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Anatomia di uno Scandalo – La Recensione della nuova miniserie britannica di Netflix

anatomia di uno scandalo
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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Anatomia di uno Scandalo

Se state cercando un titolo da guardare nel weekend di Pasqua, Netflix suggerisce la nuovissima Anatomia di uno scandalo, la miniserie tratta dal best seller di Sarah Vaughan, l’omonimo Anatomy of a Scandal. Si tratta di un dramma giudiziario in sei episodi, buono per il binge watching e adatto per un pubblico dal palato non particolarmente fine. La sceneggiatura è di Melissa James Gibson e David E. Kelly, due showrunner che hanno affinato il proprio talento lavorando alla stesura di alcuni episodi di The Americans e House of Cards (Gibson), due colossi della serialità drammatica, e a show dal sapore thriller come Big Little Lies e Nine Perfect Strangers (Kelley). La regia è stata invece affidata a S.J. Clarkson, che ha una lunga esperienza nel campo della televisione, con la direzione di episodi di serie famose come House, Dexter, Succession e Collateral. Buone premesse insomma per una miniserie britannica dalla trama – e dal titolo – piuttosto intrigante.

Siamo a Londra, nel centro nevralgico della gestione del potere. James Whitehouse è un ministro aitante e capace, uomo di fiducia del Premier ed esponente di spicco del partito conservatore dei Tories. La sua carriera, da Oxford in poi, è stata un susseguirsi di successi, vita privata compresa. Sua moglie Sophie gli è sempre stata accanto, fornendogli il sostegno necessario e contribuendo a collaudare l’immagine di famiglia alto borghese ideale. Le cose cambiano però quando viene alla luce la scappatella del ministro con una sua giovane collaboratrice, Olivia Lytton. La relazione segreta tra i due viene scoperta e data in pasto all’opinione pubblica e da lì ha inizio il travaglio di James Whitehouse e di sua moglie.

anatomia di uno scandalo

Anatomia di uno scandalo è il titolo perfetto per una serie che tenta di sviscerare, passo dopo passo, le varie tappe della relazione clandestina tra un uomo influente e la sua giovane collaboratrice.

Lo scandalo si aggrava quando Olivia denuncia James per abuso sessuale. La donna sostiene di essere stata vittima di stupro. Il ministro – è questa l’accusa della ragazza – non avrebbe tenuto conto del mancato consenso, lasciandosi andare a un rapporto sessuale ben oltre i limiti. La notizia deflagra sulla vita pubblica di James Whitehouse con la forza di un vero shock detonante. Parliamo infatti di un ministro – costretto immediatamente alle dimissioni – che finisce alla sbarra per un reato sessuale, commesso per giunta nell’ascensore della Camera dei Comuni, luogo sacro delle Istituzioni britanniche. Gli ingredienti per un intreccio coinvolgente e piccante ci sono tutti e si mescolano tra loro in quello che risulta essere un procedural drama che si divide tra le aule di giustizia e la sfera privata dei coniugi Whitehouse, travolti dallo scandalo e da tutte le sue implicazioni.

Ad accusare in tribunale il ministro è Kate Woodcroft, una giovane donna avvocato dell’accusa che a poco a poco si scoprirà essere un personaggio chiave, non solo perché è colei che deve convincere il giudice della bontà e dall’assoluta veridicità delle accuse mosse da Olivia Lytton, ma perché il suo passato da ex studentessa di Oxford è in qualche modo legato a quello di Sophie, di James Whitehouse e del circolo studentesco dei Libertini, un gruppetto di ricchi viziati e intoccabili cresciuti col mito dell’impunità. Anatomia di uno scandalo è dunque anche una critica sociale mossa nei confronti di quella élite politica allergica all’assunzione di responsabilità: il ministro Whitehouse agisce e si comporta come se tutto gli fosse dovuto, come se le accuse scagliategli contro non potessero mai minimamente scalfirlo.

È tutta una questione di apparenze e di immagine, come testimonia la presenza costante di Joshua McGuire, che interpreta nella serie lo spin doctor del Primo Ministro.

Gli scandali polverizzano le carriere e mettono a nudo le debolezze dell’uomo, schiacciato dal peso delle conseguenze delle proprie azioni. La tensione drammatica dell’intera serie tenta di smascherare quelle debolezze e di penetrare lo strato superficiale di bugie dietro cui ciascuno dei personaggi si nasconde. Le big little lies sembrano essere il grande fulcro attorno a cui ruotano i destini dei personaggi. La capacità di mentire, di dissimulare, produce due realtà parallele che spesso convivono inconsapevolmente, si sovrappongono fino a confondersi del tutto. Il grande cast della miniserie – Sienna Miller nei panni di Sophie, Rupert Friend in quelli di James Whitehouse, Naomi Scott nelle vesti della giovane Olivia Lytton e Michelle Dockery in quelle di Kate Woodcroft – riesce a trasmettere l’ambiguità di fondo che anima ciascun personaggio. I dubbi, le incertezze, i fantasmi del passato prendono forma sui volti degli interpreti, che danno certamente un tocco di qualità in più al prodotto.

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Qualcuno ha azzardato un paragone tra Anatomia di uno scandalo e The Undoing, la miniserie con Hugh Grant e Nicole Kidman che ha proprio David E. Kelley tra i suoi ideatori.

Lo stile è lo stesso, il canovaccio pure. La serie HBO è resa più intrigante dalla presenza di un omicidio, ma l’impostazione di base non è poi così dissimile: c’è una famiglia rispettabile dell’alta borghesia che viene travolta da uno scandalo che ne minerà per sempre le fondamenta insinuando il dubbio nella testa dei suoi protagonisti. C’è da dire però che il risultato di Anatomia di uno scandalo non si avvicina neppure a quello di The Undoing (dove l’assenza di plot twist è il vero plot twist). Mancano grandi colpi di scena, manca un reale approfondimento psicologico – non solo dei protagonisti ma pure della vittima del reato – e alcune scelte registiche lasciano un po’ perplessi. Lo scopo di Clarkson era quello di dare concretezza agli stati d’animo dei suoi personaggi, enfatizzare le sensazioni fino all’estremo, traducendole in scatti nervosi della regia, in investimenti fisici veri e propri e in brevi surreali frangenti che distolgono l’attenzione da una trama invece molto concreta.

I flashback poi disturbano un po’ la visione. Sono frutto di un ricordo sbiadito del passato e come tale la regista vorrebbe riproporli allo spettatore, ma alla lunga l’espediente fallisce il tentativo di accrescere il pathos della narrazione. E anche sulle tappe del processo e le implicazioni personali che ne derivano, siamo ancora lontanissimi dal paragone con The Undoing, che ha invece un ritmo più incalzante e un’impostazione narrativa più conturbante. Anatomia di uno scandalo è una storia meno incisiva, con del buon potenziale ma ancora troppo acerba per sperare di entrare nel cuore degli spettatori. Se però nel weekend di Pasqua volete intrattenervi con una storia stuzzicante e comunque coinvolgente, Anatomia di uno scandalo potrebbe essere una scelta interessante, seppur non la migliore.

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