Attack on Titan 4 vi farà provare tanto odio, ansia e orgoglio nei confronti di personaggi vecchi e nuovi. Come sempre, procuratevi una scatola di fazzoletti e preparate il vostro cuore perché le lacrime e le fitte di dolore saranno tante e non risparmieranno nessuno del pubblico. Le 16 puntate che compongono la prima parte di quest’ultima stagione sono finalmente approdate su Netflix il 15 agosto, pronte a trasportarci in uno dei mondi più temuti dell’universo anime. Questa volta il sipario si alza su Marley, quattro anni dopo gli scontri avvenuti su Paradis, mostrandoci la realtà ingiusta e crudele in cui Reiner, Annie e Berthold sono stati cresciuti. Marley appare come una macchina pronta a divorare l’infanzia dei bambini eldiani, trasformati anno dopo anno in giovani cadetti pronti a dare la vita o a uccidere per una causa che li considera dei mostri. Un ruolo fondamentale in questa condanna dell’infanzia lo assumono gli adulti eldiani, genitori e comandanti, che procreano nella speranza che i loro figli salvino la vita alla famiglia diventando “Marleyani onorari”. Anche nelle stagioni precedenti il tema dei soldati bambini aveva caratterizzato la narrazione della storia, tuttavia in Attack on Titan 4 sembra che Hajime Isayama (ecco cosa l’autore farà dopo la fine del manga) abbia voluto calcare la mano su questo tema attraverso la storia di Gabi e Falco che strategicamente si alterna a quella dei giovani Reiner, Annie, Berthold, Porko, Marcel e Zeke. Tutti loro sono accumunati dalla stessa società razzista che li ha condannati e sfruttati a vivere come marionette per uno Stato di guerra e terrore che vuole discriminare, uccidere e tenere incatenati tutti.
È la sigla di Attack on Titan 4 che, prima di ogni altra scena dell’anime, rende evidenti i sottili riferimenti alla mentalità dell’esercito e della società del terzo Reich.
Le immagini della marcia dei militari, delle esplosioni, dei lavaggi del cervello, degli esperimenti e del terrore che porta persino al tradimento della propria famiglia – ed è qui che il pensiero va a Zeke Jeager – si susseguono in una sigla priva di colori eccezion fatta per il fuoco, il fumo e il sangue provocati dalle armi e dagli attacchi degli uomini e dei giganti. Ogni terra e essere umano nella sigla viene spazzato via per mano della guerra, anticipazione di ciò a cui assistiamo guardando i 16 episodi. La distruzione delle mura, delle navi e degli uomini nella sigla di Attack on Titan 4 diventa simbolo di come ogni cosa esistente nel passato della storia sia ormai impossibile da recuperare o salvare perché la linea è stata oltrepassata da entrambe le fazioni e ciò a cui si può approdare è solo lo scontro definitivo. Portavoce di questa visione così disillusa e rancorosa nella stagione finale è il protagonista Eren Jeager (ben diverso Erwin), la cui evoluzione – o degenerazione – nel corso delle 75 puntate dimostra che gli eventi traumatici e sanguinari non siano solo spettacolo ma incidano direttamente sulla psiche dei personaggi concorrendo alla realizzazione di un mondo realistico nelle sue dinamiche, nonostante l’elemento fantastico rappresentato dai giganti.
Simili dettagli legati al world building, alle citazioni storiche e ai singoli personaggi li ritroviamo in ogni dialogo di Attack on Titan 4, che convince sempre di più il pubblico della sua validità puntando anche sull’approfondimento di figure che nelle stagioni precedenti bisognava considerare semplicemente mostruose e cattive. Si tratta di Zeke e Reiner, volti nemici ben più complessi e spezzati dagli eventi personali di quanto di pensi. Anche loro nella storia sono dei vinti, sconfitti dalla realtà bellica in cui sono nati e dai genitori che hanno determinato il macabro ruolo che ricoprono nella storia. Entrambi sono nati come bambini marionetta che portano sulle spalle il peso dell’egoismo e della paura dei propri cari. In questo strategico alternarsi tra presente e passato gli episodi della stagione finale rivelano quanto il destino di tutti i personaggi sia tristemente simile e – apparentemente – senza via d’uscita.
