Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Prisma
Qui trovi la nostra guida su tutto ciò che c’è da sapere riguardo Prisma 2: trama, cast e data di uscita
I ragazzi di Prisma sono adolescenti e, in quanto tali, sono per definizione confusi; ma cercano la loro strada, a tutti i costi, lottano per riuscire a trovare la propria identità in un mondo che non li aiuta a definirsi. La sfaccettatura di Andrea è evidente, quella di Marco meno ma c’è, quella di Nina non ha una vera definizione, quella di Daniele ha un nome troppo spaventoso da pronunciare. In Prisma la spaccatura tra ciò che è reale e ciò che si vuole è palese e guida tutto il processo di crescita personale ed emotiva dei protagonisti. Andrea e Marco sono due gemelli, interpretati dallo stesso attore. Questa la prima faccia di quel cubo di Rubik che è Prisma (non a caso, elemento di divisione e dualità): l’interprete dei due fratelli è Mattia Carrano che, con sicurezza e professionalità, porta avanti due tipi di identità talmente tanto diverse che sembrano non incontrarsi mai. Andrea e Marco sono gemelli ma sembrano a tratti incompatibili. Eppure, hanno in comune quel senso di inadeguatezza che definisce qualsiasi adolescente e loro in particolare. Entrambi ogni giorno lottano per capire chi sono, in un contesto che non rende loro le cose facili. Andrea sembra più sicuro di sé, e alla fine sarà il più fragile di tutti, Marco sembra talmente timido da non riuscire nemmeno a parlare, ma alla fine capirà davvero molto di se stesso e della sua coscienza.
Ma in Prisma non ci sono solo i protagonisti, Andrea e Marco, ci sono tanti ragazzi diversi, ognuno con la sua ricerca personale, ognuno col suo bagaglio da portarsi dietro, ognuno con la sua identità. Il tema della conoscenza di se stessi e del riconoscimento identitario, in Prisma, è centrale e in quanto tale si dirama lui stesso in varie strade: se da una parte c’è una forte sensibilizzazione alla fluidità (soprattutto con i personaggi di Nina e Andrea), dall’altra c’è una componente di denuncia di un certo machismo tossico (nel personaggio di Daniele); se c’è tanta insicurezza (con Marco soprattutto), c’è anche tanto orgoglio; laddove c’è spesso molta confusione, c’è anche molta ribellione. Prisma, che nuovamente racconta tutto già dal titolo, delinea perfettamente una condizione difficile da definire, in cui albergano malinconia, gioia, complessità e diversità. I protagonisti di Prisma affrontano la vita, come è normale che sia, con tutte le insidie che possono trovare sul proprio cammino e la affrontano con coraggio e determinazione, date soprattutto dalla conoscenza di loro stessi, che permette loro di essere orgogliosi di ciò che sono anche se ciò che sono non ha una definizione perfetta. Sanno di essere Andrea, Marco, Nina, Daniele e di non poter essere nessun altro.
Il tema della frammentazione dell’identità non è solo centrale ma è intrinseco alla storia: senza quella deviazione di fasci di luce prodotta dal prisma, la serie non sarebbe stata la stessa. Ogni fascio di luce è una storia, ogni deviazione cromatica è un’identità. Una persona, soprattutto quando si parla di adolescenti, è per forza di cose una somma di vari fattori e non può essere in altro modo; Prisma ci racconta questo, di come una serie di sfaccettature riescano a rendere una persona quello che è, donandole complessità ma anche bellezza e unicità. Le due facce di Andrea sono quelle più delineate, quelle più facili da comprendere, quelle con cui è più semplice (forse) empatizzare. Quella che porta avanti Andrea è una forte dualità tra il maschile e il femminile, che si traduce poi in una tensione emotiva importante per il ragazzo, per i suoi amici e per la sua famiglia. Ma non c’è solo quello che vediamo: a ben guardare, Andrea non ha solo quelle due facce, ma ne ha altre decine diverse che mette in scena ogni giorno senza nemmeno accorgersene: c’è la faccia del bravo ragazzo, c’è la faccia dello studente più grande che tutti vedono come sicuro di sé, c’è il ragazzo che non riesce a smettere di guardare Daniele senza capirne il motivo, c’è quello che odia Nina e c’è quello che è amico di Nina. Prisma, insomma, non si ferma all’apparenza ma scava in profondità, là dove è difficile scavare e da dove è anche molto difficile risalire. Perché, quando si parla di identità, di personalità e di autocoscienza tutto diventa più difficile, più grigio. Ci sono delle sfumature che sono impossibili da definire e che non avrebbe nemmeno senso farlo. Prisma lo sa e non ci prova nemmeno a dare delle definizioni; uno dei punti di forza della serie è proprio che tratta temi molto complessi con una semplicità quasi disarmante, tanto da farli passare come quotidiani (come è giusto che sia) ma comunque mai inosservati.
