“Cari Lettori, vi sono mancata?”, direbbe Lady Whistledown. È con immenso piacere che torno a recensire o meglio a svuotare la mente dei miei pensieri del tutto poco oggettivi sulla seconda ed entusiasmante stagione di Bridgerton.
Anno nuovo, vita nuova ripetiamo come degli automi ogni primo dell’anno nella speranza che la nostra vita ordinaria prenda una piega diversa per poi renderci conto già verso la fine della giornata che ci siamo presi in giro, eppure in Bridgerton la promessa è stata mantenuta e azzardo dicendo che è stata mantenuta anche abbastanza dignitosamente.
Dopo i traumi, il pianto greco e il lutto seguito all’abbandono di Regé-Jean Page ovvero il Duca di Hastings, temevo come temo per la mia vita ogni volta che sto per scivolare in doccia, ma non cado, che nulla avrebbe potuto colmare la mancanza del manzo più pregiato della sagra, del meraviglioso nobiluomo che ci ha conquistati con uno sguardo tenebroso, un commento sarcastico e una leccata al cucchiaino, ma – ai tempi – non avevo ancora letto la saga di Bridgerton.
Adesso, io detesto i “librivendoli“. Librivendolo è il nome che ho dato a quell’essere mitologico che passa la sua intera esistenza a millantare quanto i libri da cui è tratto qualcosa siano meglio della sua trasposizione cinematografica e/o seriale facendo così la scoperta dell’acqua calda con sfacciata saccenza mista a un concentrato di fastidio e spocchia mescolato con un pizzico logorrea verbale e q.b. (per chi non segue le ricette di GialloZafferano q.b. = quanto basta) di capacità di monopolizzare i discorsi. Insomma, quelli che “si vabbè la serie, ma il libro era meglio”.
Nonostante la mia repulsione per i librivendoli, mi rendo conto che almeno una volta nella vita tocca a tutti ricoprire questo scomodo ruolo, quello che toccava al compagno che ricordava alla prof che non aveva assegnato i compiti o che era il giorno dell’interrogazione, praticamente il ruolo della persona più detestata nella stanza. Ma qualcuno deve pur farlo e oggi a immolarmi per la patria e a guadagnare la medaglia di martire e vittima sacrificale, ma consapevole, ci sono io. Perciò devo svestire i miei soliti panni di persona affetta da indifferenza cosmica astrale cronica e indossare il mantello, il deerstalker, la pipa, gli occhiali e il completo in tweed della Super Librivendola.
Ho preso questa decisione un po’ masochista perché dopo aver letto i libri ho capito che la promessa di Chris Van Dusen di colmare il vuoto lasciato da Simon Basset, non solo sarebbe stata mantenuta egregiamente, ma – vi dirò di più – sapevo benissimo che del duca, dopo aver fatto una conoscenza più approfondita del visconte di Bridgerton, non ci sarebbe importato proprio più nulla. Sì, perché Anthony e Kate sono senza ombra di dubbio i protagonisti di una delle storie più belle dell’intera saga dei fratelli Bridgerton. Nella mia personalissima scala di gradimento occupano un dignitosissimo terzo posto.
Prima di tuffarci nel mare delle opinioni, torniamo un attimo ai libri. Sì, perché, chi li ha letti sa bene che la seconda stagione di Bridgerton condivide con il libro la stessa parentela che condivido io con la matematica e le responsabilità: siamo estranei a partire da ieri, come direbbe la poetessa contemporanea Alessandra Amoroso. E – mi duole ammetterlo – ma la storia raccontata ne Il visconte che mi amava è molto più bella e intrigante di quella seriale. Sono state stravolte le intenzioni e il leitmotiv di Anthony e Kate. Addirittura si è data una rilevanza inaspettata al personaggio di Edwina e c’è stato lo stravolgimento esagerato e fuori luogo delle storyline di tutti i personaggi che gravitano attorno ai protagonisti.
Alcune storie che avremmo dovuto vedere in là nel tempo e che appartengono a determinati personaggi sono state affidata ad altri, alterando troppo gli equilibri che avrebbero dovuto stabilirsi a partire dal prossimo capito che avrebbe dovuto essere quello dedicato al secondo fratello Bridgerton, Benedict, ma che si vocifera verrà anticipato dalla storia di Colin, protagonista, invece, del quarto libro. Insomma, un casino incasinato dal quale non riesco proprio a immaginare come possano venirne fuori.
Nonostante le mutazioni genetiche subite, la storia seriale di Anthony e Kate è assolutamente bellissima. Nonostante ci sia davvero poco di quella originale, nonostante io sia stata derubata di momenti iconici e trash come quello originale della puntura d’ape a Kate che è senza ombra di dubbio tra le pensate più trash che un essere umano possa concepire e allo stesso tempo una delle più divertenti, la serie ha raccontato una storia sinceramente interessante e bella. E seppure ci sia quella parte librivendola del mio cervello che continua a urlare “perché?” mentre si strappa i capelli e si batte il petto seguendo alla lettera le istruzioni del pianto greco, quella parte che meritava di assistere alla scena reale del temporale, di quelle nella libreria o di quella della puntura dell’ape, non posso proprio lamentarmi di ciò che ci è stato dato.
