ATTENZIONE: la recensione contiene spoiler su Bodies, la miniserie disponibile da giovedì 19 su Netflix.
Pensavate di esservi arrovellati a sufficienza il cervello con Dark, i suoi viaggi nel tempo, le sue misteriose connessioni e i suoi ingarbugliati alberi genealogici? Allora dovreste guardare Bodies, la nuova miniserie britannica sbarcata giovedì 19 ottobre su Netflix. Ispirata al graphic novel di Si Spencer, la serie si concentra su quattro casi di ritrovamento di cadaveri, la cui risoluzione occupa quattro diverse linee temporali. Presente, passato e futuro si alternano dunque sulla scena, in un’atmosfera sempre cupa, che oscilla tra i toni caliginosi da pellicola noir e l’alta tensione tipica dei moderni thriller d’azione. Si viaggia nel tempo, ma si rimane inchiodati allo stesso soffocante e defilato vicolo di Whitechapel, nel cuore di Londra, dove le storie dei personaggi subiscono una svolta inattesa. La trama di Bodies è intrigante e unisce il fascino dei viaggi nel tempo alla curiosità che suscitano le mystery stories con un caso anomalo da risolvere. Tutto ruota attorno al ritrovamento di un cadavere a Longharvest Lane: si tratta di un uomo adulto, completamente nudo, con una ferita all’occhio sinistro e uno strano tatuaggio sul polso. Il primo cadavere viene trovato dal sergente di polizia Shahara Hasan (Amaka Okafor), nel 2023, a margine di una manifestazione di militanti di destra; il secondo dal detective Whiteman (Jacob Fortune-Lloyd), nella Londra del 1941 bombardata dai Tedeschi; il terzo dal detective Hillinghead (Kyle Soller), nel 1890, e l’ultimo dalla giovane Maplewood (Shira Haas), nella capitale ricostruita del 2053. Abbiamo dunque quattro cadaveri e quattro diverse linee temporali, ma, in tutti i casi, il corpo dell’uomo rinvenuto dagli agenti appartiene sempre alla stessa persona: lo scienziato Gabriel Defoe (Tom Mothersdale).
Come è possibile che lo stesso uomo sia stato ritrovato morto nello stesso vicolo, ma in quattro epoche diverse?
Bodies inizia a solleticare la nostra curiosità quando cerchiamo di venire a capo del mistero, insieme ai detective incaricati del caso. Shahara è una madre single di origine musulmana che prova a mettere insieme i pezzi per scovare l’assassino del Defoe del presente. Whiteman è un poliziotto ebreo che sopravvive agli anni della Guerra attraverso vie non del tutto legali. Hillinghead è un detective omosessuale costretto a reprimere la propria sessualità nella Londra bigotta di fine Ottocento. Maplewood è un’agente donna sopravvissuta alla grande bomba del 2023 e costretta ad impiantarsi un dispositivo nella schiena per poter camminare. Cosa accomuna i quattro protagonisti di Bodies? Oltre al caso da risolvere, che è lo stesso per tutti, i detective hanno in comune l’essere parte di una minoranza all’interno di una città che si definisce progressista, ma che è in realtà stracolma di pregiudizi. Una musulmana, un ebreo, un omosessuale e una storpia saranno, loro malgrado, gli individui attraverso i quali si compirà la storia. Ricorda che sei amato è un’espressione ricorrente in Bodies, una formula che rievoca antichi codici massonici o qualcosa di simile, ma che in realtà nasce dall’assoluto bisogno di trovare conforto al proprio dolore nel calore dei propri affetti. I quattro protagonisti della storia, chi per una ragione e chi per un’altra, si sentono soli nel mondo, in balìa degli eventi, senza un reale controllo su ciò che accade loro. Per questo, sono disposti a tutto pur di difendere le persone care, quegli individui ai quali si legano e che offrono il sollievo alla solitudine dell’essere umano.
C’è un solo personaggio che attraversa indenne tutte le fasce temporali. Ed è lui la minaccia contro cui gli agenti stanno inconsapevolmente combattendo: si tratta di Elias Mannix, un uomo che domina il tempo e lo piega a suo vantaggio.
È Stephen Graham ad interpretarlo, visto di recente anche in Peaky Blinders, tra le 7 migliori serie tv britanniche presenti su Netflix. Mannix compare in tutti e quattro gli archi temporali: nel 1890 è Sir Julian Harker, un facoltoso massone con una madre che tiene sedute spiritiche dentro casa; nel 1941 è un vecchio sir Julian, sposato con Polly e ormai malato e prossimo alla morte; nel 2023 è un ragazzino di 15 anni (Gabriel Howell) impaurito e bisognoso d’affetto, e nel 2053 è il Generale Mannix, una delle persone più influenti del Paese. C’è dunque un unico filo a unire le quattro linee temporali e quel filo è Mannix. Da qui la trama di Bodies si fa ingarbugliata e complessa. Passato, presente e futuro si sovrappongono costantemente, intrecciandosi tra loro non solo sul piano temporale, ma anche intessendo legami genealogici che, proprio come è stato per Dark, si fa fatica a seguire senza l’ausilio di un block-notes su cui appuntarsi i vari passaggi. La miniserie Netflix mette insieme genere sci-fi e il topos dei viaggi nel tempo all’interno di un racconto crime, che nei salti indietro nel tempo assume anche i contorni del giallo noir. Ma Bodies è (più di ogni altra cosa) anche un’occasione per raccontare quattro storie di personaggi che funzionano bene e che sono accomunati da un senso di solitudine che li spinge a cercare nel lavoro investigativo l’unica strada percorribile per sentirsi utili e tamponare la propria urgenza di giustizia. Le storie di Whiteman, Hillinghead, Shahara e Maplewood, anche quando sembrano slegate dal racconto principale, hanno la forza sufficiente per reggersi sulle proprie gambe e costringere lo spettatore a seguirle passo dopo passo.
Qualche perplessità la serie la lascia, ma la spinta dei quattro racconti è sufficiente a far passare in secondo piano imperfezioni ed eventuali mancanze.
Alcune domande restano aperte e sarebbe stato opportuno offrire una spiegazione esaustiva nello spazio degli otto episodi di Bodies. Nulla si sa, ad esempio, del destino dello scienziato Defoe, a cui la trama della serie è indissolubilmente legata. Ed è anche scarna la decifrazione di alcuni passaggi chiave della storia, come tutta l’organizzazione che è alle spalle di Mannix (chi sono realmente gli uomini che lo supportano? Che cosa vogliono? Sono al servizio di Mannix o è Mannix che è inconsapevolmente al loro servizio?) o il ruolo della bomba nel creare il loop temporale di cui il protagonista si serve per restare in vita e abitare varie epoche. Anche il finale, per quanto coerente col racconto e anticonvenzionale rispetto a tanti altri prodotti del genere, è forse un po’ deludente rispetto alle premesse iniziali: didascalico, fin troppo esplicativo, carente di pathos. Ma è proprio nell’ultimo episodio che è condensato il messaggio di Bodies: la soluzione dell’enigma, l’elemento che metterà tutti in salvo cambiando per sempre il corso della storia, non è da ricercare in un unico evento risolutivo, ma nelle scelte e negli stati d’animo delle persone, che sono capaci di cambiare e tornare sui propri passi. Mannix da minaccia può diventare soluzione, da villain può trasformarsi in eroe e dare veramente senso a quelle parole che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita (anzi, le sue vite): ricorda che sei amato, che l’amore distoglie anche gli individui più recalcitranti dai loro propositi distruttivi, che amare può salvare il mondo.