Prisma non è solo sfaccettature, è colore, con tutto quello che può comportare. I ragazzi di Prisma non sono solo fieri di essere diversi, sono orgogliosi di essere tante persone diverse. Le smerigliature che vediamo di quel prisma vengono rese ancora più luminose dalla consapevolezza, che accompagna i protagonisti e che viene esaltata da loro stessi. Nina e Andrea, all’inizio, non si conoscono davvero, si odiano senza sapere bene il perché; poi finalmente si incontrano, cambiano faccia, si lasciano andare; e poi, lo fanno davvero, mettono in gioco i loro sentimenti e scavano in quella profondità buia dove pensano non possa entrare luce. E invece la luce entra e non entra solo un fascio di luce, entra un prisma di luci diverse, ombre colorate che cambiano di continuo e che si accostano l’una all’altra. Così come fanno i ragazzi che, spinti dalla voglia irrefrenabile di conoscere meglio se stessi, si scontrano e si incontrano tra loro, cozzando e sfregando i loro confini, cercando di rimanere a galla quando si intrecciano. Andrea e Marco, porta voci di un rapporto fatto di due persone che si toccano senza mai toccarsi davvero, rappresentano la frammentazione complessa di una sola anima che fatica a ritrovarsi.
La complessità di Prisma è un tipo di complessità che passa dalla semplicità: Andrea, Marco, Nina e Daniele non sanno di essere speciali, non si rendono conto di essere diversi perché non si sentono tali. Si sentono alieni, questo sì, in un mondo fatto di tantissime contraddizioni che dovranno imparare a gestire. Ma non sono consapevoli di essere qualcosa di unico; ed è per questo che le loro sono azioni quotidiane, che non hanno nulla della straordinarietà, in cui ci si potrebbe rispecchiare chiunque. Daniele, angosciato costantemente di essere qualcuno che in realtà non è, fa quello che farebbe qualsiasi adolescente e alza un muro, quel muro che a modo suo imparerà a smantellare. Nina, che non sa di essere creativa ed estrosa, si limita ad esprimere se stessa e a far uscire fuori le sue stranezze. Andrea, che è l’unico che affronta qualcosa di consapevole, sa di essere diverso ma non sa di essere anche perfettamente normale. Le sue azioni girano vorticosamente intorno ad un fulcro, costituito letteralmente da pezzi di vetro in frantumi. Ma questi pezzi di vetro emanano qualcosa di strano, quella distruzione si traduce in bellezza, in luce. Come un prisma che, senza esserne consapevole, fa semplicemente il suo compito.
I ragazzi di Prisma sono sfaccettati, sono mille volti in uno, sono frammenti di una società che si sgretola ma che rimane in piedi, sono soldati al servizio di un unico grande obiettivo, diviso in tante strade diverse.
La serie ha un grandissimo valore che è quello della dualità: non parliamo più solo del femminile e del maschile, non più solo della realtà e della finzione, una volta arrivati in fondo a Prisma si parla di dualità tra ciò che è giusto per me e ciò che è giusto per chiunque altro. Si parla di individualità inevitabilmente legata alla comunità. Le sfaccettature sono una risorsa, in quest’ottica, per una narrazione che può portare solo in un senso, quello della comprensione e del coinvolgimento. Le scelte portano sempre ad una mancanza ma conducono anche verso una consapevolezza vitale per continuare ad apprezzare tutte le facce di cui siamo composti. Andrea, il fulcro a sua volta di tutte le altre luci che vediamo, giunto alla fine del suo percorso (che fine non è, ovviamente) brilla di luce propria e fa brillare chiunque gli orbita attorno. Quello che Prisma mette in gioco è un essere o non essere amletico che si traduce in un’identità fatta di mille parti, perché semplicemente non può essere altrimenti.