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Army of the Dead: la recensione del nuovo film di Zack Snyder

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Zack Snyder è tornato sugli schermi con un nuovo film di produzione Netflix – Army Of The Dead – e i fan che lo stavano aspettando con ansia adesso stanno cercando di capire cosa sia successo davvero al loro regista del cuore. Perché – senza girarci troppo intorno – è inevitabile che questo film non sia davvero in pieno spirito Snydersiano.

Tutto ruota attorno a una tragica apocalisse zombie che uccide totalmente la citta di Las Vegas, rendendola non altro che una città fantasma. Il virus che si è diffuso sembra avere una solo possibilità: che il governo americano sganci la bomba atomica. Nel frattempo – in mezzo a tutto questo caos – si sviluppa una sotto trama che ricopre un ruolo preponderante: Scott Ward – uomo preceduto dalla sua reputazione per aver combattuto varie guerre contro gli zombie – lavora in un fast food lontano da ogni tipo di delirio o follia passata, ma le cose cambiano quasi immediatamente ridandogli la possibilità di scendere in un nuovo campo di battaglia: il boss Bly Tanaka gli propone un affare che potrebbe cambiargli la vita. In un casinò abbandonato ci sono 20 milioni di dollari. Accettare questa offerta significa a tutti gli effetti fare un colpaccio, e così Ward accetta con la consapevolezza che raggiungere l’obiettivo non sarà semplice. Ha solo 72 ore, una città devastata dagli zombie da attraversare e molti ostacoli da aggirare. Nulla, nonostante questo, riesce a fermarlo e così parte ufficialmente la narrazione.

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Zack Snyder sembra aver scritto la sceneggiatura del film dopo una marona de La Casa Di Carta, e questo risulta tangibile quasi immediatamente durante la visione del film. Lo scenario della banda che cerca in tutti i modi di riuscire nel proprio obiettivo ci riporta dritti alla Zecca di Stato e ci fa rivivere diverse personalità già viste, anche se in questo caso spesso peccano di superficialità. Non può, infatti, essere considerata degna di nota la sceneggiatura e la corposità dei personaggi: tutti mancano di costruzione e ognuno – in un modo o nell’altro – sembra pronto a essere l’anello debole, eccetto il protagonista. Se accadesse loro qualcosa durante le due ore e mezza, per noi andrebbe più che bene perché di base non li conosciamo, non ci siamo affezionati e ciò che abbiamo di fronte non riesce a imporsi come fondamentale. La storia, in questo senso, sembra dipendere soltanto da Scott Ward, e questo – in un cast così vario – non è perdonabile.

Quello che abbiamo di fronte riesce a discostarsi da quello a cui siamo abituati in fatto di zombie, un genere che – negli anni – ha collezionato sempre più pellicole e Serie Tv.

Avete presente gli zombie di The Walking Dead? All’interno della storia i nemici della serie erano solo dei morti viventi che si trascinavano con l’unico istinto di uccidere i superstiti. In Army Of The Dead le cose cambiano totalmente dandoci in pasto un racconto che snatura tutta l’essenza degli zombie dipingendoli come delle creature intelligenti, furbe e pronte all’attacco. Come se non bastasse, Snyder mette in scena una vera e propria gerarchia: gli zombie presenti nella pellicola, infatti, sono degli abili organizzatori che non lasciano al caso proprio nulla, neanche la loro posizione sociale.

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Questo cambiamento inevitabilmente – come anticipato – snatura l’essenza di ciò che abbiamo sempre visto e non riesce a conquistare la posizione di originalità, ma solo di tentativo fallito. Chi ama questo genere non riuscirà – presumibilmente – ad ammirare particolarmente il lavoro del regista perché vedrà in lui la forzatura di tirare fuori una storia condita che ha l’unica pretesa di essere originale, e pretendere questo non significa – purtroppo – metterlo in atto. Le storie personali della banda non sono forti abbastanza e peccano di una costruzione che non trova il tempo di arrivare al suo apice. Gli zombie sono la parte predominante e il piano dei 20 milioni lo è allo stesso modo, ed è così che – nonostante le due ore e mezza – la parte individuale dei personaggi e dei loro rapporti fa fatica a stare al passo delle altre due tematiche non trovando davvero un proprio spazio predominante all’interno della trama.

Nonostante l’idea, Army Of The Dead non riesce a convincere. Forse il vero problema sta nella modalità con cui ha preteso di piacere fin dalle prime scene regalandoci un musical di cui – probabilmente – la maggior parte di noi non aveva bisogno.

Anche in questo caso siamo di fronte all’ennesima forzatura da parte di Snyder: decide di creare un mix di stili e generi in cui gli zombie diventano dei protagonisti. Proprio per questo – probabilmente – la necessità di renderli più umani si è fatta forte alle orecchie del regista: era doveroso dar vita a uno sfondo che comprendesse più stili per rendere tutto più addomesticabile, spazioso, libero. Eppure – questa libertà di Snyder – impedisce al film di crearsi una vera e propria identità. La varietà va bene, ma va equilibrata e qui tutto questo non sussiste: esiste soltanto un’accozzaglia di generi e spezzoni che cercano di formare un storia.

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In conclusione possiamo affermare senza troppa paura di sbagliare che Snyder ha provato a fare una grande opera che potesse stare al passo dei suoi precedenti lavori, ma il percorso per farlo era – purtroppo – sbagliato già dalla partenza.

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