Attenzione: questo articolo contiene spoiler su American Horror Story 9×06!
Tra vita e morte c’è un confine sottile, così come tra il genere slasher e la parodia dello stesso. Se qualcuno si aspettava che Episode 100 facesse in qualche modo omaggio alla serie antologica nel suo insieme, con riferimenti più o meno palesi alla precedenti novantanove puntate, si sbagliava. In American Horror Story 9×06 si cambia ambiente, ma ormai 1984 è entrata in un circolo vizioso. Non importa che ci si trovi a Los Angeles o a Camp Redwood, la stagione pare aver imboccato una strada monotona e senza ritorno, ad eccezione di qualche piccola e alquanto simpatica trovata.
Un piccolo accenno (se così si può dire) alla prima stagione viene fatto introducendo la guest star Tanya Clark, già vista in un ruolo secondario nel nono episodio di Murder House, mentre alla fantastica Leslie Jordan viene attribuita solo una parte marginale come assistente di Margaret (ma, diciamocelo, almeno ci ricorda i tempi migliori di American Horror Story). Dettagli piuttosto irrilevanti, considerata l’atmosfera nostalgica che aleggia intorno al titolo. Per il resto, la vicenda continua a ruotare intorno alla sete di sangue di Margaret e di Ramirez e all’incapacità di gestire la situazione di quasi tutti gli altri personaggi. Per non farsi mancare nulla, la speranza di un cambio di scena che avevamo coltivato in Red Dawn, viene qui smorzata dalla prospettiva di un imminente ritorno a Camp Redwood.
American Horror Story 9×06 è praticamente un tributo a Billy Idol
Un anno dopo gli avvenimenti della quinta puntata, troviamo Mr. Jingles e il Night Stalker rintanati in uno squallido motel, vivacchiando e ascoltando musica a tutto volume. Billy Idol, però, non è adatto alle orecchie di chiunque, e Richter inizia a palesare il suo astio non solo per i gusti musicali di Ramirez, ma anche per la quantità di cadaveri che i due si lasciano alle spalle ovunque vadano. Il suo forte desiderio di cambiare vita si attua finalmente quando decide di tradire il partner, consegnandolo alla giustizia.
Intanto i fantasmi di Montana, Xavier, Ray e Chet si sono uniti alle altre vittime dei massacri di Camp Redwood, e vagano in preda alla noia nel loro eterno purgatorio, in attesa di una svolta che movimenti le loro giornate. Xavier e Montana hanno fatto dell’omicidio il loro passatempo, e colgono ogni occasione possibile per porre fine alla vita dei malcapitati passanti, mentre Ray continua la sua non-esistenza travolto da timori e sensi di colpa, proprio come faceva in vita. Si direbbe che al campo non ci sia più nulla da raccontare, ma gli autori di American Horror Story hanno un’idea ben diversa.
Ricompaiono infatti in scena Margaret e Trevor, miracolosamente sopravvissuto all’accoltellamento della donna, la quale lo ha convinto a sposarla così da impedirgli di testimoniare a suo sfavore. I due sembrano essere caduti in un vortice di odio e passione piuttosto inquietante, ma non è finita qui. Margaret ora detiene numerose proprietà dal passato macabro e sanguinoso, e le ha adibite a siti dell’orrore per turisti coraggiosi. Qui forse abbiamo il momento più interessante dell’intero episodio, poiché viene fatto riferimento a vere tenute da brivido, come la Winchester House. Inoltre, Margaret parla in un secondo momento di ingaggiare per un altra località degli attori con abiti d’epoca che spaventino i turisti imbracciando delle asce, ricordando vagamente lo scenario di Roanoke, la sesta stagione. Un peccato non ci siano riferimenti espliciti alla Murder House del primo capitolo della serie.
Ad ogni modo, il mercato di Margaret vive un momento difficile, così la donna decide di attingere nuovamente alle oscure caratteristiche di Camp Redwood per organizzarvi un enorme concerto rock in occasione di Halloween. Concerto la cui star principale sarà, naturalmente, proprio Billy Idol. Ramirez ne sarà certamente felice ma, per quanto ci riguarda, questo ripetersi forzato di elementi e situazioni inizia ad avere un sapore stantio.
1984: omaggio o parodia?
Intanto, Richard e Brooke si trovano entrambi nel braccio della morte della prigione di St. Quentin, in attesa della loro esecuzione. Ovviamente Ramirez, nelle grazie di Satana, non si preoccupa affatto di morire e cerca senza successo di convincere Brooke a passare al lato oscuro. Nonostante il Night Stalker riesca ad evadere grazie a riti ed invocazioni, la sentenza della ragazza viene invece attuata. Come al solito, i morti non rimangono tali a lungo: compare infatti a questo punto Donna Chambers, che salva la situazione riportando in vita Brooke. Ma ce n’era davvero bisogno?
Infine, un momento di incredibile tenerezza ci viene regalato dal personaggio di John Carroll Lynch. Richter si è trasferito in Alaska, lasciandosi orecchie e tintinnii alle spalle, ed è riuscito a rifarsi una vita insieme a Lorraine e a loro figlio, Bobby. Tutto sembra funzionare e Benjamin è felice della sua vita e del lavoro come noleggiatore di VHS, fino a quando una sera non trova il cadavere insanguinato di Lorraine nel letto: Ramirez è tornato per vendicarsi del tradimento subito. Tra tutti i vari personaggi, quello di Mr. Jingles è forse quello meglio caratterizzato, e Lynch riesce a farci vivere tutta la malinconia di un uomo fondamentalmente buono che non riesce a liberarsi dei suoi demoni.
Benjamin Richter, però, è solo l’eccezione: la regola è data da personaggi poco coinvolgenti e sempre più destrutturati man mano che la storia prosegue. Non ci si affeziona e non ci si immedesima, poiché nessuno sembra avere una personalità definitiva, ma solo alcuni tratti di essa. I colpi di scena vengono quasi completamente a mancare, e nessuno di quelli presenti tiene con il fiato sospeso. Sì, ci viene proposto il mondo fuori da Camp Redwood, ma è insipido, e i nuovi volti di Red, Courtney e Lorraine lo sono altrettanto.
Non si riesce a capire se i creatori di 1984 desiderino fare un effettivo omaggio ai film slasher anni ’80 o se ne vogliano fare una buffa e trasandata parodia, e sorge il dubbio che non lo sappiano nemmeno loro.