Quando dopo il pranzo di Natale, confinata negli spazi della mia camera, ho aperto Netflix, con mia grande sorpresa ho notato tra i titoli consigliati una serie in costume, Bridgerton. Ora, essendo una di quelle per cui le serie e i film in costume sono sinonimi di grandi tagliate di vene che farebbero arrossire dall’imbarazzo un salumiere che ti affetta un carpaccio di manzo, ho pensato che l’Algoritmo si fosse concesso qualche bicchiere di primitivo di Manduria in più durante questi giorni di festa e che avesse completamente sbagliato i suoi calcoli.
Adesso, essendo una grande fan di Shonda Rhimes e di Shondaland posto in cui sono destinata a lavorare, era chiaro che l’Algoritmo avesse svolto correttamente i suoi calcoli e che quella che aveva un po’ alzato il gomito ero io. Avevo dimenticato completamente che il giorno di Natale, il regalo più grande e bello me lo avrebbe fatto la mia amata e odiata Shonda Rhimes, regina indiscussa del panorama seriale che divide il trono solo col re Ryan Murphy.
Perciò, forse spinta dall’inconscio che aveva un vago ricordo di questo nome, Bridgerton, ho premuto play, sicura che avrei spento tutto al primo accenno di sbadiglio, ovvero alla prima dama in difficoltà che aspettava il cavaliere senza macchia e senza paura di turno che l’avrebbe salvata dalle mani del brutto, cattivo, con i denti storti, gialli e il naso arrossato peggio del mio quand’è tempo di fioritura e il polline mi prende così forte a cazzotti, costringendomi ad assumere quantità industriali di antistaminici, che per almeno due settimane mi rendono difficile ricordarmi come mi chiamo e dove mi trovo.
Devo dire, con mia grande sorpresa che Bridgerton non si è rivelata essere nulla di ciò che mi aspettavo. Niente noia mortale, ma tanto, tanto, tanto sano, succoso e succulento trash. Una fonte altissima, purissima e trashissima da cui mi sono abbeverata con tanta gioia.
Ma cos’è Bridgerton? Prendete un calderone, versateci all’interno un romanzo di Jane Austen, tutti gli Harmony mai stampati dal 1981 fino ad oggi e come tocco finale, aggiungete tutti i cofanetti di Gossip Girl dalla prima all’ultima stagione. Il risultato sarà questa fantastica serie tv, decisamente grottesca e improbabile che riuscirà a strapparvi un sorriso o a farvi fare grasse e grosse risate anche in questo Natale così particolare e triste.
Bridgerton segue le vicende della alta società di Londra a inizio Ottocento durante la stagione in cui le debuttanti vengono presentate a corte. L’anno è il 1813 e a fare il suo debutto in società c’è Daphne Bridgerton, figlia del defunto visconte Bridgerton che viene riconosciuta dalla Regina Charlotte come Diamante della stagione. Ci viene immediatamente spiegato che essere il Diamante della stagione significa essere la preda principale di tutti i pretendenti intenzionati a corteggiarla nel tentativo di trovare moglie.
Il caso vuole che proprio in quello stesso periodo arrivi a Londra il Duca di Hastings, bello come un sogno, bello come il soggetto delle mie più profonde fantasie erotiche, colui che fa appello ai tuoi istinti più animaleschi e che riesce a conquistarti – in classico stile Harmony – con uno sguardo tenebroso, con il suo fondoschiena marmoreo mostrato senza censure, con un atteggiamento da stronzo senza cuore o con un commento sarcastico che ti fa pensare lo odio, ma cazzo gliela tirerei con una fionda come se non fosse mia.
Per un fortuito caso e grazie forse alla lungimiranza di Lady Danbury, l’equivalente della zia che ai pranzi di famiglia ti chiede se hai il fidanzatino perché se non ce l’hai il figlio dell’amica sua è tornato single da poco e di cui ti mostra la foto nella speranza di un matrimonio combinato e che di solito non funziona molto, convince il giovane Duca a partecipare all’evento dove, in classico stile da romanzo rosa che fa sussultare le casalinghe disperate e – ammetto – anche me, si scontra con la bella Lady Bridgerton intenta a scappare dal famoso brutto, cattivo, con i denti storti, gialli e il naso arrossato di cui vi parlavo prima e che somiglia in modo impressionante a Peter Minus di Harry Potter se facesse la dieta chetogenica e mettesse un rialzo nelle scarpe per acquisire qualche centimetro in più.
