We are the champions, my friend, and we’ll keep on fighting till the end
Noi siamo i campioni, amico mio, e continueremo a lottare fino alla fine
La colonna sonora di questa quinta puntata di Prison Break è l’inno perfetto per l’ennesimo giro di boa effettuato dalla serie. Dopo la morte di Kellerman e i legittimi dubbi su Jacob tutto sembrava andare verso una spiacevole direzione. Certo, ora la situazione non è risolta, ma una costante continua a veleggiare tra i fuggitivi. Loro sono i campioni. Loro combatteranno fino alla fine.
La fine per qualcuno arriva anche precocemente. Prison Break sembra essersi adattata in fretta al cambio delle serie tv negli ultimi anni che vogliono più morti sul banchetto. Nessuna eccezione quindi. Né per i personaggi datati, né per quelli appena conosciuti che avrebbero avuto ancora molto da raccontare.
Un’altra vittima è quindi sulle spalle di Michael Scofield.
Il vero cambiamento di Michael in questa stagione di Prison Break sembra girare proprio intorno alla sua moralità.
Come diceva Sara nella prima puntata: la tempesta tornerà, ma sarà la stessa tempesta?
Scofield stesso, raccontando l’esperienza al fratello, ammette di essere diventato un fantasma. Ha seppellito Michael ed è diventato schiavo di se stesso, della sua genialità, del suo amore per Lincoln, Sara e Mike. I nomi come Kaniel Outis non erano altro che la maschera da indossare per garantire loro una “falsa” sicurezza. Falsa perchè, nonostante gli anni passati, la vita delle persone della sua cerchia non è mai stata totalmente completa.
Lincoln lo abbiamo visto: sepolto di debiti, per citare T-Bag ‘imbronciato e affannato come sempre’. Sara stessa crede di essersi rifatta una vita, ma alla minima difficoltà o al minimo dubbio non ha problemi a scappare da Jacob. Il piccolo Mike ricerca la verità sul padre perchè affascinato dalla sua figura.
Nel corso di tutti quegli anni il fantasma di Scofield li ha rincorsi e ricercati, fino a che le loro orecchie non sono state in grado di sentirlo.
Non puoi portare tutto il peso da solo, devi condividerlo. La famiglia è questo, la famiglia serve a questo.
Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per voi. Parla Michael. Eccolo qui, il fine ‘più alto’ citato dalla teoria dei giochi di Jacob. La libertà di Sara, Lincoln e gli altri. Un matrimonio perfettamente amaro ed una morte inscenata nei minimi dettagli.
Punti tutto su una pessima scommessa, proprio come 7 anni fa con la CIA. Non ti accorgi che i tuoi piani hanno un impatto sugli altri? Parla Lincoln. Parla il fratello arrabbiato, quello che non riesce ad accettare di essere nuovamente messo in salvo da Michael e che continua a gridare di andare all’aeroporto.
La verità è dura da accettare, sia per uno che per l’altro.
Da una parte la persona che senza il fratello perde la parte buona di se stessa. Dall’altra parte il fratello che ha perso tutto se stesso per consentire a Linc una vita migliore che comunque non è arrivata.
Forse stiamo solo evitando l’inevitabile. Morire da solo qui, morire da solo a casa
Pian piano in queste puntate di Prison Break stiamo riuscendo ad inquadrare le nuove personalità entrate in gioco. Una di quelle più potenti e diverse è senza dubbio quella di Ja. Una calma inflessibile, una mente ragionevole, un buon braccio a cui appendersi, uno sguardo instabile che non sai mai cosa nasconde.
I nuovi amici di Michael, per quanto straniti dalla situazione e dalla marea di domande senza risposta rifilategli, sono dotati dello stesso potere particolare che ha accomunato i vari alleati di Scofield nel corso degli anni. Egli ci credono. Credono fermamente in lui.
I dubbi ci sono. E’ più che legittimo. Chi non avrebbe dubbi correndo da uno sparo all’altro in una città perduta? Ma i campioni non si arrendono. Mai. Nemmeno quando la migliore via di fuga vola lontano da loro, passando sulle loro teste ad un passo dalla morte certa.
La civetta della prima puntata è tornata a farci visita.
Scopriamo che era nello zoo o parco animali dove Sara era andata con il piccolo Mike. Scopriamo che Scofield è stato un vero e proprio fantasma nelle loro vite, che li ha cercati. Abbiamo avuto la certezza che i morti parlano, proprio come ci era stato detto nell’introduzione della nuova stagione.
Oltre a questo sappiamo che forse non è Jacob a manovrare tutto l’inganno di Poseidone. Effettivamente svelare l’identità del ‘nemico’ alla quarta puntata poteva solo essere un buon depistaggio. Ma quindi il signor Ness è sincero oppure no?
L’abbraccio di Sara a suo marito lascia nel dubbio noi e lei stessa. Possibile che i sicari del famigerato agente ex-CIA si facciano beccare dal signor NESSUNO JACOB? Che sia un’altra messa in scena per condizionare una pedina del gioco?
Forse la verità è nelle parole di C-Note rivolte a Sheba. Puoi togliere un uomo dalla strada, ma la strada rimarrà sempre dentro di lui.
Esse stanno ad indicare quanto la vera natura di un uomo non possa restare nascosta per sempre. E’ valso per Michael che alla fine ha riacquistato il suo nome. E’ valso per Linc che senza il fratello non riesce a tenere a bada la sua parte dei pugni. Si è rivelato vero per chi ha accompagnato Michael negli anni e per chi lo accompagna ora nelle strade dello Yemen. La fedeltà è la cosa più importante.
La speranza tiene in vita le persone, ma la famiglia è la chiave per sperare.
Ed è proprio così che si conclude questa puntata di Prison Break: con una speranza che vola via. La scena che ci ricorda tanto la prima fuga da Fox River, l’aereo di Abruzzi che spiccava il volo lasciando soli gli 8 evasi, l’aereo di C-Note e Sheba che parte per salvare il salvabile.
Proprio come a Fox River, ricordi?
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