Sì, perché anche questi Anthony e Kate sono stati capaci di farci innamorare di loro, nonostante tutto, con la velocità con cui ci si getta su un buffet appena ne annunciano l’apertura. Innanzitutto bisogna fare un mea culpa generale e chiedere scusa al povero Anthony Bridgerton o come l’avevo definito nella recensione dell’anno scorso (che potete leggere qui): il mago Casanova sotto mentite spoglie per averlo sottovalutato e maltrattato, ma purtroppo all’epoca eravamo così accecati dal duca da non renderci conto di ciò che era già sotto gli occhi di tutti, ovvero che Anthony Bridgerton è un gran figo e senza quelle basette orribili che sono sicura avevano pensato anche per il Professor Layton dell’omonimo videogioco, è ancora meglio.
Fastidioso, saccente e anche un po’ stronzo, ha trovato pane per i suoi denti quando ha incontrato la straordinaria Kate, anche lei a tratti fastidiosa, sicuramente stronza e algida (e qui aggiungo che se quella della serie vi è piaciuta, dovreste vedere quella del libro che è anche meglio), ma assolutamente meravigliosa. Insomma, Jonathan Bailey e Simone Ashley, rispettivamente Anthony Bridgerton e Kate Sharma, grazie alla loro innegabile e irresistibile chimica artistica come ci ha – purtroppo – insegnato il signor Alex Belli al GFVIP6, hanno dominato la stagione e conquistato i nostri cuori già dal primo istante in cui hanno condiviso lo schermo. È bastata quella cavalcata all’alba per farmi esclamare “oh oh, sono fregata”.
C’è una cosa in particolare che ho amato di Bridgerton 2 ed è la scelta di renderlo meno esplicito sessualmente sia del libro che della precedente stagione. Non fraintendetemi, non sono assolutamente una vestale custode del fuoco sacro della dea Vesta, ma ho amato che – a differenza della versione letteraria – ci abbiano fatto penare e sudare quattrocento camice per avere dei momenti più intimi tra il visconte e Kate. Sì, lo so, è un ragionamento un po’ masochista, ma noi fangirl cosa siamo se non fatte al 70% non di acqua, ma di sano e puro masochismo?
Noi siamo quelle che si innamorano dei personaggi fittizi, che scrivono le fanfiction, che spendono una fortuna sin dai tempi della pre-adolescenza in gadget, dischi, libri, album, cofanetti e qualunque idiozia riguardi la nostra fissa del momento. Siamo per contratto inclini all’autolesionismo emotivo e ci sta bene così. Perciò quando ci hanno fatto penare per un bacio e soffrire come ci fa soffrire la vista imbarazzante della tua amica ubriaca che chiama l’ex anche se le avevi tolto il telefono, sono stata soddisfatta di quella scelta. Avere tutto e subito sarebbe potuto essere un rischio anche se, l’anno scorso con Daphne e Simon, non abbiamo avuto granché di cui lamentarci rispetto a questo tema, visto quanto sia stata apprezzata – da me in primis – la precocità delle loro 150 sfumature di ducato di Hastings.
Ma andiamo avanti e parliamo di Edwina Sharma che – per chi avesse letto il libro – è un personaggio totalmente marginale e inutile a cui del visconte frega meno di zero perché – SPOILER Allert! – è innamorata di un altro ragazzo. I doveri morali di Anthony nei confronti della sua famiglia, non si sono mai frapposti tra lui e Kate, l’ape al massimo è il personaggio che si è messa tra di loro e ha scatenato il devasto più totale, non di certo la presenza della piccola Edwina. Ciononostante, ho appezzato particolarmente la sua caratterizzazione nella serie, finalmente le hanno dato un po’ di sostanza e carattere. Perciò un applauso se lo merita.
Sono confusa dall’intero sviluppo della storyline di Eloise e Penelope. Eloise e il tipo della copisteria è forse una delle cose più assurde che abbia visto in questa seconda stagione di Bridgerton e vi ricordo che abbiamo assistito al quasi matrimonio di Prudence Featherington con suo cugino. Ecco, lei non riesco proprio a capire dove vogliono farla andare a parare e se da un lato la amo follemente per la sua vena rivoluzionaria, determinata, ma allo stesso tempo un po’ naïve, dall’altra – conoscendo la sua storia – non riesco a immaginare cosa abbiano in serbo per lei.
