Se c’è un genere di prodotto che con il passare del tempo sta acquisendo sempre più fama e popolarità in tutto il mondo, questo è il True Crime (qui trovate una lista delle principali seri tv a tema). Docuserie, libri di approfondimenti, podcast… C’è qualcosa di profondamente affascinante nella narrazione di omicidi, truffe e rapimenti che sappiamo essere realmente esistiti. Dopotutto, perché orchestrare complesse sceneggiature, quando molto spesso la realtà dei fatti appare più interessante? Tale riflessione, già al centro della consigliatissima Only Murders in The Building di Disney+, viene affrontata anche da un nuovissimo crime di Netflix che ha fatto capolino sulla piattaforma questo 9 maggio. Stiamo parlando di Bodkin. Una serie in sette puntate ideata da Jez Scharf e incentrata sul tentativo, da parte di un team di podcaster, di fare luce su un misterioso caso mai risolto prima.
Ma cosa pensiamo di questa nuova serie nistery? Per scoprirlo, vi lasciamo alla nostra recensione senza spoiler di Bodkin. Buona lettura!
Quando la sua carriera viene messa a rischio dopo che un suo informatore si suicida, Dove, una cinica giornalista investigativa, viene fatta allontanare da Londra. La donna è quindi affiancata, data la sua provenienza irlandese, a Emmy, un’aspirante reporter, e a Gilbert, un famoso podcaster americano che intende ricostruire un misterioso caso di duplice sparizione avvenuto vent’anni prima nel ridente paesino di Bodkin, nel Sud dell’Isola di Smeraldo.
Amareggiata per l’allontanamento forzato dal proprio ruolo, Dove non sembra interessata a ricostruire la verità e a intervistare i pittoreschi abitanti del luogo. Tuttavia, con il proseguire delle indagini, la donna, collaborando con i compagni e svelando pian piano i tanti e intrecciati misteri legati al caso, si renderà conto che Bodkin nasconde più marcio di quanto avrebbe mai pensato. Si apre così un’indagine intricata e ricca di colpi di scena che porterà i protagonisti a immergersi sempre di più nelle esistenze di vittime e sospettati, mentre sono costretti a fare i conti con i problemi che assillano le loro vite.
Una serie crime ambientata all’interno di una piccola e chiusa comunità. Un luogo in cui nessuno sembra disposto a collaborare e in cui tutti paiono avere degli oscuri segreti.
Sulla carta niente di eclatante. Nulla che non si sia mai visto, soprattutto se andiamo a citare serie come Fargo o Broadchurch, alcune tra le più rappresentative del sottogenere di small town mistery, ossia serie crime ambientate in piccole cittadine lontane dai grandi centri urbani. Simile la struttura e l’impianto narrativo, ma diversa in quanto a intenti e stile oltre che per modalità.
Pur mantenendo un tono serio per la maggior parte del tempo, Bodkin colora infatti la propria narrazione con leggeri tocchi di comicità. Elementi che non diventano mai preponderanti, ma che servono a stemperare di quando in quando la tensione. Un umorismo dark che si basa tanto su gag fisiche che su dialoghi brillanti, ma anche e soprattutto sul suo essere metaseriale.
Centrale, da questo punto di vista, è il diverso approccio che i tre protagonisti della serie vogliono impiegare per portare a termine il loro compito. Da un lato l’umanità del personaggio di Gilbert (Will Forte di The Last Man on Earth), deciso più ad ascoltare e raccontare una storia che a risalire alla verità. Da un altro l’ostinata determinazione di Dove, disposta anche a infrangere regole e leggi pur di svelare il colpevole. Il primo buono e ingenuo, ma anche profondamente ipocrita con sé stesso e con gli altri. La seconda audace e coraggiosa, ma anche assai egoista e cinica. A fare da mediatrice e a fungere da elemento di contatto tra i altri due vi è Emmy. Trattasi di una ragazza sveglia e dalle grandi ambizioni, ma ancora troppo priva di esperienza per comportarsi come Dove.
Un trio che, grazie a un gioco di contrapposizioni funziona a dovere, ma che ci è parso ancora acerbo per rimanere nel cuore come capitato ai personaggi di altre serie tv simili.
Non che essi non siano approfonditi ed esplorati dal punto di vista psicologico. Nel corso delle sette puntate che compongono la serie, ognuno di loro viene analizzato in quelli che sono i suoi pregi e difetti e ampio spazio viene dato al suo background, soprattutto per quanto riguarda Dove. Il personaggio interpretato da Siobhán Cullen, infatti, pur non risultando amabile e respingendo a tratti il pubblico a causa del suo atteggiamento scostante e scontroso, è più profondo e sfaccettato di quanto avessimo potuto pensare inizialmente. Anche il personaggio di Gilbert, d’altra parte, all’apparenza solare ed estroverso, nasconde fragilità e debolezze inedite.
Al loro fianco, una pletora di individui piena di scheletri nell’armadio
Da autisti, a poliziotti, da pescatori ad allevatori, passando per fabbri, hippy e perfino suore. Ognuna di queste figure fa ben più che svolgere la propria funzione narrativa e dimostra di avere una storia interessante e intricata da raccontare (e tenere celata), nonché indispensabile nella ricostruzione finale degli eventi.
Ma, a fianco dei tre e dei tanti e variegati personaggi secondari della serie, vi è anche un’altra protagonista: Bodkin stessa. Se dopo aver visto la serie vi verrà un’irrefrenabile voglia di farvi un salto in questo pittoresco paesino irlandese, vi dobbiamo deludere. Pur essendo stata filmata in alcuni reali paesi dell’Irlanda sud-occidentale, la Bodkin che dà il titolo alla serie non compare realmente sulle mappe. Un elemento paradossale dal momento che la serie insiste tantissimo sul concetto di True Crime, ma che non la rende meno apprezzabile.
Nulla di quello a cui assistiamo è reale, (e i creatori della serie hanno insistito per ribadirlo), ma lo è per i personaggi che vivono e assistono a tali vicende. Nonostante ciò, Bodkin vive, respira e si concretizza davanti ai nostri occhi in ogni frame della serie. Un’ambientazione davvero suggestiva che affascina e attrae grazie alle sue contraddizioni e che funge perfettamente da sfondo alla vicenda narrata.
Nonostante tutti i suoi lati positivi, la mistery di Netflix è tutt’altro che perfetta.
Al netto di una buona trama generale e una sceneggiatura che gioca bene di incastri, la serie introduce probabilmente fin troppi personaggi e avvenimenti, alcuni dei quali iniziano e si risolvono troppo repentinamente per avere un certo impatto. Il già citato umorismo della serie potrebbe inoltre non soddisfare proprio tutti. I continui sbalzi di genere potrebbero lasciare infatti confusi sia chi, guardando la serie, si aspetterebbe un prodotto più drammatico o, al contrario uno show più simile per tono al già citato Only Murders in The Building.
Detto ciò, non possiamo fare altro che ritenerci comunque soddisfatti della serie Netflix, un prodotto con tutte le carte in regola per ottenere un buon successo e che costituisce il materiale perfetto per passare un weekend seriale.