Dopo una pausa di una settimana, ritorna American Crime Story con l’episodio Descent, L’Uomo Giusto e un opening magistrale.
E non tanto perché Darren Criss si mostra in tutta la sua nuda beltade (ma chi sono io, per criticare?), ma perché abbiamo uno scorcio molto chiaro sulla mentalità edonista di Andrew Cunanan: un uomo che vive solo di meri piaceri fisici, estetici, decadenti, di paradisi artificiali. Andrew Cunanan è il nuovo Dorian Gray: commette azioni orribili, ma rimane sempre affascinante, bellissimo, glaciale.
Siamo nuovamente alle prese con un salto indietro nel tempo: all’epoca in cui Andrew non aveva ancora ucciso nessuno. Ed è il suo compleanno.
Andrew è già innamorato, a modo suo, di David, l’uomo che ucciderà a sangue freddo qualche tempo dopo. È un amore fittizio, non concreto, perché Andrew sta semplicemente recitando una sceneggiata per attirare l’interesse di David.
È agghiacciante il modo che ha di plasmare le persone intorno a lui, anche quelle che credono di amarlo: Jeff lo asseconda in tutto, mette le scarpe che ha scelto per lui, perché è il compleanno di Andrew e tutti si inchinano davanti al Re Sole che brilla solo di luce riflessa. Darren Criss si rivela una sorpresa continua: odioso, detestabile, viziato, capriccioso, bellissimo e contorto, dite quello che vi pare, ma per me è lui il vero mattatore di questa stagione di American Crime Story.
Alla sua festa di compleanno, sono presenti tutte le sue future vittime: Jeff, David, Lee… tutti gli agnelli sacrificali sono lì a rendergli omaggio, ad assecondarlo, a prostrarsi ai suoi piedi ingrati, perché, ancora una volta, Andrew dimostra di amare, prima di tutto, se stesso.
È condannabile per avere un amante attempato che lo mantiene?
No.
È condannabile per essere un bugiardo cronico, un viziato bambino che pesta i piedi, che non vuole lavorare e non si capisce bene quale reale talento abbia per avere una vita propria?
Certo che sì.
Drew gioca con tutti: gioca con la vita del suo anziano amante, con la privacy di Jeff che non vuole fare coming out e ne ha tutti i diritti, con la “migliore amica” costretta ad assecondare tutte le sue numerose bugie, con Lee che si umilia, correndogli dietro come un cagnolino.
Ma non importa, perché Andrew mette Andrew davanti a tutti e non capisce le scelte di Jeff, che, forse, sono dettate dall’egoismo, ma forse sono anche scelte personali che lui dovrebbe rispettare. Solo che Andrew non rispetta nessuno e le minacce velate al telefono con David hanno un retrogusto amaro.
Ovviamente David è attratto da Andrew: chi non lo sarebbe? Andrew è bellissimo, un affabulatore nato, è sexy, affascinante. Ma è anche ossessivo, falso, un po’ viscido e impone troppo le proprie idee, a partire dal povero David, che viene plasmato ad immagine e somiglianza delle fantasie di Andrew.
Cosa fa, in realtà, Andrew? Si crea un mondo fittizio, di serate perfette, di vita perfetta, di look impeccabili, di bugie.
David gli offre un’opportunità per essere sincero, ma lui non capisce, non riesce perché non può: quando la prima bugia funziona, perché non dirne altre cento? La felicità non può che aumentare. Ovvio, no? Nel delirio lisergico di Andrew, Gianni Versace gli confeziona l’abito perfetto e lui si confessa, tira fuori le proprie paure, la rabbia, l’insicurezza, le mille frustrazioni che lo tormentano.
È una scena così viscerale che merita quasi tutta la Serie, che è, comunque, di altissimo livello.
Cosa c’è di diverso tra questi due personaggi di American Crime Story? Gianni Versace è amato, Andrew no e non è una differenza da poco.
Andrew, strafatto e disperato, torna dal vecchio amante, che lo rifiuta (e, probabilmente, si salva la vita), poi, si rifugia tra le braccia di mamma, che pare vivere in un mondo tutto suo, di negazioni, cantilene, voci tremanti, convinzioni distorte, diniego totale del disagio del figlio: la dice lunga sulle follie di Andrew.