La cancellazione di Prodigal Son, annunciata nel maggio 2021, è stata un fulmine a ciel sereno. Una di quelle notizie che non ti aspetti, perché chi mai potrebbe pensare di concludere così, all’improvviso, senza nemmeno una spiegazione una delle migliori serie crime in onda in quel momento? Acclamata dalla critica e portata in scena da un cast a dir poco stellare, che vede tra gli altri un Michael Sheen impeccabile e il premio Oscar Catherine Zeta Jones, nonché veterani della serialità come Bellamy Young (la Mellie Grant di Scandal) e Tom Payne (già tra i protagonisti di The Walking Dead), Prodigal Son non è mai riuscita a trovare nel pubblico il sostegno che si meritava, forse perché andata onda nel momento in cui sembra ormai segnato il declino del genere crime, soprattutto quello basato su una maggioranza di puntate autoconclusive. Infatti la prima stagione della serie creata da Chris Fedak e Sam Sklaver è stata trasmessa in concomitanza con la quindicesima e ultima di Criminal Minds, probabilmente il programma televisivo con cui ha più in comune, e qualche anno dopo la conclusione di pilastri del genere come Bones, Castle, The Mentalist e i prodotti del franchise di CSI, a dimostrazione del fatto che lo spazio nel palinsesto riservato al genere si sia notevolmente ridotto e sia quasi esclusivamente del tutto occupato da NCIS e Law & Order: SVU (potete leggere qui i 10 motivi per cui amiamo questa serie).
Eppure “Prodigal Son” meritava tutta un’altra accoglienza e forse, se fosse andata in onda qualche anno prima, l’avrebbe ricevuta.
La serie infatti è solo all’apparenza un crime tradizionale, perché a una struttura degli episodi classica abbina una dinamica nuova, che vede al suo centro la coppia figlio e padre composta da Malcom Bright e Martin Whitly, profiler e collaboratore della polizia il primo, eccentrico serial killer dietro le sbarre il secondo. Se è vero che altre produzioni dello stesso genere ci avevano già abituati a strane collaborazioni tra polizia e outsider – pensiamo per esempio a Castle e The Mentalist, ma anche a White Collar – Prodigal Son prende un punto di partenza già noto nell’ambiente seriale e lo fa proprio, regalandoci una prospettiva inedita di una dinamica già vista. Innanzitutto, nonostante collabori con la polizia, lo stesso Malcom è un intruso, la cui costante presenza è giustificata dal rapporto quasi paterno con il capo della squadra Gil Arroyo, colui che all’epoca fu responsabile dell’arresto di Martin Whitly. Questo suo essere al tempo stesso parte del team e agente esterno serve a sottolineare lo stato di irrequietezza profonda di Bright, la cui esistenza è stata segnata dal trauma – che il suo inconscio tenta senza avere del tutto successo di tenergli nascosto – di aver assistito ad alcuni dei crimini del padre quando era bambino, senza mai riuscire ad accettarlo. Il passato di Malcolm lo tormenta, prendendo la forma di quella figura paterna da cui vuole distaccarsi in ogni modo, prima cambiando cognome da Whitly a Bright, poi iniziando a studiare psicologia per comprendere le ragioni dietro gli inspiegabili omicidi compiuti dal padre e infine tagliando definitivamente i ponti con lui. I fantasmi del passato però non restano mai tali, soprattutto in televisione, e quindi ecco che il personaggio di Martin Whitly, assassino, psicopatico, manipolatore e assolutamente irresistibile, ritorna inaspettatamente nella vita di Malcom e anche nella nostra.
