Colpi di scena: ecco che cosa ci aspetta in American Horror Story 9×03, nella puntata intitolata Slashdance. Nella recensione del primo episodio ci siamo chiesti come sarebbe stato possibile sviluppare questa trama apparentemente semplice e autoconclusiva per un’intera stagione: i cattivi sono alle porte, i ragazzi braccati e spaventati, la conclusione di una notte infernale sembra vicina. Cos’altro c’è da sapere? American Horror Story pare avere in serbo per noi ancora numerosi assi nella manica, e a Camp Redwood la malvagità comincia a permeare l’aria.
In American Horror Story 9×03 scopriamo gli scheletri nell’armadio di Rita e Ray
Siccome due serial killer non sono sufficienti per la fitta trama di American Horror Story, Ryan Murphy condivide con noi la sua passione per i colpi di scena e il doppiogioco. Slashdance sembra sussurrarci che tutti a Camp Redwood custodiscono una sorta di terribile, oscuro segreto, e che stanno solo aspettando il momento giusto per confessarlo al mondo.
La scorsa settimana, il focus dell’episodio (di cui potete trovare la recensione qui) era sulle storie secondarie di Brooke e Xavier: di certo interessanti, ma non particolarmente rilevanti per la trama attuale. Le rivelazioni in American Horror Story 9×03, tuttavia, hanno un peso decisamente maggiore. I due “professionisti” in ambito medico dello show, Ray e Rita, finalmente si mostrano per ciò che sono in realtà.
Sopravvivere è l’unica cosa che conta
Durante l’episodio e per tutta la serie, la caratterizzazione di Ray rimane costante: è un codardo. Quando Brooke suggerisce di affrontare Ramirez insieme, Ray si tira indietro, pensando solo a se stesso e alla propria sopravvivenza: il Night Stalker non può inseguirli tutti se fuggono in direzioni diverse, dice. Una natura chiaramente egoista che non porta però i suoi frutti. Infatti, proprio a causa della sua decisione, sarà il primo a trovarsi di fronte a Ramirez.
Come emerge durante la sequenza di un flashback, Ray tende sempre a commettere errori sulla pelle degli altri pur di tutelare la propria incolumità. Quando lui e Chet, durante la fuga, rimangono intrappolati in una fossa, decide di confessare il terribile episodio avvenuto tempo addietro. Mentre cerca di essere di supporto a Chan, matricola in procinto di entrare nella confraternita a cui anche Ray appartiene, quest’ultimo lo uccide per un banale, anche se macabro, fraintendimento.
Chet, intanto, è impalato in una trappola punji (invenzione vietnamita utilizzata durante la guerra per catturare esseri umani), e in un momento di lucidità commenta con durezza la storia di Ray, il quale decide di andarsene e abbandonare definitivamente l’amico. Purtroppo per lui, tutte le fughe, le scelte sbagliate e il desiderio di sopravvivere non saranno sufficienti a permettergli di salvarsi da Mr. Jingles. DeRon Horton fa un ottimo lavoro, e con la sua abilità recitativa riesce perfettamente a proporre un Ray patetico, egoista, e molto, molto sfortunato.
Non si nasce assassini, lo si diventa
Se il comportamento vile di Ray non sconvolge nessuno, poiché perfettamente in linea con il suo personaggio, chi ci lascia davvero di stucco è invece l’infermiera Rita, o meglio la donna che fino a questo momento abbiamo conosciuto come tale. Brooke e Rita fanno fronte comune e scappano verso l’auto, e a questo punto Brooke propone di andare a cercare aiuto. Mentre la ragazza si gira per salire in macchina, Rita la seda con un tranquillante e, per la prima volta, si presenta.
Il suo vero nome è Donna Chambers, studentessa di psicologia e ossessionata dal comportamento dei serial killer come Richter. Dopo un incontro con la dottoressa Hopple, riesce a ottenere un colloquio con Mr. Jingles, al quale spiega la sua teoria: nessuno nasce malvagio, e gli assassini seriali non sono altro che il risultato della pornografia e della guerra in Vietnam.
Sottile e ironico il passaggio in cui Richter inizia a giocare con le teorie di lei, sostenendo che anche lo sciroppo di mais stia dando il via a un’ondata di omicidi folli. La Chambers sembra quasi non rendersi conto della tragica direzione che hanno preso le sue ricerche: nel tentativo di capire le azioni degli assassini, li giustifica. Cercando di porre per sempre fine alla violenza, la alimenta.
E la vera infermiera Rita, allora? Eccola qui: interpretata da Dreama Walker, ingenua e sorridente, viene adescata senza pietà da Donna Chambers e uccisa dallo stesso Mr. Jingles, così che Donna possa impossessarsi della sua identità. Il modo in cui Chambers si siede sul sedile posteriore dell’ auto della vera Rita è allo stesso tempo divertente e terrificante, così come la morte di lei. Ma la rivelazione del cadavere dell’infermiera è solo la ciliegina sulla torta.
I vari colpi di scena, in particolare quello che non ho rovinato e che riguarda la frizzantissima Montana, sono gestiti molto bene. La rivelazione su Donna Chambers, l’atto stupidamente eroico di Trevor nei confronti del falso Mr. Jingles, le morti dei ragazzini impostori, la tragicomica fuga di Ray, sono tutti elementi ben utilizzati che vengono proposti nel momento e nel modo giusto (anche se forse, come al solito, la tendenza all’eccesso rende la narrazione troppo arzigogolata). AHS: 1984 gioca con le tradizioni dei film slasher e non lesina sulle basi del genere: teste decapitate volanti, persone impalate… non si fa mancare nulla.