Per anni Lanthimos ci ha abituato a un cinema di denuncia sociale in cui il focus è sempre stato sull’ambiente. Un ambiente che modella e plasma le persone e che, nella sua iperbolica assurdità, le mette di fronte a scelte condizionate. In Povere creature! la prospettiva però si ribalta. Non è più la società che scuote dal torpore l’individuo, che lo induce ad agire per tornare a una condizione di equilibro che una forza oscura ha irrimediabilmente compromesso. No, in Povere creature! tutto parte e finisce con l’essere umano, vero centro propulsivo dell’azione. Non è più un’entità estranea che mette in moto l’azione ma è la protagonista, Bella Baxter, che incide sul mondo, sull’essere umano, sulla società. Lo fa da outsider, da errore di natura, da meraviglioso, gotico mostro del dottor Frankestein che cerca disperatamente, orgogliosamente e curiosamente ragione di sé e di ciò che lo circonda.
L’assurdità è qui insita nell’essere umano, in Bella.
Non è come in Kynodontas la società (leggi: i genitori) a creare l’assurdo, non è neanche la natura iperbolica di The Lobster o il destino karmatico invisibile ma implacabile del Sacrificio del cervo sacro a far da padrone. In Povere creature! è Bella a essere l’elemento stesso di sconvolgimento. Certo, anche in questo caso passa tutto da un evento esterno, dall’intervento creativo, manipolativo, blasfemo del dott. Godwin che si fa Dio dell’uomo. La sua scelta è arbitraria, assurda, amorale. È il gioco perverso di chi fa quello che fa semplicemente perché può farlo, in nome di una scienza che non persegue alcuno scopo se non il continuo sviluppo delle sue capacità di avvicinarsi a Dio. Il bambino diventa madre e la madre bambino. L’atto di suicidio è negato, il corpo ricondannato alla vita, resettato e trasformato in contenitore di nuova vita.
Ma da questo momento in poi, da questo iniziale dominio della Tecnica che crea il mostro, che va contro ogni natura, la storia cambia protagonista e motore d’azione. Se rimane quell’atto mostruoso, tutto quello che ne deriva è però quanto di più umano e autentico possibile. Bella fin dall’azione creativa si sottrae al creatore e alla scienza. Non risponde alle logica del suo creatore, pur amandolo, e non risponde alle logiche di un cervello di neonato che impiegherebbe anni per potersi sviluppare. Inizia invece un percorso autonomo, indipendente, originale, unico. Bella Baxter è unica non per la sua natura artificiosa ma per le scelte che compie, per il costante rifiuto di adattarsi alle regole imposte dalla buona società.
Ha una memoria fotografica, sa e ricorda bene quello che è considerato accettabile da quello che non lo è. Semplicemente, però, non se ne fa condizionare. Non è interessata. La vera novità è questa: il suo mancato condizionamento. Diventa adulta, matura, consapevole di sé e del mondo senza passare da un costante processo di accettazione sociale che pare invece soffocare e dominare chiunque in Pover creature! e nel nostro mondo.
L’impostazione analitica, lo studio empirico, la visione razionale, frutto di chi è per sua stessa natura prodotto della scienza, rende Bella diversa, atipica, sconsiderata.
Perfino chi per secoli aveva rappresentato l’anticonformista per eccellenza, il cinico distruttore di costumi e perbenismo, l’amatissimo antieroe ottocentesco del Don Giovanni viene letteralmente triturato da Bella. Duncan Wedderburn, un sempre magnifico e troppo sottovalutato Mark Ruffalo (recuperatelo in I Know This Much Is True, ve ne prego, il diario del fratello di uno schizofrenico), è il Don Giovanni per eccellenza: libertino, dedito a fugaci amori, a piaceri mondani, a uno stile di vita alternativo.
Eppure nulla può di fronte a Bella. Crede di poterla dominare come fa con ogni donna, di poterne fruire a piacimento e in breve si rende conto che è esattamente l’opposto. La donna sfrutta sessualmente Duncan, se ne serve per il suo piacere quotidiano, ma è pronta a lasciarlo andare nel momento in cui la sua mente analitica si indirizza verso nuove scoperte, esperienze, sensazioni. E la conseguenza è che il Don Giovanni, senza nessuno che guardi narcisisticamente a lui, implode, supplica, prega, impazzisce, regredisce a bambino, esplode di rabbia. Diventa ridicola macchietta.
La forza di Bella in Povere creature! è tutta qui, non soltanto nel totale disinteresse rispetto alle convenzioni sociali ma anche nei confronti dell’anticonvenzionalità. Non agisce mai in risposta a qualcosa di esterno, a un pensiero sociale ma sempre mossa da uno stimolo interno che asseconda di volta in volta con la leggerezza di chi non sente il peso della società. Il suo sviluppo precoce, il salto che la porta dall’essere poco più che una ragazzina, alla scoperta del mondo e della sessualità è rapido, istantaneo e privo di costrutti sociali.