Ora mi direte: ma prima non hai detto che una situazione di salvataggio ti avrebbe fatto venire voglia di smettere di guardare la serie? Giusto, ma in questo caso Daphne non ha bisogno di essere salvata e finisce per battibeccare con il Duca come il più classico dei cliché. Ed io, che cerco di essere insensibile e insofferente agli stereotipi che i romanzi rosa ci propinano, finisco per cedere ogni volta e per cominciare a shipparli immediatamente con la velocità con cui una macchina che va a duecento kilometri orari in tangenziale e senza freni si schianta contro il guard-rail e provoca disastri e impedimenti giganteschi. Si odiano, ok, ma finiranno per amarsi e tu lo sai, lo sai come sai che ti faranno soffrire da morire, ma diciamocelo, noi fangirl siamo autolesioniste e perciò ce le andiamo a cercare le coppie così, un po’ tossiche, un po’ folli, un po’ instabili.
Ma cos’è che rende così speciale questa serie? Sicuramente la voce narrante di Julie Andrews che potrebbe narrarmi la vita, leggere un’omelia di dieci ore o interpretare i testi delle canzoni dello zecchino d’oro e io comunque starei attenta ad ascoltarla come se nient’altro al mondo esistesse. Immaginate, perciò, Julie Andrews che racconta le vite scandalose delle élite della Londra di inizio Ottocento come una Kristine Bell qualunque faceva negli anni Duemila in Gossip Girl.
Infatti, la Adrews da la voce a Lady Whistledown, l’autrice misteriosa di un giornaletto scandalistico in cui vengono esposti tutti i gossip sulle giovani debuttanti, i presunti pretendenti, le famiglie e chiunque calchi la scena di Londra nella stagione degli amori, nonché voce narrante che apre e chiude gli episodi in classico stile Grey’s Anatomy e dunque Shondaland.
Che dire, l’ho divorato. Mi è piaciuto da morire. Sì, forse gran parte del merito ce l’ha il Duca di Hastings, quel manzo pregiatissimo e la narrazione di Julie Andrews, ma oggi ho capito il brivido felino che provano le nonne quando guardano Il Segreto o mia madre quando guardava Elisa di Rivombrosa. Si guarda senza difficoltà, ha una colonna sonora perfetta che incornicia ogni momento con estrema accuratezza. E poi, è divertente. Forse è merito del vino, ma ho trovato tantissimi momenti così trash che mi hanno fatto scompisciare dalle risate.
Dalle dichiarazioni d’amore con frasi del tipo Brucio per te e Non ti accorgi che anche io brucio per te davanti al camino, a scene di amplessi infinite con il sottofondo i violini avvenute in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo e l’universo e addirittura sulle scomode scale del palazzo che non oso pensare ai lividi sulla schiena il giorno dopo. Innanzitutto, questa è una delle poche serie in cui il rapporto, seppur noioso nella performance, dura più di quindici secondi e visto il fisico da Bronzo di Riace del Duca, a me sta bene.
Vi giuro ho riso di gusto e mi sono divertita tantissimo. Erano così trash che – soprattutto delle dichiarazioni d’amore – non ne avevo mai abbastanza. C’è da dire che nel suo piccolo, Brigerton, è più erotico di tutte le centocinquanta sfumature di grigio, rosso e nero di E.L. James e nonostante la protagonista viva nell’Ottocento è meno naïve di Anastasia Steele a cui avrei voluto sinceramente dare tante testate sulle gengive ogni qual volta che apriva la bocca, respirava o semplicemente esisteva.
Non parliamo poi delle grottesche avventure della famiglia Featherington, capeggiata dalla matriarca Lady Portia Featherington che quando entra in contatto col marito ci regala fantastici teatrini pregni di disprezzo e odio per quell’uomo inutile, inetto e senza spina dorsale che si trova accanto, un uomo interessato solo all’alcol e alle scommesse così come a trastullarsi con giovani fanciulle che – se non fossimo nell’Ottocento – manco mezza possibilità avrebbe avuto. E non cominciamo con le sue figlie di cui si salva solo Penelope, Penelope che per chi ha visto Derry Girls, non è un volto sconosciuto. Penelope che io amo alla follia e chi ha finito la serie può facilmente capire perché.
