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American Manhunt è una delle migliori docuserie mai viste – La Recensione del nuovo prodotto Netflix

American Manhunt
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Chi vuole fare del male, lo farà. E’ così che American Manhunt, la nuova docuserie Netflix, apre il suo racconto. Un racconto che purtroppo non si caratterizza per immagini montate ad hoc e sceneggiature d’invenzione. Tutto quello che vediamo è reale. E’ stato vissuto, è stato visto, ha scosso i presenti e ha fatto il giro del mondo, segnando l’ennesima data da dimenticare per l’America. Dallo stesso produttore esecutivo di The Night Stalker, American Manhunt è una docuserie divisa in tre episodi che rimette insieme i pezzi di un evento avvenuto in 15 aprile 2013 a Boston. Durante la celebre maratona avvenuta dieci anni fa, due esplosioni hanno infatti mandato nel caos la città, in quel momento distratta da uno degli eventi più famosi e seguiti del paese. Distruggere un evento del genere significava voler derubare Boston della sua identità, volerle far male colpendo il suo punto più importante. La maratona di Boston va avanti infatti dal 1897 e, quasi fin da subito, ha attirato gli atleti più famosi, forti, importanti. Il 15 aprile 2013, però, la maratona non conoscerà alcuna conclusione. Due bombe metteranno in serio pericolo tutti i presenti e non solo facendo perdere la vita a tre persone e ferendone altre 264.

American Manhunt racconta le indagini e le conseguenze di tale evento alternando interviste e dichiarazioni che ci riportano indietro di dieci anni, dimostrandoci l’inesistenza del confine tra oggi e ieri

American Manhunt (640×360)

Divisa in tre episodi, la docuserie procede gradualmente attraverso una narrazione che – in un primo momento – fa spazio al contesto in cui ha avuto luogo la tragedia. Il primo episodio dal titolo Capello bianco, Cappello Nero racconta infatti l’importanza della maratona di Boston facendo spazio ad alcune interviste che riescono a restituirci l’unione di un paese che, durante quel giorno, si sentiva parte della gara insieme ai partecipanti. La seconda parte, dal titolo Il Sogno Americano, ricostruisce la vita dei due attentatori Tamerlan e Dzocher Carnaev, due fratelli per metà ceceni e per metà avari. Il terzo e ultimo episodio Non puoi far parlare un cadavere, in conclusione, indaga su passato più recente del fratello maggiore grazie all’aiuto del giornalista David Filipov.

American Manhunt si dimostra dunque fin da subito una docuserie efficace e curata nei minimi particolari. La divisione in tre parti l’aiuta nell’analizzare anche il più piccolo dettaglio inerente a quel terribile 15 aprile dimostrando quanto ogni cosa, in questi casi, assuma importanza. Da quel giorno sono passati ben 10 anni, ma la città di Boston continua a vivere le conseguenze di quanto accaduto. Non sa dimenticare, non può dimenticare. Quanto accaduto l’ha scossa nel profondo segnandola nel profondo e rendendola vulnerabile. Il dolore di questo ricordo è ancora vivo negli occhi di tutte le persone che, durante le tre puntate, prendono la parola per raccontare le loro sensazioni o le conseguenze.

Persone normali, giornalisti, atleti. Tutti hanno una parola in American Manhunt. Ogni frase è importante e aiuta il telespettatore a ricostruire i fatti rendendolo partecipe soprattutto dal punto di vista emotivo. American Manhunt non è infatti un racconto passivo-oggettivo, ma la ricostruzione di volti che si commuovono, di pianti liberatori che annullano il tempo trascorso e, di colpo, fanno tornare al 2013 tutti i protagonisti di questa brutta pagina americana.

American Manhunt (640×360)

Esistono storie che non importa quando si sono concretizzate, rimarranno comunque ancorate nella memoria di chiunque le abbia vissute. American Manhunt per questo ci ricorda ancora una volta la potenza delle docuserie, delle Serie Tv, del cinema. Ci ricorda che rimettere insieme i pezzi significa dare a una storia la possibilità di aiutare chi l’ha vissuta, ma mai di restituirgli un perché. Come spiega American Manhunt durante la prima parte del suo primo episodio, chi vuole fare del male – semplicemente – lo fa. Non esistono ragioni che tengano, perché, motivazioni. Esiste il male che si concretizza e che si fa spazio tra le strade. A volte lo fa in silenzio, altre volte – come in questa – facendo rumore, ma le sue conseguenze non cambiano. A prescindere dal modo, il male sarà sempre un contratto a lungo termine con le sue conseguenze.

American Manhunt conferma ancora una volta la potenza della piattaforma streaming Netflix nelle docuserie. Sfogliando il catalogo ci renderemo infatti conto che, per quanto riguarda queste produzioni, Netflix ha sbagliato raramente. La maggior parte di queste ha saputo mettere in atto il racconto biografico con ingegno curando nei minimi particolari qualsiasi aspetto. La piattaforma ha così potuto imporsi come una delle migliori in questo senso, e anche questa volta la regola è stata portata avanti con successo. American Manhunt è una delle migliori docuserie mai viste, una di quelle che ti entra dentro e di cui non potrai dimenticarti. Certe cose, una volta viste, ti rimangono addosso. E questo American Manhunt lo sa bene.

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