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Anora, la recensione del miglior film agli Oscar 2025

Anora e Ivan si godono il loro amore

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Anora

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And the Oscar goes to… Anora! Dopo essersi imposta a Cannes, la pellicola di Sean Baker ha trionfato pure gli Oscar, aggiudicandosi ben cinque statuette, tra cui quella più ambita di miglior film (qui potete trovare tutti i vincitori). Un riconoscimento importantissimo per un’opera che risulta molto lontana dai canoni dell’Academy e che ha vissuto un’ascesa solida e stupefacente. A trionfare nella notta degli Oscar è stata anche Mikey Madison, protagonista magnetica e brillante del film. La sua performance è stata un po’ il ritratto dell’intera narrazione, entusiasta e sorprendente, e la sua Anora è un personaggio che ci ha rubato il cuore. Di quelli che rimangono a lungo nell’immaginario collettivo.

Anora è un film che potremmo definire nevrotico. Magnetico e travolgente, catapulta lo spettatore prima in una Cinderella-story e poi in una drammatica odissea nella notte newyorkese. Fino ad arrivare a svelare il suo vero volto: una commedia nera in cui a trionfare è la beffa. In primo piano rimane sempre Ani, con la sua aggressività e una tenerezza che sboccia con l’incedere del dramma. Sullo sfondo c’è una storia d’incoscienza, in cui le scelte avventate rischiano di rivelarsi molto pericolose. E a pagarne lo scotto sono sempre i più “deboli”.

Anora e Ivan a Las Vegas
Credits: Universal Pictures

Tra Cenerentola e Pretty Woman: Anora si prende il mondo

Fin dal primo istante Sean Baker ci proietta nel mondo di Ani, fatto di balli erotici, lap dance e uomini disposti a spendere denaro per assecondare i propri istinti. Anora è una giovane sex-worker, bellissima e molto sicura di sè. La sua vita prende una piega inaspettata quando nel locale dove lavora fa la conoscenza di Ivan, giovane figlio di un oligarca russo con cui Ani intraprende un rapporto lavorativo che va oltre il locale. Il ragazzino perde completamente la testa per Ani, che lo inizia ai piaceri del corpo e dell’amore. Lei fiuta l’affare, ma si affeziona pure sinceramente a quel giovane tanto inesperto quanto entusiasta.

Un po’ Cenerentola, un po’ Pretty Woman, Anora vive il suo sogno sposando Ivan e lasciando, finalmente, il proprio lavoro. Non c’è nulla di squallido, però, nel rapporto che si costruisce tra i due. Come magari potrebbe sembrare a primo acchito. Anzi, più le cose vanno avanti e più si evidenzia la dolcezza della ragazza, che sogna di andare in luna di miele a Disneyland e di vivere la vita di una principessa. Peccato, però, che quella fiaba presto si rivela una tragedia. Tutto crolla quando i genitori di Ivan scoprono il matrimonio del figlio e mandano il proprio uomo di fiducia a prelevarlo, così da andare tutti insieme poi ad annullare queste ‘umilianti ‘nozze.

Un drastico cambio di registro

È davvero impressionante il modo in cui Anora cambia registro da un momento all’altro. L’arrivo degli uomini del padre di Ivan rappresenta la profonda cesura del film, che abbandona il tono sognante e favolistico per abbracciarne uno più cinico e grottesco. Quel lungo urlo di Ani trattenuta sul divano contro la sua volontà è la fotografia migliore di questo passaggio. La narrazione si fa più accelerata. La fisicità cambia registro. Da passionale diventa violenta. I tempi narrativi si restringono e al contempo si fanno molto più frenetici. E la commedia si prende il proprio spazio, esaltandosi curiosamente proprio laddove il dramma inizia a farsi spazio nella storia.

La lunga scena dell’invasione a casa apre la lunga odissea che Ani, Toros, Garnik e Igor intraprendono per rintracciare il fuggitivo Ivan. Le parti più divertenti si collocano tutte in questo spazio, in aperta contrapposizione con quella crescente consapevolezza che il futuro non sorriderà ad Ani. E infatti, una volta arrivati i genitori, la ragazza viene completamente scaricata da Ivan, che accetta le pressioni della madre e invita sua moglie ad annullare quelle nozze. E qui Anora viene travolta dalla consapevolezza di quanta tremenda sia stata quell’illusione di essersi guadagnata una vita da principessa.

