Il quarto episodio di And Just Like That è il collante perfetto tra l’esordio della serie e il terzo episodio che ci aveva un po’ deluso (qui potete leggere la nostra recensione). Ora tutto sembra trovare una propria collocazione e un proprio equilibrio. Proprio come in Sex and The City, gli autori riescono a bilanciare sapientemente il lato leggero e il lato più profondo e di indagine sociale.
Le storie che si incatenano nel revival sono molteplici e ben variegate. Mentre nel terzo episodio si approfondisce maggiormente la storyline di Che Diaz (Sara Ramirez), nel quarto episodio il focus si sposta sulle nuove amicizie di Carrie, Miranda e Charlotte.
Dopo la decisione di Carrie di vendere l’appartamento che divideva con Mr. Big, entra in scena un nuovo personaggio di And Just Like That: l’agente immobiliare incaricata di vedere la casa dei Preston.
Carrie dopo la notte passata nel suo vecchio appartamento di Manhattan, torna a casa e la ritrova vuota. Quel vuoto è come un colpo ben assestato dritto al cuore. Nel frastuono dei suoi pensieri, per una frazione di secondo era convinta che successivamente all’ondeggiare del suono metallico delle sue chiavi, avrebbe sentito il saluto caloroso del marito, o lo avrebbe semplicemente trovato al suo posto con lo sguardo crucciato nella concentrazione e gli occhiali distrattamente adagiati sul naso. Ma ritrova solo una casa immensa e il vuoto a farla sembrare ancora più immensa.
Così decide che è tempo per lei di cambiare aria, ritornare alla vecchia e accogliente tana di Manhattan. Tra lei e l’agente immobiliare, inoltre, la simpatia è immediata. Una donna di indubbio stile e pragmaticità, una donna per la quale Carrie è solo Carrie, non la vedova di Mr. Big. Eppure i contrasti non tardano ad emergere, sancendo uno dei momenti a mio avviso migliori dell’intera serie vista fin ora.
Nel distratto fluire della vita, ognuno resta strenuamente concentrato sul suo dramma personale, nella fretta, nel vociare, nello stridere del cuore. In questa fretta è facile inciampare in qualche vetro rotto disseminato distrattamente da qualcun altro.
Così, proprio da un vetro rotto, ci rendiamo conto di quanto sia facile ferire qualcuno senza neanche farci caso. Spesso nel nostro parlare o nel nostro agire, dimentichiamo che non siamo a conoscenza della battaglia che la persona che ci è di fronte sta attraversando.
Non sembri molto dispiaciuta. Te ne stai lì seduta tranquilla. “Sostituiamo il vetro, non è un danno così grande, non preoccuparti”
Lui è morto, il vetro è rotto e nessuno può farci più niente. Carrie sembra parlare più a se stessa che alla sua nuova amica. Come se tutto fosse crollato da un momento all’altro ma lei fosse rimasta tranquilla, come se non le importasse o non le dispiacesse.
Così, And Just Like That, riassume la sensazione di immobilismo e impotenza emotiva che spesso ci attanaglia dopo un lutto o una delusione importante.
Tutte quelle volte che per strada perdiamo qualcuno a cui teniamo, perdiamo un’amica o un amico, perdiamo una persona amata. Ogni volta fingiamo che tutto vada bene, ci intimiamo di rimanere lì seduti tranquilli, perché la società vuole che andiamo avanti. Quindi come si affronta il dolore oggi? Forse è proprio questo che And Just Like That vuole trattare, condendo la narrazione con della leggerezza sporadica per indorare la pillola.
Ma l’episodio non si limita solo a questo. Alcune delle altre tematiche affrontate con grande sapienza riguardano la maternità, la famiglia, la posizione della donna e i rimpianti.
A trent’anni la difficoltà consta nella scelta. Quando ci troviamo a un bivio nella nostra vita, ogni scelta è ponderata in modo tale da avere meno rimpianti possibili nel futuro. Per una donna questa scelta è doppiamente pesante, purtroppo. Fin quando la società non si muoverà seguendo un’ottica diversa, alcune donne dovranno ancora scegliere tra una famiglia e una carriera di successo. Tra il tornare in una casa vuota con il successo nella tasca o tornare in una casa piena di voci e di biancheria sporca adagiata in luoghi inappropriati.
Dov’è la felicità? Dov’è quella scintilla che fa avvicinare una vita alla perfezione?
Quella perfezione che diventa un’ossesione di apparenza, come un accessorio da esporre per non mostrare una propria debolezza. Tutto perfetto, tutto in ordine, ma la felicità dove si trova? Una donna è meno perfetta senza figli o più perfetta senza rimpianti?
Così Miranda, ancora una volta miglior personaggio della serie, esplode in un meraviglioso sorriso e ci rivela che la felicità è dove noi vogliamo che sia. Può essere nel pianto di un bambino, in una toga da Giudice o in un caffè al volo preso in quell’angolo sconosciuto di Manhattan. I rimpianti, quelli ci saranno sempre e inevitabilmente, giungono puntuali in coppia con il coraggio di una scelta. L’importante è avere sempre qualche opzione e il solito Cosmopolitan a portata di mano.
In ultimo, impossibile non citare l’addio a Stanford Blatch. Un saluto che a molti potrà sembrare assurdo ma che si incastona perfettamente nella tipologia del personaggio. L’attore Willie Garson, infatti, è venuto tragicamente a mancare, ma a noi fa piacere pensare che il buon Stanford abbia trovato il coraggio di chiudere una valigia e volare verso le meraviglie di Tik Tok e del Giappone.