ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Pretty Little Liars
Tra le serie tv più rappresentative degli anni Dieci del Duemila è impossibile non citare Pretty Little Liars, la creazione firmata Marlene King che, adattando molto liberamente la serie di libri Giovani, carine e bugiarde di Sara Shepard, ha accompagnato gli spettatori lungo quasi tutto il decennio, diventando un prodotto di riferimento all’interno del proprio genere e per il suo pubblico di riferimento. Non siamo, chiaramente, davanti a una serie tv dal livello qualitativo altissimo, ma siamo sicuramente davanti a un prodotto di culto, verso cui lo spettatore si è posto con un atteggiamento quasi reverenziale, decisamente curioso, capace di far passare in secondo piano anche gli evidenti punti deboli del racconto.
La peculiarità più interessante di Pretty Little Liars è, infatti, questa sua capacità di andare oltre i propri limiti, di magnetizzare lo spettatore con una forza tale da far dimenticare scivoloni anche fragorosi. Questa prerogativa ha portato Pretty Little Liars nell’olimpo delle serie tv, perché, di fatto, la serie tv creata da ABC è diventata un punto di riferimento all’interno del proprio genere, dando una spinta propulsiva a un sottogenere, quello del crime teen drama, che ha proliferato in televisione e che conserva in Pretty Little Liars la sua massima espressione, o comunque una delle più alte. Tutto questo a fronte, come detto in apertura, di chiare debolezze, che però passano beatamente in secondo piano, perché tutto, o quasi tutto, alla serie tv di Marlene King è stato perdonato, e questo in fin dei conti si è rivelato il più grande dei punti di forza di Pretty Little Liars.
L’evoluzione dell’intreccio
Il focus, dunque, qui è capire perché abbiamo perdonato quasi tutto a Pretty Little Liars, mentre su altre serie tv i giudizi sono stato molto più severi per casistiche più leggere. Innanzitutto è bene riepilogare brevemente lo sviluppo dell’intreccio che ha avuto la storia delle Liars. Tutto, come ben sappiamo, ruota intorno alla misteriosa identità di A, questo spietato stalker che comincia a perseguitare le quattro protagoniste a un anno dalla scomparsa di Alison, membro fondamentale di quel gruppo che dalla perdita dell’amica ha cominciato a sfaldarsi, salvo riunirsi solo davanti alla minaccia di A. La soluzione del mistero arriva dopo due stagioni, quando scopriamo che dietro l’identità di A si è celata Mona, una ragazza vicinissima alle Liars. Questa rivelazione è stata pazzesca, culmine di una trama costruita davvero a pennello, e ha rappresentato probabilmente il momento di massima realizzazione narrativa della serie.
Non finisce qui l’incubo, però, perché dopo aver sventato Mona, le Liars cominciano a ricevere nuovi messaggi, da un’altra, e più terribile, minacciosa A, nota come Big A. Questo nuovo tormento dura tre stagioni e mezzo, fino alla rivelazione nel mid-season della sesta, in cui scopriamo che la nuova A era CeCe. Qui già arrivano i primi, grandi, problemi. Col passare delle stagioni, la trama di Pretty Little Liars ha perso coerenza, ha creato talmente tanti intrecci da dover lasciare dei nodi e la rivelazione stessa è apparsa un po’ forzata. Ad ogni modo, il peggio doveva ancora venire, perché dopo la realizzazione di CeCe la trama della serie ha finito per sfaldarsi.
Le difficoltà più evidenti per Pretty Little Liars arrivano, infatti, col famoso salto temporale che riapre la sesta stagione.
L’apertura riporta le protagoniste a Rosewood, minacciate da una nuova A, stavolta firmata A.D., che si rivela essere la gemella persa di Spencer, in un finale accolto più come una benedizione che con trepidante attesa. Quest’ultima parte ha zoppicato parecchio, con evidenti problemi narrativi e concettuali. Tuttavia, i limiti, spesso assurdi, dell’intreccio erano ben evidenti anche dopo la rivelazione di Mona, ma non sono venuti fuori, e rimangono tutt’ora celati, che nel finale. Come ha fatto Pretty Little Liars, per anni, a salvarsi dalle critiche anche quando queste sono sembrate francamente inevitabili?
