ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Baby Bandito, la serie Netflix sulla rapina del secolo in Cile.
“El Niño de oro”, il bambino extralusso, lo skater diventato milionario, il baby bandito: quando i giornali hanno provato a raccontare un fatto di cronaca realmente accaduto, appena qualche anno fa, hanno attinto da alcuni di questi epiteti per fare riferimento al protagonista indiscusso dei trafiletti di cronaca di quei giorni, Kevin Sepúlveda. Era il 2014 e in Cile era stato appena assaltato un portavalori con 11 milioni di dollari: un colpo da maestro, un trick da prestigiatori che ha avuto subito una vastissima eco mediatica. Se ne parlò tantissimo in patria, ma i riflessi e le conseguenze di quel colpo non tardarono a propagarsi anche oltre confine, giungendo fino in Europa, dove il destino di Kevin conobbe un drammatico punto di svolta. Forse non tutti ricorderanno i dettagli di quella rapina, ma Netflix ha colto la palla al balzo per costruirci sopra una serie tv, a dieci anni di distanza dai fatti. A dar credito alle serie tv, questo secolo dovrebbe essere quello delle grandi rapine e dei geni criminali. Spulciando i cataloghi delle varie piattaforme, salta subito all’occhio che l’offerta di titoli del genere heist è ormai una prerogativa ineliminabile. Netflix, in particolare, prima e dopo lo strabiliante successo de La Casa de Papel, ha proceduto a rimpinzare il proprio ventaglio di proposte in maniera quasi ossessiva (Caleidoscopio, Lupin, La rapina del secolo, Il codice del crimine, Rapinatori, Hasta el cielo sono alcuni dei titoli disponibili sul versante delle serie, ma tantissimi sono anche i film dello stesso genere). Gli heist movie le serie tv basate sulle rapine mantengono dopotutto inalterato il loro fascino e tornano periodicamente di moda. Anche l’Italia ha provato a darsi un esemplare del genere, purtroppo con scarso successo. Everybody Loves Diamonds, la serie con Kim Rossi Stuart di Amazon Prime basata su una famosa rapina di diamanti ad Anversa, non è esattamente un diamante che brilla, ma l’interesse delle case di produzione (anche made in Italy) nello sfornare sistematicamente prodotti di questo genere, la dice lunga sullo stato di salute degli heist show.
In questo 2024, Netflix è tornata sul tema e, dopo aver lanciato Berlino alla fine dell’anno, ci ha riprovato con Baby Bandito, la serie cilena disponibile dal 31 gennaio sulla piattaforma.
Si tratta, neanche a dirlo, del racconto del “colpo del secolo”. L’ennesimo. Nel 2014, a Santiago del Cile, una banda di criminali male assortita prese d’assalto un portavalori nei pressi dell’aeroporto. Il bottino era di circa 11 milioni di dollari, una cifra impressionante per l’opinione pubblica cilena, che infatti continuò a parlarne per mesi, cercando di capire come si fossero mossi gli ideatori del colpo. I fatti raccontati da Baby Bandito sono fatti realmente accaduti. I rapinatori fecero perdere le loro tracce subito dopo il colpo. Polverizzati, spariti senza lasciar traccia. La caccia all’uomo che ne seguì è durata due anni, tra controlli incrociati, indagini che arrancavano e testimonianze di presunti complici. Nel 2016, a Barcellona, nel cuore dell’Europa, Kevin Sepúlveda venne fermato dalla polizia e arrestato. Estradato in Cile, il baby bandito dovette scontare alcuni anni di carcere, prima di tornare libero e riprovarci ancora una volta, stavolta con scarso successo. Il racconto della rapina ha subito fatto drizzare le antennine di Netflix, che ha deciso di investire nel progetto seguendo una tendenza del momento. La serie che ne è venuta fuori è solo l’ultima di una ormai lunghissima schiera di prodotti simili. Meno intricata di Caleidoscopio, meno coinvolgente de La Casa de Papel, Baby Bandito si affianca ad altri titoli del genere lasciando la sua impronta teen. Una traccia piccolissima, quasi insignificante, che non aggiunge nulla a quanto già visto dagli utenti di Netflix (e non), ma che conquisterà la sua schiera di fan. Baby Bandito sembra rivolgersi principalmente al pubblico adolescenziale, forse quello che potrà apprezzarla più di tutti. Il protagonista è un ventiduenne con la faccia da bambino (Nicolás Contreras), povero e ansioso di riscatto. Ha una famiglia disfunzionale alle spalle, problemi a inserirsi nel contesto sociale, una ragazza di cui è innamorato e un migliore amico che lo asseconda in tutto. La serie Netflix punta molto sul trascinare lo spettatore nella sfera personale del protagonista, rendendolo partecipe delle sue liti amorose, dei contrasti con i suoi amici, dei problemi di famiglia e così via.
La serie cilena potrebbe definirsi a tutti gli effetti un teen drama a sfondo heist, ma l’intento dei suoi autori è quello di dire qualcosa in più.
Attuale nelle tematiche trattate, Baby Bandito prova a sorvolare il disagio sociale vissuto dagli strati meno abbienti della popolazione cilena. Le opportunità precluse ai ragazzi, la pervasività della piccola criminalità, il fascino delle armi e dell’illegalità hanno una forte presa su quelle giovani generazioni che non trovano nella società risposte ai loro bisogni. La critica sociale è appena accennata in Baby Bandito, ma gli autori scelgono di planarci su senza mai approfondire. Perché l’intento primario della serie Netflix resta quello di divertire il pubblico. Al ritmo di musica latina, lo show cileno va avanti tra sequenze d’azione e dialoghi da teen drama. Lo spessore della serie non è quello del grande titolo di qualità, ma non crediamo fosse questa l’intenzione di base degli autori. Lo show non dice nulla di nuovo rispetto ai titoli concorrenti. Al contrario, sembra adagiarsi su modelli già preconfezionati e insistere su quelli. Paradossalmente, anche la parte relativa all’organizzazione della rapina è molto scarna ed eccessivamente sintetica: Kevin e la sua banda rubano un piano già predisposto da un altro gruppo di criminali e incredibilmente il colpo gli riesce. Ma nessuna palpitante spiegazione in stile Professore de La Casa de Papel accompagna l’illustrazione del piano. Sono le vicende secondarie – le relazioni interpersonali, la love story tra il protagonista e la sua ragazza, il rapporto di amicizia tra Kevin e il suo migliore amico, il legame con la madre e il rapporto travagliato con il padre – ad avere maggiore spazio, contando forse sull’apprezzamento del pubblico più giovane. Una serie ben ritmata, molto colorata, stilosa, con un’andatura spedita, alcune scene d’azione ben costruite e una grossa pennellata di teen drama moderno ad ammorbidirne gli appetiti crime: Baby Bandito è una serie che non resterà impressa nella memoria degli utenti Netflix – neanche in quella degli appassionati del genere heist -, ma poco importa. Agli autori forse bastava una breve capatina nella Top10 dei titoli più visti e nulla di più.