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Pretty Little Liars: quando il trash fa il giro e diventa umorismo surreale

Pretty Little Liars

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Pretty Little Liars

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È un po’ difficile capire il momento in cui Pretty Little Liars si sia trasformata da un avvincente crime teen drama a una vera e propria ode al trash. Se la guardiamo a posteriori, nella sua forma finale, la serie tv di Marlene King ci dice molto meno di quello che è stata. Oggi è ricordata per i meme. Per quei clamorosi momenti non-sense che ci ha regalato e per quelle svolte palesemente incoerenti che la trama, di stagione in stagione, ha adottato con sempre maggiore insistenza. Eppure Pretty Little Liars, e lo sa bene chi ha seguito la stagione dall’episodio uno, è stata molto altro.

Nel bene e nel male, la produzione ABC ha giocato un ruolo davvero importante nel panorama seriale. E, altrettanto nel bene e nel male, è stata una sorta di fenomeno di culto prima, e un vero e proprio feticcio di molti spettatori poi (tanto da perdonare davvero tutto alla serie). Ha contribuito a codificare un genere molto popolare sul piccolo schermo come il crime teen drama (qui abbiamo raccolto una classifica dei migliori titoli che aderiscono ai suoi canoni). Ha calamitato l’attenzione di un numero incredibile di spettatori, appassionati alle vicende delle protagoniste e al segreto dell’identità di A. E poi, anche nei suoi momenti più bassi, ha saputo elevare tutte le proprie debolezze. Esaltando quel trash che, da sempre insito nella sua narrazione, è diventato talmente dominante da farsi, clamorosamente, umorismo surreale.

Un crollo verticale, diventato una trasformazione radicale

Ebbene sì, perché tra le peculiarità di Pretty Little Liars c’è sicuramente la sua capacità di valorizzare, in un certo senso, anche i suoi momenti più bassi. E ce ne sono stati. È evidente che, con l’incedere delle stagioni, la serie tv sia calata drasticamente di livello. Le due prime stagioni sono state ottime, con una costruzione narrativa ricca di tensione, culminata nella rivelazione della prima A (Mona). Da quel momento la parabola della produzione ABC si è fatta progressivamente discendente. Fino all’epilogo della quinta stagione, con la rivelazione della seconda A (CeCe/Charles). E già qui il trash si era fatto ampiamente spazio nel racconto.

Dopo la quinta stagione il crollo è stato verticale. Sul versante narrativo c’è stato poco (per non dire nulla) da salvare. Mentre, però, Pretty Little Liars continuava ad avvinghiarsi introno a trame sempre più sconclusionate e inverosimili, a questa caduta libera si è accompagnata una particolare trasformazione. Il racconto si è ancorato, infatti, attorno a quel trash che ha contrassegnato la sua narrazione sin dagli esordi. Ciò ha provocato una sorta di spaccatura, perché se da un lato molti spettatori si sono allontanati dalla serie, riconoscendone l’ormai livello molto basso, tanti altri invece hanno accolto con ironia questa deriva, abbracciando a loro volta tutto quel trash che la serie stessa aveva ormai ampiamente abbracciato.

Le liars in prigione
Credits: ABC

Il lato trash di Pretty Little Liars

L’elemento trash, come sottolineato, è sempre stato parte integrante di Pretty Little Liars. E questo è importante per capire la trasformazione di cui stiamo parlando. Era ampiamente presente pure nei primi tempi, quando le cose andavano benissimo. Da quel “Jenna è cieca, non ci sente” di Hannah, al maiale nel bagagliaio che ha chiuso la terza stagione. Tanti momenti surreali (qui abbiamo raccolto alcuni dei più eclatanti), ma sempre ben calati all’interno di una cornice narrativa che si connotava proprio per questo lato più grottesco. Dalla quinta stagione in poi, però, anche sotto questo versante c’è stato un cambio di marcia. Un crollo, se vogliamo continuare col movimento descritto prima, che però somiglia più a una metamorfosi.

