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Ascolta i fiori dimenticati 1×01, 1×02 e 1×03 – La Recensione: la calendula o del dolore

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E venne il giorno in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo divenne più doloroso del rischio di sbocciare.

I fiori hanno un linguaggio tutto loro, un linguaggio segreto che sono lieti di condividere per chi ha orecchie tanto gentili da sapere ascoltare, come quelle della piccola Alice Hart. Ascolta i fiori dimenticati è la nuova miniserie di Amazon Prime Video – i cui primi tre episodi sono già disponibili sulla piattaforma – basata sull’omonimo romanzo della scrittrice australiana Holly Ringland e adattata per il piccolo schermo da Sarah Lambert. Ascolta i fiori dimenticati (The Lost Flowers of Alice Hart in originale), come i fiori di cui porta il titolo, è un prodotto delicato ma intenso, capace di lasciare lo spettatore incantato e sgomento insieme. Un privilegio che non rimane quindi riservato, come spesso e volentieri si tende a pensare, per forza solo a produzioni ad altissimo budget.

Alice Hart è una bambina di nove anni che vive in Australia insieme al padre e alla madre incinta in una fattoria, lontano dalla città. Le sue giornate, apparentemente piene di gioia e amore, nascondono un’angoscia sottile e una violenza di cui sono vittima sia lei che la madre Agnes. Un giorno tutto cambia, quando un incendio distrugge la casa e uccide i suoi genitori. La piccola Alice è costretta dunque a trasferirsi dalla nonna June, una donna schiva e burbera che non aveva mai conosciuto prima e che custodisce numerosi segreti.

ATTENZIONE! La recensione che segue contiene SPOILER, se non avete ancora visto i primi tre episodi di Ascolta i fiori dimenticati, vi consigliamo di non proseguire.

Alice e Agnes Hart (640×347)

Quella di Ascolta i fiori dimenticati è la storia di una bambina, il cui sconfinato e ingenuo amore per il padre non basta a celarne la mostruosità. È la storia di Agnes che fugge per amore e nell’amore riversa ogni speranza e sogno per il futuro, salvo poi vederseli calpestati uno a uno come erbacce su un prato. È la storia di June Hart e della altre donne che vivono a Thornfield, al sicuro da un passato di violenza e pronte a tornare alla vita. In fondo, è la storia di molte, troppe donne che vivono al di fuori del piccolo schermo e che sanno, fin troppo bene, quanto la realtà possa essere peggio della finzione.

Attraverso gli occhi innocenti di Alice, la cui infanzia le è stata strappata via, scopriamo man mano la società matriarcale che June Hart ha costruito insieme all’amica e compagna Twig. Un giardino dell’Eden senza uomini o serpenti, in cui il connubio donna-natura è più forte che mai. Alla madre terra, le donne di Thornfield dedicano tutte le loro lacrime e il loro sangue, come attraverso un silenzioso rito catartico privo però di qualsiasi forma di violenza. La terra è una mamma generosa, pronta a riaccogliere nel proprio grembo tutte le figlie che si sono perse e a tenerle al sicuro nel suo caldo abbraccio. Una natura benefica quindi (e il buon Leopardi avrebbe forse da ridire) molto più vicina al folklore celtico e all’immaginario delle wicca, le streghe buone.

Alice e June Hart (640×328)

Il folklore gioca una parte silenziosa ma rilevante all’interno della narrazione dello show. Dalla leggenda della Selkie, metafora fantastica per raccontare la storia della madre Agnes, fino al mito della Fenice, il cui fuoco purificatore è, molto probabilmente, non dissimile da quello appiccato da Alice. Un fuoco che le scorre dentro e il cui potere distruttivo chiude il terzo episodio, mentre ci domandiamo quanti tratti caratteriali la piccola Alice abbia ereditato dal padre Clem.

C’è stato un tempo in cui gli uomini e la natura erano in stretta connessione fra loro, l’essere umano osservava il cielo e gli alberi cercando un segno della presenza divina. La foresta assumeva un’importanza capitale nelle società primitive non solo per un motivo pratico, in quanto fonte di protezione e nutrimento, ma anche per un motivo religioso; gli alberi erano infatti considerati i tramiti tra il mondo divino, in alto nel cielo, mondo degli uomini sulla terra, e quello dell’oltretomba, giù negli Inferi. Di quella connessione, oggi, purtroppo, è rimasto ben poco ed è così che la città diventa sempre più metafora di progresso e maschile, mentre al suo opposto il giardino/bosco è il luogo dell’antico e del femminile. Driadi del ventunesimo secolo, le donne di Thornfield sono sfuggite alla città/uomo per ricongiungersi con le loro sorelle e con il posto a cui sentono di appartenere davvero.

Lo show riesce delicatamente a raccontare questa fiaba moderna, oscura come solo quelle dei Grimm sapevano essere ma ammantata anche di una luce soffusa di speranza e nuovi inizi.

Ascolta i fiori dimenticati
Sigourney Weaver (640×427)

Il simbolismo dei fiori – che riecheggia continuamente nella narrazione – si intreccia alla storia generazionale e tutta al femminile ai cui estremi troviamo Alice e June Hart. Il lutto di Alice, persa nel Paese delle Meraviglie e senza più una voce per esprimere il proprio dolore, si accompagna all’apparente freddezza di June, una donna logorata dalla lotta e dai segreti. La prima è dunque un bocciolo carico di aspettative e attesa, la seconda un giunco che si piega ma non si spezza mai. Un’immensa Sigourney Weaver dona tridimensionalità all’Eva per eccellenza, anzi forse sarebbe più corretto dire alla Lilith, prima vera sposa di Adamo e da lui rinnegata. Ma la colpa più grande di June è quella di aver generato e cresciuto un uomo violento, lo stesso tipo di uomo dal quale ha sempre cercato di proteggersi e di proteggere altre donne come lei. Questo crimine biblico pesa sul suo cuore rendendo il personaggio, se possibile, ancora più complesso e tragico.

Come tragico è l’amore che Alice prova per il padre, nonostante il dolore e le percosse. Un tipo di tossicità che solo chi l’ha vissuto può comprendere appieno e che gli altri non dovrebbero avere la presunzione di capire. Si dovrebbe, piuttosto, rimanere fermi ad ascoltare. Con il cuore colmo e la mente aperta a cogliere i significati che i fiori recisi sono disposti a lasciarsi dietro.