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Better Call Saul – 4×01: Saul Goodman, l’ombra, l’eco e il ricordo

Better Call Saul
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Noi tre siamo tutti da soli, a vivere in un ricordo: la mia eco, la mia ombra e me.

We Three (My Echo, My Shadow, and Me) è una canzone del 1939. Nostalgica, sconsolata e di un’eleganza mostruosa, come quasi ogni cosa in quei lontani anni ’40. Il brano, forse del tutto involontariamente, pone il suo protagonista di fronte a una scissione interiore senza scampo. Consapevole è invece l’uso che ne fa Gilligan in apertura di questa attesissima stagione di Better Call Saul. “Noi tre”, l’uno e trino di BCS, non può che essere lui. Non può che essere Jimmy, che diventa Saul e sarà infine Gene. Il mio eco, la mia ombra e me. Ma dei tre qual è la parte più autentica? Tutto dipende irrimediabilmente dal tempo del racconto.

Il consueto bianco e nero che introduce questa 4×01 è il tempo della nostalgia. Il tempo del compiuto. In questo momento l’eco di Gene non può che essere Jimmy, il riflesso di un uomo che fu. L’ombra, quell’oscura presenza che pure si riflette ancora e che mai può lasciare il nostro amato protagonista è allora Saul. Di Saul non c’è altro che il ricordo di un passato che non tornerà. L’ombra che si proietta nera su una figura – Gene, l’Io – che è grigia, insignificante.Better Call Saul

Il bianco e nero, il grigiore di una vita vissuta in un anonimato sia esteriore (sotto falso nome) sia interiore (il lavoro insulso e il carattere remissivo di Gene) si concretizza a inizio episodio. E la sigla lo ribadisce una volta di più. Già, perché i più attenti avranno notato i piccoli cambiamenti di stagione in stagione nell’intro di Better Call Saul. Una sola costante: l’aumento delle interferenze in bianco e nero. Quel bianco e nero che sancirà il passaggio per Jimmy al suo triste futuro che ora più che mai sentiamo così vicino.

In quel futuro, nel suo futuro, Jimmy non è altro che l’ombra di se stesso. Lo stanco riflesso del Saul che fu. Il cambiamento interiore è espresso anche esteriormente secondo una iconografia che Gilligan ripete ossessivamente. Occhiali datati, folti baffi e atteggiamento arrendevole. È lo stile di Walter White, del professore e padre di famiglia che sviene al sedicesimo minuto del pilot di Breaking Bad. Uno svenimento che sancirà un radicale cambiamento nella vita dell’uomo.

Quello di Walt è un percorso verso un decadimento morale irreversibile che significa però anche riscoperta della sua più perversa e profonda essenza. Perché c’è più autenticità in Heisenberg che in Walt. L’ombra di Heisenberg diventa sostanza, “Io” più profondo, e di Walt non rimane che un’eco riecheggiata in quelle continue giustificazioni che tenta di dare a se stesso e agli altri (“L’ho fatto per voi”, rivolto a Skyler). Jimmy invece compie un percorso inverso. In quello svenimento c’è già l’arrendevolezza del fallimento, la regressione verso la maschera di se stesso.Better Call Saul

Anche in questo caso Saul rappresenta l’essenza di Jim McGill. Come più volte ribadito nelle recensioni della terza stagione, il protagonista di Better Call Saul sente di essere realmente se stesso solo quando si comporta da Saul. L’ululato, il grido di battaglia di Slippin’ Jimmy, esprime un’interiorità ancestrale, un’essenza feroce ma autentica. Quando ha provato a sottrarsi a questa sua natura, ha fallito irrimediabilmente.

Ne è stato esempio palese l’esperienza nel prestigioso ruolo di associato alla Davis & Main. Jimmy non si era riconosciuto in quel mondo (2×06) e aveva fatto di tutto per riuscire a sottrarvisi. Aveva preferito la sua vecchia e rattoppata auto all’elegante berlina aziendale. Il buio e polveroso stanzino nel nail salon all’asettica vacuità di una villetta indipendente.