Ma passiamo a colei che è la vera icona di Brigerton, una diva in tutto e per tutto, la pettegola più pettegola che ci sia in tutta Londra, peggiore delle comari di un paesino che non brillano certo per iniziativa per citare il grande De André. Colei che tutto deve e vuole conoscere, parlo ovviamente della Regina Charlotte. È cazzuta, è super trash ed è così divertente che io le regalerei uno spin-off, uno anche da dieci minuti a puntata in cui c’è lei che fa cose. A me basterebbe questo e vederla trattare male il suo maggiordomo perché – a suo dire – è troppo pettegolo. Cioè follia pura! La amo. Regina Charlotte governami la vita!
Detto ciò, un altro aspetto che ho trovato decisamente interessante e positivo è la figura di Eloise, così simpatica e allo stesso tempo ingenua, ma determinata a non essere solo una donna-oggetto. Eloise è la femminista della famiglia Bridgerton, è colei che è determinata a scoprire l’identità di Lady Whistledown ma non per diffamarla, bensì per esprimere l’ammirazione che ha nei suoi confronti e per diventare come lei. Brava Eloise, sconfiggi il patriarcato o quanto meno provaci!
Ma, parlando di novità piacevoli, questa serie non sarà proprio accurata storicamente e sinceramente trovo che questa sia la sua caratteristica migliore. C’è dell’integrazione e questa è da sempre una delle crociate di Shondaland ed è uno dei motivi per cui adoro i loro prodotti. Certo dal punto di vista del progresso femminista c’è strada da fare, ma Eloise, Lady Dunbury, la Regina Charlotte e Lady Whistledown sono il volto della speranza, così come mamma Bridgerton che è quella che davvero porta i pantaloni in famiglia, non me ne voglia il sosia del mago Casanova, Anthony Bridgerton che alla morte di suo padre ha ereditato il suo titolo e che voleva solo ribellarsi alle regole della società e stare con la sua amata cantante, sì, avete capito bene, proprio come il più comune romanzo rosa ambientato a quei tempi.
Nei confronti dei nostri due protagonisti Daphne e Simon ho da dire solo che nonostante a tratti li abbia detestati, li ho trovati estremamente romantici e divertenti. Ho amato la loro scena nel museo, l’ho trovata estremamente tenera. Insomma, sono i perfetti protagonisti di un romanzo rosa, a dire il vero la loro storia è quattro o cinque romanzi messi insieme, ma va bene ugualmente. Ho trovato ridicola la scusa del voto di Simon. Per citare quanto detto da una mia cara amica, ad un certo punto della storia hanno rubato il plot a Manzoni dei I Promessi Sposi e il Duca è diventato Lucia e Daphne, Renzo.
Vi ricordo che lui ci ha ammorbati per episodi interi a causa di quel voto stupido che ha fatto sul letto di morte a suo padre. Una cosa ridicola, ma ehi, è l’Ottocento e si facevano drammi per molto meno.
Prima di lasciarvi, dopo avervi ammorbato per due ore, voglio fare un applauso al direttore della fotografia che è stato eccellente. Ma anche alla scrittrice dei romanzi a cui è ispirata Bridgerton e al creatore della serie per quella rivelazione finale della identità di Lady Whistledown. L’ho amata alla follia pur avendo già intuito chi si nascondesse dietro quello pseudonimo nel momento in cui Eloise è nella carrozza con suo fratello Benedict che spero si scopra gay o quantomeno bisessuale nella prossima stagione e Madame Delacroix.
Spoiler!Allert non è Dan Humphrey sta volta.
Insomma, vi consiglio assolutamente di guardare Bridgerton perché è un agglomerato di trash ed è una serie sicuramente grottesca, ma è estremamente divertente e leggera. È una serie che per qualche ora vi terrà lontani dalla realtà che stiamo vivendo e che vi catapulterà in un mondo lontano, ma così irriverente ed entusiasmante che vi farà dimenticare tutto il resto e vi appassionerà. E adesso me ne torno a girovagare per casa con il plaid viola sulle spalle fingendo che sia un mantello e rispondendo al resto della mia famiglia solo ed esclusivamente se si rivolgerà a me col nome di Lady Trashington nella speranza che la seconda stagione venga confermata al più presto.
P.S. Se qualcuno riesce a spiegarmi cosa significa l’arrivo alla fine di Francesca, ve ne sarei grata.