L’intera questione dell’identità di Lady Whistledown fin troppo centrale nella serie, a differenza dei libri (ne ho parlato qui), ha danneggiato il rapporto con Penelope in un modo troppo definitivo. Non vedo l’ora di sapere cosa succederà nella prossima stagione. Nel frattempo un po’ tremo per la presunta intenzione degli sceneggiatori di anticipare la storia di Colin (mia preferita della saga) perché essendo strettamente legata a quella di Eloise e Penelope, potrebbe venir fuori un pasticcio bello grosso.
Parlando di Colin, in questa stagione di Bridgerton ho temuto seriamente per la sua vita. Innanzitutto perché quando ha spezzato il cuore di Penelope avrei voluto seriamente prenderlo a schiaffi con i piedi, ma anche perché ogni qual volta il poverino voleva parlare dei suoi viaggi, a meno che la sua interlocutrice non fosse Penelope, veniva ascoltato come vengo ascoltata io quando parlo a mia madre delle nuove serie che sto guardando: zero, niente, il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile.
Ma parliamo dell’altro fratello Bridgerton, il bel Benedict che anche in questa stagione si conferma il mio preferito e l’oggetto dei miei desideri. Basta una sua espressione, un mezzo sorriso e una battuta per farmi perdere completamente la testa. Su di lui ho grandi aspettative, nonostante abbia la storia più banale, ma non per colpa sua.
Ho notato che nei piccoli momenti in cui le è stata data la parola, il personaggio di Hyacinth, ha cominciato a formarsi e delinearsi seguendo le caratteristiche dei libri e vi assicuro che ci darà tante soddisfazioni. Lei sarà la Bridgerton più straordinaria di tutti.
Si può certamente dire che questa seconda stagione sia stata retta quasi totalmente dai personaggi femminili. Bisognerebbe dare una medaglia al valore a Lady Danbury, alla Regina Charlotte, a mamma Kris Jenner/Violet Bridgerton e sicuramente a Portia Featherington. Questo associazione a delinquere di comari ha retto ogni singola storyline parallela a quella dei protagonisti egregiamente. A partire dalla straordinaria Lady Danbury che con Violet Bridgerton – fossimo in tempi moderni – avrebbe aperto sicuramente un’agenzia matrimoniale; e ancora la Regina Charlotte e la sua perenne battaglia alla noia che sfocia nella ricerca quasi ossessiva dell’identità di Lady Whistledown solo per nascondere la sua triste e solitaria esperienza accanto a un marito che purtroppo non sta bene; e infine Portia Featherington furba e manipolatrice come quelli che con la scusa “dai che tu sei brava a fare” qualcosa ti incastrano in noiosi compiti che non hanno voglia di svolgere.
Spesso sembrano personaggi marginali e secondari, ma sono davvero quelle che – in un modo o nell’altro – reggono l’intera serie. Sono le fondamenta senza le quali non si potrebbero porre le basi per ciò che verrà costruito che in questo caso sono le storie d’amore degli otto fratelli Bridgerton.
Bisogna spezzare una lancia anche a favore di Daphne che se nella scorsa stagione era apprezzata solo perché era riuscita a far innamorare di sé il duca, in queste gioca il ruolo fondamentale di persona perspicace che deve far aprire gli occhi a suo fratello sui suoi sentimenti per Kate. Chi l’avrebbe mai detto? Brava Daphne quasi quasi mi sei diventata simpatica!
Insomma, che dire, nonostante la seconda stagione di Bridgerton non c’entri nulla con il libro e dunque abbia deluso tutte le mie aspettative rispetto alla coerenza con il testo letterario, non posso dire che abbia deluso la spettatrice seriale che c’è in me che – al contrario – ha amato follemente anche questa nuova e diversa versione della storia di Anthony e Kate. Ci tengo a ribadire che – come prevedevo – la loro storia d’amore ha completamente superato quella del duca e di Daphne e che dopo aver conosciuto meglio il visconte e il suo marmoreo fondoschiena, non posso dire altro che: il duca chi? Non c’è paragone tra loro, Anthony sarà sempre una spanna sopra Simon e il merito è anche di sua moglie che – a differenza di Daphne – è un personaggio spettacolare.
Simone Ashley ha onorato egregiamente il ruolo di Kate e allo stesso tempo ci ha dato dimostrazione di quanto brava sia come attrice, cosa che era passata in secondo piano nell’altra serie di Netflix in cui recita, Sex Education. Mi auguro che nei capitoli successivi della saga Kate rimanga una costante (così come lo è nei libri) e che non si perda sullo sfondo con l’arrivo di nuovi personaggi perché Kate Sharma è troppo fantastica per rimanere in un angolo.
E dopo questo pippone infinito durato più della preparazione a una colonscopia e probabilmente altrettanto piacevole *inserire sarcasmo qui*, vi abbandono dicendo solo che non vedo l’ora di scoprire cosa Bridgerton 3 ha in serbo per noi, augurandomi che non passi troppo tempo prima di poterla vedere.