In Attack on Titan 4 la narrazione stupisce e fa riflettere rivelandosi uno dei punti forti di questa stagione.
La scelta narrativa di mostrare nelle prime puntate la quotidianità vissuta a Marley dai giovani soldati cadetti è vincente perché permette un cambio di punto di vista interessante e necessario al raggiungimento della consapevolezza di questo arco narrativo: demoni siamo tutti.
Al di là del mare o dentro le mura […] siamo tutti uguali.
Eren Jeager
Che siano mossi dalla paura, da deliri di potere o da desideri di vendetta, gli attori principali della storia – marleyani e eldiani – hanno ucciso colpevoli e innocenti dimostrandosi incapaci di porre fine a tali sofferenze per decenni. Ad avvalorare questa visione espressa dalle parole di Eren vi è una scena tra Gabi e Sasha (il cui destino è tra i più struggenti) che – forse più di altre – dimostra quanto studiata e ben fatta sia la regia di Attack on Titan 4. Poco prima che la squadra di ricerca si ritiri nella 4×06, attraverso gli occhi di Gabi – giovane cadetta eldiana addestrata per uccidere i demoni sull’isola – vediamo Sasha uccidere due guardie innocenti che tentavano solo di proteggere la cuginetta di Reiner. Per un istante l’affabile, affamata e divertente Sasha assume un volto totalmente diverso, più cupo, impenetrabile e che in molti altri casi avremmo definito “da villain”. In quel momento ci chiediamo chi sia davvero quella figura sul tetto perché quando la regia narra gli eventi attraverso gli occhi di Gabi tutti i vecchi protagonisti non appaiono più solo delle vittime ma anche dei carnefici – basti pensare alla riflessione espressa da Armin dopo aver distrutto il porto di Marley.
Ma ecco che nel panico generale la regia cambia ancora e con essa il punto di vista narrativo che torna nelle mani di Sasha e degli altri ricordandoci chi fossero i personaggi che avevamo lasciato sulla riva del mare nel finale della terza stagione. Il fatto che questo capitolo finale si fondi più degli altri su costanti cambi di prospettiva conferisce alla stagione un valore decisamente positivo. Certamente uno degli scopi di questa struttura narrativa è confonderci causando ogni volta dei dubbi, infatti non è certo casuale se uno dei dubbi principali riguarda il perché celato dietro l’orribile comportamento di Eren verso i suoi compagni. Tutto ciò provoca adrenalina e ci esalta dimostrando quanto valga la pena guardare l’ultimo capitolo di questa storia tanto drammatica.
Nonostante gli aspetti positivi che caratterizzano Attack on Titan 4, non possiamo dire che sia un anime perfetto.
Paradossalmente sembra che il team d’animazione si sia concentrato esclusivamente sulle scene di combattimento dimenticando di applicare la stessa cura anche a tutte le altre di dialogo o di transizione. È impossibile ignorare quanto i movimenti dei personaggi siano meno fluidi quando camminano e gesticolano. I frame al secondo non sono abbastanza e questo causa delle scene in cui tutti si muovono palesemente a scatti ricordando un’animazione in stile anni ‘80 e ‘90 che ormai dovrebbe essere più che sorpassata. Inoltre i contorni doppi e ben definiti del disegno che erano diventati un segno di riconoscimento dell’anime, in questa stagione scompaiono in favore di un line art meno caratteristico e più caotico e deforme. Si può dire che se solo avessero curato questo aspetto fondamentale la prima parte di Attack on Titan 4 avrebbe ottenuto un 9/10, invece scende a un 8/10. Nonostante questo grande difetto, la storia è costruita talmente bene da fare in modo che la nostra curiosità e le nostre emozioni vadano oltre questa animazione che tuttavia raggiunge comunque la sufficienza. Adesso non ci resta che attendere l’inverno per la seconda e ultima parte di questa travolgente storia.