Ani nell'emblematico finale del film
Credits: Universal Pictures

Il pianto di Anora

Il finale è probabilmente il momento più emblematico dell’intero film. Dopo aver finalmente annullato il matrimonio, Anora torna a New York con Igor e dopo un’ultima notte nella villa fa ritorno a casa. Prima di scendere dalla macchina, però, la ragazza si concede un momento intimo proprio con quell’uomo che ha continuato a insultare per tutto il tempo trascorso in mezzo. Sembrerebbe un controsenso, ma non lo è affatto. Il sesso è per Ani un’arma, ma è pure una modalità espressiva. Con questo, forse, si aspetta di mostrare gratitudine all’unica persona che, in fin dei conti, l’ha trattata da essere umano, ma non solo.

Con quel rapporto fisico Ani vuole anche sentire qualcosa. Sentire di valere, di meritare, di essere apprezzata. Dalla fuga di Ivan, Ani è stata umiliata e derisa. Ha mantenuto costantemente il proprio atteggiamento di fiera aggressività. Ha difeso la propria indipendenza, non accettando di prendere ordini da chi sfoggiava crudelmente il proprio potere. Il tradimento di Ivan, però, è stato troppo. Abbandonata anche da quel ragazzo per cui Ani si è presa quegli insulti e quelle umiliazioni, da quel figlio di papà viziato che l’ha tratta solo come un “giocattolo”, Ani si è arresa. E nel primo momento di tranquillità è crollata.

Quel pianto in macchina con Ivan rappresenta tutto il dolore che la giovane ha assorbito. Il sangue che ha fatto rapprendere stringendo sempre di più le maglie della propria armatura. Tolta questa, tutta la sofferenza è letteralmente esplosa. E Anora si è sentita finalmente libera di essere debole. Troppo stanca per lottare ancora. In questo pianto c’è il crollo di quella favola che la giovane aveva assaporato. Dell’illusione tragica. Di quella beffarda commedia, nera come la pece, che è stata il suo matrimonio con Ivan.

È un Oscar meritato?

Alla luce del recente trionfo, è impossibile non porsi questa domanda. Anora ha vinto ben cinque statuette, a fronte di sei candidature (un trionfo clamoroso). Una per il montaggio, una per la sceneggiature e poi tre tra le più preziose: miglior regia, miglior attrice protagonista e soprattutto miglior film. E quest’ultimo premio è ovviamente pesantissimo (per quanto anche la vittoria di Mikey Madison ai danni della strafavorita Demi Moore è stata sorprendente).

Al di là dell’ottimo valore di Anora, la sensazione è che la vittoria sia arrivata più per demeriti altrui. Il suicidio di Emilia Perez (qui trovate la nostra recensione) ha sicuramene spalancato le porte del successo, considerando che gli altri competitor, su tutti Conclave (anche in questo caso potete leggere qui la nostra recensione), non possedevano un’incredibile forza. Piccola postilla solo per The Brutalist (anche qui, vi proponiamo la nostra recensione), che sicuramente per valore avrebbe meritato, ma forse è sembrato meno fruibile e abbordabile della pellicola di Baker.

In termini assoluti, quindi, può sembrare un po’ sorprendente la vittoria di Anora. In termini relativi, invece, ci può stare. Nonostante Emilia Perez e The Brutalist, forse, fossero tecnicamente superiori. Anora però arriva in modo diretto. È una storia che risucchia lo spettatore. Lo porta con se nel sogno di Ani. Poi lo trascina in una New York fredda e dissoluta. E infine lo abbandona, sotto la pioggia, in una vecchia auto, a piangere con uno sconosciuto. La forza di Anora sta nella sua splendida protagonista e in una narrazione che gestisce sapientemente ritmi e tonalità. Che gioca con la commedia e col dramma. Che corre, corre, solo per arrivare a colpire più forte.

Anora è un film che rimane. Resta l’esperienza, le percezione sottocutanea di ciò che si è vissuto, più che visto. Rimane il candido entusiasmo di Ani. L’emozione, la passione, e poi la tenace resistenza al potere altrui. La testa alta di fronte alle umiliazioni. La voglia di combattere, e di continuare a farlo quando ogni colpo sembra ormai inutile. Resta una ragazza che aveva trovato la propria corona, solo per vedersela portare via. Una ragazza che ha assaporato il proprio sogno, solo per vederlo crollare in una dolorosa illusione. Resta Ani, che con la sua tenacia ci ha fatti follemente innamorare.

Ecco un altro film che ha fatto molto parlare di sé agli Oscar 2025: The Brutalist – La Recensione: il (falso) “sogno americano” nel film rivelazione dell’anno