Femministe di tutto il mondo, unitevi!
Potremmo riassumere così questa settima puntata di American Horror Story, e andremmo molto, molto vicino alla realtà. Qualcuno ha detto che non bisogna avere paura di essere femministi: in questa puntata scopriamo però che alcune femministe fanno davvero molta, molta paura.
Il personaggio di Bebe è infatti molto di più della risposta femminile al genio manipolatore di Kai: è una donna melliflua, capace di incantare, di attirare le altre donne come un’ape regina, di spingerle all’omicidio, e allo stesso tempo di servire la stessa causa che serve Kai, il potere assoluto. I generi, i ruoli sono irrilevanti, sono specchietti per allodole e tutte ci cascano come mosche attirate dal miele: l’importante è prendersi tutto. Bebe porta avanti il lavoro di Valerie Solanas solo in parte: la sua ambizione è il potere, e non si fa problemi ad allearsi con un uomo per ottenerlo, cosa che Valerie avrebbe probabilmente giudicato una debolezza inaccettabile.
Il femminismo estremizzato e portato all’ossessione di Valerie viene mediato dal “compromesso storico” di Bebe: i tempi sono cambiati, non esistono più i radicali, le lotte si fanno senza sferrare colpi in piena faccia, ma da sotto il tavolo.
Anche mentre ci si tiene per il mignolo. Ma le conseguenze della presa del potere da parte di Bebe sono altrettanto sanguinarie, e questo richiamo a Zodiac è l’ennesimo, graditissimo, Easter Egg.
Frances Conroy domina la puntata, insieme a una Lena Dunham che riesce a catalizzare su di sé l’attenzione del pubblico, quello seriale e quello storico: la sua interpretazione di una delle pensatrici e attiviste più folli, geniali, rivoluzionarie e radicali della storia è sofferta, passionale, vera. Un’interpretazione vissuta fino ai tessuti più profondi dell’anima, una recitazione che in ogni momento ci fa provare sensazioni contrastanti: temiamo questa donna, le sue idee, ma allo stesso tempo proviamo pena per una creatura condannata alla sofferenza. E insieme a lei brilla la stella di Andy Warhol, in bilico tra storia e macchiettismo, interpretato dal solito Evan Peters, del quale ormai non diciamo più nulla perché abbiamo esaurito gli aggettivi per descriverne la bravura.
Il momento della resa dei conti (immaginaria) tra Andy e Valerie rappresenta il succo del patriarcato, lo smacco finale che l’uomo rende alla donna, relegata per sempre a figurare come comparsa nella sua stessa vita.
Non riusciamo ancora a capire il vero gioco di Bebe, ma sappiamo che, a suo modo, sta realizzando il sogno di Valerie, o forse soltanto il suo: avere il potere. E il potere non si divide, di certo non con un uomo. Aspettiamo che la stella di Bebe, la nuova burattinaia, splenda come merita in questa stagione di American Horror Story, per dire chi avrà veramente le redini.
Intanto ringraziamo American Horror Story per averci fatto riscoprire una pagina di storia dimenticata, o forse conosciuta solo a metà; la metà oppressiva, la metà che nasconde, la metà che mena, ma anche la metà che, in questo momento, sanguina più di tutte.