Quegli elementi trash disseminati qua e là si sono fatti sempre più frequenti, ma soprattutto deliranti. Abbiamo progressivamente assistito a una spiccata accentuazione dei lati più creepy e dark di Pretty Little Liars. Fino alla comparsa di elementi addirittura fantasy, tra inquietanti medium e oscure visioni. È come se, di fronte alla scarsità di idee e soprattutto a un intreccio sempre più complesso da districare coerentemente, il racconto abbia voluto spingere con forza sulla suggestione. Non trovando, di base, altri modi per mantenere la tensione.

Questi lati però, almeno in teoria, si sposano decisamente male con la natura della serie tv. Misteriosa, certo, ma comunque sempre ben inquadrata nel teen drama. Di certo lontana da venature più fantastiche o spaventose. Viene da chiedersi, dunque, come sia possibile che una deriva del genere sia stata non solo accettata, ma in realtà, per certi versi, persino sostenuta dai fan. Una parte della risposta sta proprio in quell’anima trash che è sempre stata presente in Pretty Little Liars e che, anche nelle prime stagioni, ha costituto un elemento di interesse per i fan. Gran parte della risposta, però, sta in un altro aspetto. Un fattore più narrativo, quasi strutturale. Un elemento che, in fin dei conti, risulta l’elemento più interessante della parabola della serie tv.

L'indimenticabile scena del maiale nel bagagliaio nella terza stagione di Pretty Little Liars
Credits: ABC

Non ci resta che il trash

Dopo la rivelazione di CeCe/Charles, la serie ha palesemente esaurito la propria forza narrativa. E già quel momento è un po’ bordeline, per così dire. Accettabile, ma di certo non troppo coerente. Comunque, quell’ultima rivelazione è stata un po’ lo schioppo finale di un racconto che di lì in poi ha, semplicemente, abbandonato qualsiasi velleità narrativa. Sin dall’inizio della sesta stagione la credibilità della trama si è appiattita. Si è fatta pericolosamente vicina all’annullamento. Agli spettatori, quindi, non è rimasto che seguire l’evoluzione di quei volti ormai familiari e, soprattutto, accontentarsi del lato divertente di tutte quelle svolte assurde che la trama ha iniziato a prendere.

Chip sottocutanei rimossi a mano, personaggi in grado di comparire dal nulla e riscomparire allo stesso modo. Fino al capolavoro finale del non-sense: la gemella di Spencer. Ogni aspetto contenutistico in Pretty Little Liars è diventato ampiamente surreale e in un contesto del genere il trash ha avuto vita facile nell’imporsi su una narrazione ormai straziata. Non potendo riporre chissà che interesse nello sviluppo narrativo, l’attenzione degli spettatori si è quindi rivolta verso quel lato della serie che, è bene sottolinearlo un’altra volta, era comunque presente sin dall’inizio. Se così non fosse stato, ovvero se l’elemento trash fosse comparso solo più avanti, questa svolta con tutte probabilità non avrebbe funzionato.

In un contesto simile, dunque, il trash, spinto al suo massimo, è diventato umorismo surreale. Lo ha fatto alimentandosi proprio di tutte quelle assurdità che si sono susseguite nelle ultime due stagioni. È come se Pretty Little Liars avesse cambiato pelle, non inventandosi nulla ma valorizzando una sua componente originaria. Ha potuto così mantenenere la presa su quegli spettatori affascinati dall’elemento surreale e ormai disinteressati allo sviluppo narrativo.

Così ha vinto il trash. E così, per assurdo, Pretty Little Liars (visibile oggi, integralmente, su Prime Video) ha saputo pure sopravvivere alla sua stessa rovina. Oggi, forse, quest’anima grottesca della serie è la sua più grande eredità. E se in parte questa è una visione distorta di ciò che è stato Pretty Little Liars, dall’altra è anche la fotografia della sua clamorosa metamorfosi. Una trasformazione progressiva, divenuta tanto più repentina quanto più svuotata appariva la trama. Il compimento di una parabola davvero incredibile, per certi versi difficile persino da inquadrare, ma in fin dei conti decisiva nel caratterizzare definitivamente una serie tv che, con tutte le sue bizzarrie, ha scritto una pagina importante di serialità.

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