Sottili frammenti inceneriti brandiscono l’aria mentre Jim dorme sereno. Chuck non c’è più, Saul non lo sa. Eppure in quella quotidianità tranquilla sembra quasi esserci un inconscio senso di sollievo e serenità. Quella che più volte ha ribadito essere “la sua croce”, l’ancora che lo teneva legato a una morale mai realmente sentita sua, non c’è più. Chuck non c’è più. Con lui viene meno il bisogno di Jimmy di sentirsi all’altezza.

Chuck se ne va sulle note della Sicilienne di Fauré, quella melodia che nella 2×02 aveva provato a suonare al pianoforte accompagnato dallo spartito della ex moglie Rebecca, la donna emblema del suo fallimento umano e sentimentale. Non poté suonarla in vita quell’intimissima, nostalgica sinfonia. A lui austero, rigido e arido tutore della Legge non fu concesso. Pare suonarla ora, suscitando finalmente un’emozione. Rendendola viva nel ricordo di sé. In Rebecca che piange disperata al funerale.Better Call Saul

Durante la passerella formale di facce un tempo ostili e ciniche Jimmy non si scompone, è lontano con la mente. L’immagine di Chuck è ormai sfocata, nebulosa. Non lo sa, ma morirà anche lui. O almeno lo farà una parte di sé. In un modo molto diverso dal fratello, e accompagnato da una musica molto meno classica seppur elegante. Per certi versi antiquata. Chuck vivrà nel ricordo dell’immagine che ha costruito di sé, in quella pletora di appellativi vuoti che Howard incolonna uno dopo l’altro. Ma di Jim non rimarrà nulla. Sarà eco e ombra di sé, fantasma di quello che fu.

Ombra in questo episodio di Better Call Saul è anche lo stesso Howard, piegato su un marciapiede, schiacciato dal peso della colpa (“Quello che ha fatto è solo per causa mia”). Le vesti inusualmente spiegazzate, le lacrime agli occhi. La sua figura fa da contrasto con Jimmy, quasi sorridente e sereno mentre dà da mangiare al suo pesciolino e fischietta preparando il caffè. La sua quotidianità sembra non essere stata violata dal tragico evento.

In lui c’è da un lato una negazione del lutto, il rifiuto di accettare quanto accaduto e vivere col “peso della croce”. Dall’altro lato c’è però una sincera liberazione. Il sottrarsi agli angusti dettami etici del fratello. Ora può finalmente essere se stesso. Ora può essere Saul Goodman. Non a caso torna lo Zafiro Añejo, la rara (quanto fittizia) tequila già apparsa nel primo episodio della seconda stagione e nella 3×09. In entrambe le circostanze Jimmy festeggiava con Kim due truffe ben riuscite. La bevanda sembra allora esprimere una gioia perversa, quella di Saul. La stessa gioia perversa che ora invade Jimmy.Better Call Saul

In quel pesciolino che compare già nella 3×05, allora boccheggiante e ora amorevolmente curato, c’è il surrogato di Chuck. Il surrogato di un affetto che il fratello non ha accettato e non ha saputo donare. Intrappolato in una boccia, come Chuck prigioniero nella sua stessa casa, il pesce rimane l’unica, delicata e ben accetta preoccupazione di Jim.

In questo istante Saul diventa l’Io e Jim scompare nell’ombra della morte di Chuck mentre Gene dal futuro fa eco a un destino inevitabile, quello del fallimento e della maschera di inettitudine che lo attende. Better Call Saul torna. Lo fa a modo suo. Senza strafare e senza spettacolarizzazioni ma restituendoci l’essenza, scissa tra le interferenze di un uomo uno e trino, di Jim, Gene, Saul. La sua eco, la sua ombra e sé.

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