Anche nei confronti del sesso non c’è costruzione, non c’è censura morale che ne limita o altera le decisioni.
La scelta muove semplicemente dall’assecondare un principio e piacere interno. Se per il Don Giovanni l’atto sessuale è solo un modo per opporsi infantilmente alle convenzioni sociali, per Bella è un gioco e un godimento, una scoperta come mangiare un pasticcio o ascoltare una canzone. Ed è qui che sta tutta la differenza del mondo.
Ogni uomo che attraversa la storia della donna è condizionato dallo sguardo del mondo e dalla sua piccolezza nei confronti del mondo. Anche il cinico che Bella incontra sul cammino non si dimostra altro, come lei stessa si rende conto, che un bambino che ama compiangersi, che nasconde la sua incapacità di agire e sottrarsi alla società dietro l’idea che il mondo non si possa cambiare. Bella rende tutti nudi di fronte alle proprie ipocrisie, alle false convinzioni che si sono costruiti, alla loro difficoltà di agire. Lo fa con la semplicità di un comportamento naturale, con domande immediate ma spiazzanti, con puro sguardo empirico, di studio, di analisi profonda e autentica di sé e degli altri.
Bella in Povere Creature! piange di fronte al male che c’è nel mondo.
Piange al disvelamento della povertà che vede nei bassifondi di Alessandria. Ne rimane toccata e ferita. E proprio come un novello Cristo fa l’unica cosa che un essere umano privo di costrutti sociali farebbe: dona tutto quello che ha. Un atto anticonvenzionale, rivoluzionario eppure semplice e immediato che sconvolge il dongiovanni Duncan Wedderburn rivelandone la falsità dietro la maschera. Bella non si cura e non si rende conto di dove sarebbe finito quel denaro ma è proprio questa ingenuità il necessario compromesso che le permette di essere libera.
La Bella Baxter di Yorgos Lanthimos è probabilmente l’unico essere umano libero sulla terra, l’idiota di dostoevskijana memoria, l’essere infinitamente buono che vive al di fuori dei legacci che l’uomo si è costruito tutto intorno. Anzi, vive al di là dello stesso principio di bontà. Come il principe Myškin anche lei guarda al mondo come farebbe un bambino e questo la rende involontariamente (e non volontariamente e falsamente come Duncan Wedderburn) anticonvenzionale, strana, originale. Agli occhi degli altri, come Myškin stesso, è forse un’idiota: è ingenua, in balia del mondo e dei suoi raggiri, protesa scioccamente verso un principio di bene e di giusto che sente smuoverla dal didentro. Eppure entrambi i personaggi, pur nella loro apparente incapacità nello stare al mondo, si dimostrano rivoluzionari.
Come idiot savant Bella mostra di avere una levatura morale superiore a ogni altro, riesce a sfuggire a qualunque tentativo di prigionia: vorrebbero renderla una perfetta dama dell’alta società ma i suoi modi la liberano dalle convenzioni. Vorrebbero sfruttarla per sesso ma è lei a comandare i giochi e a sottrarsene quando e come vuole. Vorrebbero smaliziarla mettendola di fronte al marcio del mondo ma ottengono solo di renderla più sensibile e buona nei confronti del mondo.
E la novità rivoluzionaria, già di Cristo, già di Myškin, ora di Bella Baxter, è che si può vivere benissimo al di fuori della società.
Senza i suoi condizionamenti, senza le convenzioni e l’ipocrita perbenismo che abbiamo deciso implicitamente di accettare in virtù di un qualche contratto sociale. Nel celebre aneddoto dell’incontro di Diogene con Alessandro Magno, del filosofo col potente, allo sguardo esterrefatto di quest’ultimo, disposto a tutto pur di accontentare il primo, Diogene risponde semplicemente di togliersi dal sole. Così fa Bella sulla nave chiedendo a Duncan di non coprirle la luce.
Il filosofo, il profeta, l’idiot savant non si cura del mondo, del suo potere attrattivo, del denaro, della fama, del giudizio degli altri. Vuole solo guardare liberamente il sole negli occhi, fare esperienza del mondo, sentirne soggettivamente il suo calore sulla pelle. Diogene in quell’episodio si dimostra più libero e potente del grande conquistatore. Così anche Bella lo è più di ogni uomo che la circonda, di ogni figura che interagisce volontariamente o meno con il suo cammino.
Per questo, forse per la prima volta in un suo film, Lanthimos non pone la società a incombente necessità a cui ogni protagonista deve guardare e rispondere, combattere o assecondare. Per la prima volta la società in Povere creature! è uno sfondo sconfitto dalla solare indifferenza della sua protagonista che come un’eroina illuminista, più anticonvenzionamente autentica di ogni Don Giovanni, più razionale di ogni cinico, più potente di ogni ricco, vive la sua vita in piena libertà. E non c’è niente di più rivoluzionario (e femminista) di questo.