Michael Sheen dà vita a Martin Whitly regalandoci una delle migliori performance degli ultimi anni, incomprensibilmente snobbata dal circuito dei premi. Martin è contraddittorio, è padre amorevole e assassino seriale, attrae e respinge, trattiene nella sua orbita chiunque cerchi di scapparne, senza lasciare scampo. Il suo profilo non corrisponde a quello tipico del serial killer, è stato un chirurgo di fama internazionale – da cui deriva il suo soprannome “The Surgeon”, il Chirurgo – e un padre di famiglia affettuoso, benestante e dalla reputazione impeccabile, un uomo la cui scoperta dei crimini ha segnato in via definitiva la vita di tutta la sua famiglia, scossa per sempre dal trauma di avere amato un uomo capace di azioni inenarrabili. Quello tra Malcom e Martin è allora uno dei rapporti più sfaccettati, complessi e inaspettatamente realistici che siano stati rappresentati in televisione, è una sfida tra i due, un guardarsi allo specchio costante che vede Bright cercare le differenze, mentre Whitly lo segue passo a passo per sottolineare le sottili analogie, che non possono restare nascoste. Entrambi brillanti, tanto affascinanti da stregare chiunque incontri il loro cammino, padre e figlio camminano per strade parallele e tuttavia in qualche modo finiscono sempre per incontrarsi, solitamente attraverso la pressione costante di Martin Whitly, che non vuole accettare di non avere in suo figlio un erede e forse lo riesce a lasciare andare veramente solo quando per la prima volta si accorge della presenza di Ainsley Whitly, sorella minore di Malcom che sembra essere in grado di raccogliere l’eredità del padre molto più del fratello.
Prodigal Son diventa allora la storia di come Malcom voglia riparare ai torti compiuti dal padre catturando altre persone come lui, eppure di come per farlo abbia bisogno di Martin, della sua mente tanto tortuosa quanto imprevedibile, del genio di un uomo che è sì un criminale che ha tolto la vita a decine di donne innocenti, ma che proprio come Hannibal Lecter ne Il silenzio degli innocenti è l’unico a poter leggere l’anima di coloro che vogliono seguirne le orme. La collaborazione tra Bright e Whitly è turbolenta, unidirezionale nella misura in cui il padre fa tutto quanto in suo potere per rendersi indispensabile a un figlio che vuole soltanto scappare, da sé, da lui, dai suoi demoni, dal dolore di non aver fatto abbastanza per neutralizzare Martin Whitly quando era ancora un bambino che assisteva senza rendersene conto ai deliri assassini dell’uomo. Il Chirurgo incanta chiunque vi si avvicini e suo figlio lo sa bene, ha il terrore di cadere nella sua trappola e ancora di più che ci caschino le persone che ama, la sua famiglia e i suoi colleghi che diventano pedine nel gioco pericoloso tra i due, possibili vittime sacrificali per Martin e alfieri pronti a difendere Malcom fino all’ultimo nonostante questo faccia di tutto per tenerli fuori.
“Prodigal Son” è una storia di contrasti e fantasmi, di dolore e famiglia, laddove quest’ultima non è un rifugio ma puro terrore. Malcom Bright e Martin Whitly sono due facce della stessa medaglia, ma mentre uno fa di tutto per rimarcarlo l’altro si obbliga a scappare, costretto a trovarsi sempre più spesso faccia a faccia con il padre per risolvere crimini non abbassa mai la guardia, sebbene il Chirurgo faccia tutto quanto in suo potere per portare il figlio dalla sua parte, per cambiare quella narrativa che lo vuole antagonista a tutti i costi. E a volte persino noi spettatori, pur consapevoli degli orrori di cui Whitly è capace e del trauma che ha provocato a tutti coloro che lo hanno lasciato avvicinare durante la loro vita, caschiamo nella sua trappola, complice l’interpretazione superba, magnetica di Michael Sheen. Guardare “Prodigal Son” è una lotta anche per noi, come per Malcom, perché anche noi siamo costretti a subire il fascino di Martin Whitly e a cercare di resistergli, di restare sani mentre ci aggrappiamo alla speranza che lui non si avvicini mai troppo o saremmo perduti.