto, probabilmente abbiamo imboccato la strada giusta; è essenziale circondarsi di persone che colgano il valore della nostra unicità, che ci aiutino a far fronte a un mondo il cui scopo è conformare e annichilire.

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