Eccoci alla recensione di Preacher 4×04 (qui trovate la precedente). Questa è stata una puntata di piccole vittorie e soddisfazioni, anche se non manca comunque l’amaro in bocca lasciato alla fine dell’episodio.
Cassidy ha finalmente ottenuto la sua vittoria contro Steve, mantenendo la promessa fattagli nel primo episodio. E il suo incontro (anche se breve) con Tulip ha dato una svolta positiva alla sua giornata. Dopo tre episodi di imprevisti e tentativi di fuga falliti, i due compagni riescono a riunirsi per scambiarsi uno sguardo di gioia, proprio quello che serviva per restituire la speranza nel cuore del vampiro. Se fino a quel momento si era sentito abbandonato a se stesso, la visione di Tulip – del suo “amore proibito” – gli restituisce la forza necessaria a evadere da Masada insieme all’Angelo.
Tutti i pezzi sono sistemati sulla scacchiera di Dio e ogni cosa sembra andare secondo il cosiddetto piano divino. I vertici del Paradiso e dell’Inferno si sono dati appuntamento a Masada per discutere i termini dell’Apocalisse e del ruolo che giocherà Jesse Custer.
Ma in Preacher qual è il vero piano divino?
Sentiamo spesso le frasi “Fa tutto parte del piano divino” e “Dio agisce in modi imperscrutabili“, così da giustificare una qualsiasi ingiustizia avvenuta nel mondo. Può essere una disgrazia naturale la morte di chiunque. Che qualcuno sia credente o meno, tutto si basa sulla fede e sulla fiducia che qualsiasi cosa debba tornare al suo posto, faccia parte di un piano già prestabilito che, per quanto crudele, deve attuarsi. Jesse è un predicatore che per principio deve ripetere agli altri (e a se stesso) l’importanza di un piano divino che dia un senso a tutto. Qualsiasi sofferenza e sacrificio fa parte di questo. Se ne rende conto soprattutto durante i giorni in mare disperso insieme al pilota dell’aereo che doveva portarlo in Australia.
Un uomo sta praticamente morendo davanti ai suoi occhi. Non è la prima volta che Jesse ne vede uno, ma in quel momento è una sua responsabilità: soprattutto perché è stato lui a trascinarlo fin lì con la forza. Ha continuato a sfruttare Genesis per costringere il pilota a seguire i suoi ordini (un po’ come farebbe un Dio con i suoi discepoli). Ma a cosa serve quel potere se non gli permette di salvare la vita a un innocente? Così cerca in tutti i modi di usare Genesis per impedire al pilota la sofferenza dei suoi ultimi momenti. Sa di non poter fare niente e di aver rovinato ancora una volta tutto.
Ma Jesse non può comunque fare a meno di eseguire il suo lavoro. Tutto il dolore del pilota fa parte di una prova del Signore e il suo arrivo in mezzo all’oceano in quell’esatto momento con Jesse fa parte del piano divino. C’è una ragione dietro tutto. Anche Jesse cerca di ripeterlo a se stesso. Tuttavia sa bene che a Dio non interessa delle vittime innocenti sulla strada del predicatore. Il fatto che il pilota si sia trovato intrappolato sul gommone è frutto di una sfortunata casualità a cui non intende porre rimedio perché non gli interessa.
Il solo obbiettivo di Dio è che Jesse Custer arrivi in Australia. Ma nel mentre vuole comunque divertirsi un po’.
Sa quanto Jesse tenga al suo gregge e quanto sia incapace di controllarlo, anche se vuole fare del bene. Non vuole dargli la soddisfazione di fare il suo lavoro da predicatore perché sa bene qual è la vera natura di Jesse. Gli piace giocare a fare il Dio, ma non ha idea di come si gioca.
Davanti alla morte ci si tuffa nelle mani di chiunque e in quell’ultimo momento chiunque può diventare il tuo salvatore. Il pilota pensa questo di Jesse e tenta di rivolgerli un’ultima e disperata preghiera. Ma Jesse gli ha mentito: non è Dio, non è un predicatore. L’ha solo condannato a morte. Ma alla fine anche stavolta la spunta l’onnipotente. Dopo essersi fatto beffe di Jesse, lo conduce fino alla spiaggia australiana, proprio come gli aveva promesso.
Ci sono anche altri personaggi in Preacher che hanno questa fede incrollabile. Eugene primo tra tutti. È stato mandato all’Inferno per sbaglio, è stato ingannato da Hitler più volte e adesso è fuggito insieme al Santo degli Assassini per raggiungere Jesse in Australia. Ogni momento e ogni sofferenza subita fa parte di un piano più grande. È l’unica giustificazione che il ragazzo si può dare per quello che gli è successo. Ne ha bisogno. Jesse invidia questa fede incrollabile che hanno le persone come Eugene. E in parte ne è spaventato.