*Attensione questo articolo contiene spoiler della 6×16 di BoJack Horseman.
Aveva provato a scappare da quel “luogo-non luogo” frutto del suo inconscio. Ma una volta capito cos’era accaduto si è fermato: BoJack ha smesso di lottare e ha aspettato che l’oscurità lo avvolgesse. Possiamo dire con tranquillità che per quanto la morte di BoJack Horseman fosse un finale in parte prevedibile, quei venti secondi trascorsi tra la fine della 6×15 e l’inizio della 6×16 sono stati davvero interminabili. Assieme al cuore del protagonista di Horsin’ Around si è fermato anche il nostro. Fino a quando non abbiamo capito che quel figlio di buona donna ce l’ha fatta un’altra volta.
BoJack Horseman è vivo. Ha sfiorato la morte con più di un palmo della mano ma alla fine ce l’ha fatta a lasciare lo spettacolo che lo separava dalla morte.
Finisce così in una situazione da “classic BoJack” come direbbe lui stesso. L’ennesima bega della vita che prende il sopravvento sulla sua forza di volontà. Una lunga riabilitazione buttata in fumo per ricadere nei soliti, vecchi errori. Solo che stavolta la morte ci era quasi e la vita gli viene restituita in cambio di uno scotto piuttosto alto da pagare.
Così di tutti i fondi e sottofondi toccati dal cavallo antropomorfo arriva quello che mancava all’appello: il carcere. Dopo le cause che gli sono costate tutto il suo patrimonio l’ultima – mostrata un po’ come la tipica pagliacciata mediatica all’americana un po’ ingigantita – gli costa la libertà. BoJack finisce dietro le sbarre per quattordici mesi. Ufficialmente per violazione di proprietà privata, ma in fondo un po’ per tutto.
Ma l’episodio finale di BoJack Horseman non è una storia che si ripete. Con una serie di errori, la gogna, il senso di colpa e il tentativo di redenzione. Perché stavolta c’è molto di più dietro un percorso già visto.
C’è quella complessa presa di coscienza che può nascere solo da un incontro ravvicinato con la morte. E per quanto Bob-Waksberg ci lasci libertà d’interpretazione in merito a se BoJack abbia visto o meno ciò cui abbiamo assistito nella 6×15, qualcosa in lui è cambiato. Ma non si tratta di un cambiamento radicale, non è in atto l’inizio di una nuova vita con un nuovo BoJack. Solo il ritorno dalle porte dell’inferno con una consapevolezza acquisita con più presa: il senso della vita è viverla.
Abbiamo visto BoJack Horseman spendere la sua esistenza nel corso di sei stagioni interrogandosi su quel senso. Su come sarebbe andato il futuro, sulla sua integrità personale. Tutto per scoprire, consciamente o inconsciamente, che nel viaggio in questo mondo non esiste una regola fissa, ognuno finisce per vivere secondo i propri canoni.
E benché ci si comporti “bene” o meno, ci si sacrifichi per gli altri in qualche modo o no, la vita non smetterà mai di sorprenderci. Non smetterà mai di rifilarci quella buona dose di cacca che tutti dobbiamo ingoiare più e più e volte prima di capire con serenità che è esattamente così che funziona questa vita.
L’autorizzazione che permette a BoJack 24 ore di libertà per partecipare al matrimonio di Princess Carolyn è un ottimo espediente narrativo per riproporci questa presa di coscienza attraverso gli occhi di ogni personaggio della serie.
E così si scopre che alla fine della fiera Mr. Peanutbutter resta quell’amico su cui contare per un momento di allegria senza troppe pretese. Dopo anni trascorsi a crogiolarsi nella sua cecità emotiva, il labrador impara finalmente a convivere con se stesso da solo. Bella e coerente la scelta di affidare a lui la sottile linea comica dell’episodio. Linea che nasconde per altro un preciso simbolismo nella scelta di sbagliare la D con la lettera B per completare finalmente la scritta di Hollywoo.
E altrettanto interessante è aver scelto di affidare a Todd il nucleo narrativo della presa di coscienza di BoJack Horseman. Il caro vecchio Todd, trattato come lo stupido della comitiva. L’amico che si dà per scontato. Nonostante i vecchi rancori resta l’unico a portar via BoJack dal ricevimento con una scusa. Tutto per una boccata d’aria, per vedere il mare sbattere sulla spiaggia. E per ricordargli che l’ansia del futuro non ha senso.
Perché non si può costruire una vita sui “se” e sulla paura di combinare un disastro in modi che neanche si conoscono. E se anche ciò dovesse accadere, allora ci si rialza e si ricomincia. Perché la vita è come l’arte: non deve avere necessariamente un senso da estrapolare e razionalizzare. La si vive passo dopo passo. Errore dopo errore. Soluzione dopo soluzione.
“Turn Yourself Around. You do the Hooky Poky and then YOU TURN YOURSELF AROUND.”
Questa è la vita e nonostante tutto è bella finchè dura.
