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And Just Like That – La Recensione del terzo episodio del revival di Sex and The City: la nemesi di Carrie è proprio Carrie

And Just Like That
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And Just Like That ha avuto inizio con due episodi devastanti e sconvolgenti, che abbiamo recensito qui. Come precedentemente affermato, le nostre aspettative sul prosieguo della serie si erano molto innalzate, grazie a due puntate che, seppur inaspettate, erano di buona fattura.

Ormai Sex and The City è un capitolo chiuso, o almeno questo è ciò che ci avevano fatto credere. Il terzo episodio di And Just Like That, invece, sembra fare un grande passo indietro.

And Just Like That
And Just Like That – Natasha

Nonostante avessimo sperato in una evoluzione del personaggio di Carrie, questa si dimostra immatura e impulsiva come ai vecchi tempi. Ognuna di loro si approccia a un nuovo capitolo della vita in maniera diversa, non sempre in maniera corretta, ma comunque con più capacità di discernimento di Carrie.

In questo episodio riemerge un altro personaggio ben noto ai fan di Sex and The City: Natasha. Un personaggio che molti di noi abbiamo detestato, la fantomatica 20something che aveva soffiato Big da sotto il naso di Carrie e che, però, era rimasta particolarmente scottata dalla relazione con quest’ultimo, culminata con un sofferto divorzio a seguito del tradimento proprio con Carrie. Pensavamo che Natasha fosse un capitolo chiuso, invece è proprio il testamento di Big (che a quanto pare si era portato molto avanti con i compiti in fatto di successione testamentaria) a far riemergere Natasha negli incubi di Carrie e di noi spettatori.

Questo avvenimento sarebbe stato un ottimo punto di partenza per dimostrare una crescita di Carrie, ma non è stato così.

And Just Like That – Carrie

Ancora una volta ritoviamo la same old Carrie che arranca soluzioni, si pone domande a cui non trova risposta e si incastra in una serie di gaffe tremende. D’improvviso diventa una stalker senza sosta, che non trova pace finché, fortuitamente, non si ritrova faccia a faccia con il suo nemico numero uno.

Ebbene, proprio questo tête-à-tête fa capire a noi e a lei che la vera nemesi di Carrie è proprio Carrie. L’intensa felicità degli ultimi tempi, infatti, non si è rivelata sufficiente per diluire anni e anni di insicurezze.

Un amore altalenante e autodistruttivo, come quello di Carrie e Big, lascia ferite che faticano a cicatrizzare e, anche quando sono oscurate dalla lucentezza della gioia, non spariscono mai. Come testimoniato dal finale dell’episodio, con Carrie che ritorna a casa nel vecchio appartamento che ha visto scorrere inchiostro, lacrime e sogni. Ma era davvero necessario? O è stato un semplice e goffo tentativo di strizzare l’occhio ai fan incalliti del vecchio Show di HBO?

Qualcosa di nuovo in And Just Like That, invece, lo vediamo sul fronte di Miranda e Charlotte.

And Just Like That
And Just Like That – Miranda

La parola chiave in questo caso è LGBTQ+. Avevano già annunciato da un po’ di tempo che il revival sarebbe stato all’insegna dell’inclusività (qui potete saperne di più). Non a caso il personaggio scelto per sostituire Samantha è un personaggio non binario, che ha un po’ il compito di guidare le tre amiche per la pelle nel magico mondo del gender fluid. L’attrice Sara Ramirez, si cala perfettamente nel personaggio e viene utilizzato il popolare strumento della stand-up comedy per mettere in scena un efficace monologo, che è come uno scossone per tutti coloro che non hanno l’umiltà di avere dei dubbi.

Un discorso che scivola addosso a Carrie, troppo concentrata sulla sua vita per rendersi conto delle difficoltà che stanno affrontando le amiche, ma che è una vera e propria wake up call sia per Miranda che per Charlotte.

La prima, in particolare, si rivela ancora una volta il personaggio migliore di questo revival. Miranda coglie l’incitamento al cambiamento e si lascia trasportare da sentimenti che probabilmente conservava anestetizzati da troppo tempo.

D’altronde, questa sua decisione sembra giustificare il ritratto infausto che i primi episodi riservano al povero Steve. Il quale, neanche sessantenne, viene descritto come un vecchietto decrepito in bilico tra l’apparecchio acustico e la demenza senile. Per non parlare del figlio, che viene lasciato a briglia sciolta ai suoi ormoni.

Dall’altro lato abbiamo Charlotte che si addentra con maggiore profondità nei dubbi e nelle confessioni della figlia.

And Just Like That – Charlotte

Se nei primi episodi si trattava semplicemente di non voler indossare un vestitino, in questo caso si tratta di una vera e propria confessione. “Non mi sento una ragazza“.

Affermazione che in un primo momento lascia Charlotte spiazzata, ma ben presto si rende conto che l’unica cosa importante è l’affetto che prova per sua figlia, indifferentemente dal genere in cui quest’ultima si identifica. Concetto che appare ancora più chiaro dopo lo spettacolo comico.

Tuttavia, il dubbio che emerge, e che non può lasciarci indifferenti, è quello che tutto ruoti troppo intorno al politically correct. Sex and The City non era solo un programma in cui quattro donne parlavano liberamente di sesso. Sex and The City era una piccola rivoluzione sociale, noncurante di ciò che l’etichetta permetteva o meno di dire.

Il confine tra eccesso di politicamente corretto e dissacrazione è veramente molto labile e probabilmente una posizione di equilibrio non c’è. Ormai parlare apertamente di identità di genere, per fortuna, non è più una novità. Ecco perché calcare la mano su alcuni aspetti potrebbe costituire una occasione sprecata. Che se ne parli, ma che se ne parli bene, senza rimanere a galla sulla superficie patinata dell’inclusività, ma scanvando anche a fondo nella discriminazione e nell’incomprensione. Non vogliamo personaggi tristi, vogliamo personaggi veri, e la verità a volte deve squarciare la superficie, non accarezzarla.

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