I pregi di Pretty Little Liars
In apertura abbiamo detto che Pretty Little Liars è stata una serie capace di assurgere all’olimpo delle serie tv, mentre prima abbiamo sottolineato evidenti problemi narrativi. Come fanno a non cozzare queste due affermazioni? La ragione è da rinvenire nel particolare atteggiamento degli spettatori nei confronti la serie, di cui stiamo cercando di spiegare le ragioni. Davanti ai problemi evidenti, infatti, ci sono dei pregi che per il pubblico di Pretty Little Liars sono diventati totalizzanti. Innanzitutto, c’è da considerare che, all’epoca dell’inizio del racconto, c’era una certa verginità di questo sottogenere, mai totalmente codificato e che ha avuto proprio nella serie di ABC una sua prima e grandissima espressione. Molti errori, dunque, sono stati perdonati proprio in virtù dell’innovazione portata, perché il pubblico ha amato moltissimo questa contaminazione tra teen drama e crime che avrebbe segnato, poi, un importante capitolo della storia della serialità.
C’è poi da considerare una tendenza, intrinseca e narrativa, all’esagerazione che è propria del racconto stesso.
Alcune sottotrame poco credibili e dei passaggi apertamente trash sono, in fin dei conti, la cifra stessa di Pretty Little Liars, per cui invece che indebolire la struttura l’hanno connotata ulteriormente. Inoltre la serie ha potuto godere sulla forza delle quattro Liars protagoniste, personaggi divenuti presto iconici, grazie anche alle loro interpreti, e che da soli hanno retto la trama anche quando si è fatta più scricchiolante. Infine, l’effettivo ottimo lavoro delle prime due stagioni ha fatto da traino anche per le altre, almeno fino al salto temporale, dove la forza originaria si è persa e sono emersi i problemi con evidenza.
Insomma, diversi, e importanti, fattori hanno contribuito al successo di Pretty Little Liars e fanno da prezioso contraltare a una struttura narrativa che ha spesso barcollato, ma a cui abbiamo costantemente concesso una seconda chance. Gli spettatori, chi scrive per primo, hanno chiuso gli occhi diverse volte in ragione di un intrattenimento che non è mai venuto meno, tranne che in un momento, che rappresenta quel quasi del titolo, quell’imperdonabile che è la vera ombra sulla serie tv di Marlene King.
L’unico elemento imperdonabile
È proprio il finale dei finali il punto più critico di Pretty Little Liars. La rivelazione di A.D., quel contestato escamotage della gemella di Spencer, hanno fatto vacillare anche la cieca fiducia di un fandom estremamente fedele. Questo è forse veramente l’unico passaggio troppo sconclusionato per essere accettato, culmine tra l’altro di una trama, quella allestita dal salto temporale in poi, che non ha mai convinto. Questo è il momento imperdonabile di Pretty Little Liars, mentre tutto il resto è stato ampiamente perdonato, e come detto di passaggi a vuoto ce ne sono stati, ma questi hanno finito per diventare costitutivi di una serie che, per ragioni sicuramente singolari, occupa un ruolo importante nella storia della serialità.
Pretty Little Liars è, infatti, il simbolo del trionfo dell’intrattenimento, della volontà di appassionarsi e della capacità di magnetizzare talmente tanto gli spettatori da far sorvolare anche su criticità evidenti. Questo è forse, alla fine di tutto, il pregio più grande della serie, la sua forza sta nell’aver portato il pubblico a non considerare i limiti della serie, sacrificandoli in nome della passione che la produzione ABC ha saputo sempre generare, spegnendo giudizi e critiche. Alla fine, a Pretty Little Liars abbiamo perdonato quasi tutto, e siamo contentissimi così.