Di Ryan Murphy c’è poco da fidarsi, ormai è un fatto abbastanza acclarato e con Ratched ne ho avuto la conferma definitiva. La serie tv è una delle ultime produzioni del creatore di Glee e American Horror Story, in collaborazione con Netflix. Ancora una volta abbiamo la musa Sarah Paulson, il cui talento forse è un tantino sopravvalutato, la fotografia tipica di Murphy che fa da sfondo a tutte le vicende, e abbiamo altresì una sceneggiatura delirante che inizia con il botto per finire in un completo disastro. Insomma, alcuni degli elementi tipici che siamo stati abituati a trovare nelle produzioni di questo prolifico uomo.
Innanzitutto, di cosa parla Ratched?
Lo show ruota attorno al personaggio fittizio di Mildred Ratched, la sadica infermiera del film Qualcuno volò sul nido del cuculo, alla quale Ryan Murphy ha deciso di dedicare una serie tv intera. Siamo nel 1947, molto prima degli eventi del film, e Mildred Ratched è un’infermiera dal passato oscuro recatasi in California con un unico obiettivo: salvare il fratello pluriomicida dalla condanna a morte. Mildred si presenta come l’esempio perfetto della buona infermiera, un “angelo di misericordia” votato ad aiutare i pazienti e alleviare il loro dolore. Attraverso un astuto stratagemma, la donna viene assunta nella clinica psichiatrica del dottor Hanover, dove vengono svolti sulla mente umana diversi e cruenti esperimenti.
Con queste premesse ha dunque avvio Ratched, uno show che risulta in una versione più pop e meno intrigante di American Horror Story: Asylum.
Tra completi colorati e guanti lunghi fino al gomito, Mildred si fa strada nel cuore dell’ospedale tessendo la sua rete di piccoli ricatti e manipolazioni. Eppure, tutto questo non basta per farla entrare nel cuore di noi spettatori.
Ratched presenta gli stessi difetti di quasi tutte le serie tv di Ryan Murphy: da un lato una storia marginalmente approfondita che parla di tanto ma in realtà non tratta davvero nulla; dall’altro personaggi senza caratterizzazione, che si muovono nello spazio come macchiettistici stereotipi di qualcosa visto e rivisto. In primis, la stessa Mildred è un personaggio senza alcuna coerenza o crescita. L’infermiera arriva ed esce dalla clinica come due personaggi distinti e privi di armonia. La Mildred che arriva nel primo episodio affascina lo spettatore, curioso di saperne di più e intrigato dalla sua aura di antieroina. Con il passare delle puntate, però, il personaggio di Mildred subisce una trasformazione netta e priva di senso, non c’è continuità tra la donna sicura di sé, arrogante e machiavellica, e quella fragile, sclerotica e buonista degli ultimi episodi.
Sarah Paulson rimane statica per gran parte della serie, regalando solo alcuni momenti degni di nota come le scene flashback sul suo passato. Per il resto del tempo, Mildred è un personaggio detestabile e non nel senso buono del termine. Non si riesce in alcun modo a odiarla ma neppure ad amarla, rimane ai margini della nostra comprensione insieme ad altri personaggi mediocri delle serie tv. Inizialmente, l’infermiera assurge al ruolo di burattinaio che riesce, con sapiente maestria, a muovere i fili al momento giusto. Questo aspetto viene portato all’esasperazione quando sembra che nessuno, a parte Mildred, sia capace di mettere in moto i neuroni di cui è stato dotato dalla nascita.
Nessun personaggio secondario in Ratched, da Edmund a Gwendolyn Briggs, per finire con la tristissima capo infermiera Betsy Bucket, riesce a catturare la nostra attenzione per più di cinque secondi.
Da presunto villain dello show a eroina senza macchia e senza paura, Mildred Ratched subisce un capovolgimento di intenti che ha del bizzarro. Entrata nella clinica con il solo scopo di salvare il fratellastro, la donna inizia a prendere a cuore le sorti degli altri pazienti fino a escogitare persino un’evasione. Molti altri personaggi seguono la stessa incoerenza di Mildred, come appunto la capoinfermiera Bucket, che prima mette in tutti i modi i bastoni fra le ruote della protagonista, poi ne diventa amica. Insomma, come già accaduto in American Horror Story (presto arriverà anche lo spin-off), Murphy non sembrerebbe in grado di creare dei personaggi coerenti per tutta la durata della serie.
Non solo i personaggi, ma anche la trama risulta un grande guazzabuglio senza senso.
L’impressione è che Murphy sia partito con un’idea chiara per poi voler aggiungere molto altro, ma senza farlo in maniera adeguata. Così se l’inizio della serie ha un suo senso, il proseguo perde qualsiasi logica. Ci sono trame che vengono inserite a casaccio, portate avanti malamente e concluse in puro trash. Stiamo ovviamente parlando della storyline di Lenore Osgood e del figlio psicopatico. Altre trame risultano superflue e mal gestite, come quella di Charlotte Wells, la paziente con il disturbo dissociativo che infine incarna il ruolo non richiesto di deus ex machina. Insomma, Ratched è stata un’enorme delusione dimostrando ancora una volta l’incapacità da parte di Ryan Murphy di portare fino in fondo una trama in maniera coerente e coesa. La serie è un cocktail di trame sconclusionate, personaggi illogici e davvero nessuna attinenza con il film capolavoro di Miloš Forman.