Ed è così commovente vedere come ogni personaggio di BoJack Horseman abbia deciso di fare il proprio Hooky Poky per poi girarsi e ricominciare. Così dopo tante tribolazioni è finalmente la volta di Princess Carolyn di essere felice. Alla fine sembra che siano questi i suoi anni migliori.
Princess Carolyn ha così il lieto fine che meritava. Perché ha combattuto le sue battaglie, non si è accontenta mai, e alla fine ha scoperto che per essere felici bisogna fare un compromesso con le proprie paure. E persino BoJack, ballando con lei, si rende conto che la cosa più saggia da fare non è temere la felicità che non si avrà in futuro, ma godere di quella che si ha nel presente.
Si palesa così l’evoluzione di BoJack Horseman: in un matrimonio, a dare consigli alla sposa sull’amore e la felicità. Ricorda niente?
È vedere il nichilismo della terza stagione scomparire in qualche modo per far spazio a una più matura serenità. Di quelle che ti permettono di lasciar andare le persone quando è il momento. Di guardare al futuro se non con vivida speranza almeno con la tranquillità che si era persa da tanto.
Un po’ come fa la nuova Diane, quella che indossa meno giacche, sorride di più e vive a Houston. Che ha speso tutta la vita a sentirsi miserabile nella ricerca di un fine utile alla propria esistenza, prigioniera dei propri traumi. Anche lei ha smesso finalmente di guardare al passato. E in parte anche al futuro. Perchè tutto ciò è stupido. È stupido nascondersi nel proprio bozzolo precludendosi mille opportunità, ed è stupido preoccuparsi di qualcosa che non sempre siamo in grado di controllare.
La verità è che ognuno di noi respira, vive, percorre un cammino evolutivo lungo cui incontrerà persone che lo renderanno la persona che sarà 10, 20, 30 anni dopo. E bisognerebbe essere felici di ciò che si è avuto lungo il percorso anche se ha significato soffrire e alle volte esser qualcosa che non si desiderava essere. Il segreto sta nel portare se stessi al passo successivo. Che si tratti di Houston, di un matrimonio, o della solita spiaggia di Los Angeles in cui girarsi a suon di Hooky Poky.
Il passo successivo di Diane e BoJack Horseman li porterà a concludere la fetta di vita che hanno condiviso negli anni della loro amicizia.
E quella consapevolezza di entrambi ha il retrogusto amaro di un addio che non vuole essere chiamato tale ma preferisce concentrarsi sul profondo del blu che li sovrasta. Nonostante le chiusure positive di tutti i personaggi rimasti attorno a BoJack questa serie non è di quelle da lieto fine senza macchia. La scena finale ci lascia in bocca quel dolceamaro bagnato di lacrime perfettamente in linea con la parabola di BoJack Horseman.
Una storia di vita, di realistica umanità – in una serie che di umano ha ben poco. E nella realtà il lieto fine non esiste quasi mai. Esistono epiloghi a metà strada tra la luce e l’oscurità. Come la risoluzione di BoJack stesso, che non è cambiato, non è pronto a ricominciare senza errori. Ma ha qualche strumento in più per mettere un piede dietro l’altro sul cammino che lo aspetta. Un cammino che nessuno gli garantirà sarà facile, ma il bello è anche in questo e ormai BJ lo sa.
La scelta di concludere questo capolavoro della serialità del 2000 con lo sguardo rivolto al cielo di BoJack e Diane, nel silenzio, è semplicemente magnifica. Il finale perfetto. Il finale senza drammi o grandi eventi. Semplicemente il realistico scorrere degli eventi lungo la complessità delle relazioni umane.
BoJack e Diane si sono voluti bene, si sono aiutati, supportati, a volte odiati. Ma si conoscono reciprocamente meglio di quanto li conoscano altri. Hanno entrambi lasciato un’impronta profonda nella vita dell’altro, ma ora è tempo di lasciarsi andare.
Perché è così che funziona. Le persone vanno e vengono. Entrano nella tua vita per rivoltarla, scomporla e lasciare un’impronta che modellerà parte di ciò che sarai, nel bene e nel male. E poi possono andar via, e il più delle volte lo fanno. Una persona può essere fondamentale per la crescita di qualcuno in una certa fase. E cessare di esserlo in quella successiva. BoJack e Diane non avevano più nulla condividere, così l’uno ha lasciato andar via l’altra e viceversa.
Per noi è bellissimo che lo abbiano fatto lì dove tante volte si sono confrontati. Sotto la volta di un bellissimo cielo stellato. Sulle delicatissime note di una canzone che sembra scritta per BoJack Horseman. Un cavallo che forse meritava più di quanto il destino gli ha riservato. Come succede ingiustamente a tanti.
D’altronde la vita è una p*****a e poi muori. Ma altre volte la vita è una p*****a ma poi…continui a vivere. Grazie BoJack per averci ricordato che, nonostante tutto, questa è la vita e dobbiamo continuare a viverla.
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