Cari gentili lettori, è arrivato finalmente il momento – per questa autrice – di trarre le sue conclusioni sulla terza e attesissima stagione di Bridgerton. L’impulsività, a volte, può essere pericolosa; altre volte è una benedizione e vi confesso che dopo aver guardato l’ultima scena di Bridgerton, questa autrice ha rischiato di gettarsi a capofitto nella scrittura del suo personalissimo parere, correndo il rischio di giudicare frettolosamente degli elementi che – invece – necessitavano riflessione. Ma, proprio perché l’impulsività è a volte una benedizione, è motore, questa autrice ha appuntato quelle viscerali reazioni, trovandole oggi trasformate in degli interessanti punti di partenza per riflessioni che spero condividerete o che contesterete magari facendomi scoprire nuovi punti di vista.
sempre vostra,
Lady Trashington
Prima di cominciare con la recensione, vi chiedo di apprezzare lo sforzo mnemonico che ho fatto perché quel Lady Trashington risale alla prima recensione di Bridgerton. Correva l’anno 2020, il giorno era il 29 dicembre e questo dovrebbe essere il punto in cui avrei dovuto dire che eravamo giovani e spensierati. Giovani lo eravamo di sicuro, spensierati, oddio, non mi spingerei fino a quel punto… terrorizzati, forse.
E dopo questa breve digressione, veniamo a noi. Questi ultimi quattro episodi ci hanno bombardato d’informazioni, perciò collezionare i pensieri è complesso, ma ci proviamo. Mi sembra appropriato cominciare dai protagonisti: Penelope e Colin.
Piccola premessa: continuerò sempre a ribadire che la serie tv è una storia a parte rispetto quella del libro. Proprio per questo, però, mi sembra giusto dare a Cesare quel che è di Cesare e perciò spezzare una lancia a favore di chiunque abbia curato la storia seriale perché è riuscito a inserire in questa trasposizione un elemento fondamentale della storia d’amore originale tra Penelope e Colin: ovvero il sentimento di frustrazione, la gelosia e il dissidio interiore di Colin, diviso a metà tra l’amore per Penelope e tutti questi sentimenti negativi per Lady Whistledown. Era fondamentale – a mio parere – che questo momento ci fosse perché chiave per leggere e comprendere meglio il personaggio di Penelope e – soprattutto – la sua emancipazione.
Il che ci porta a un altro elemento decisamente importante di questa stagione di Bridgerton e della storia di Penelope in sé: Penelope non ha intenzione di conformarsi al ruolo canonico affibbiato alle donne nell”800. Penelope guida silenziosamente una rivoluzione. La ragazza da parete, quella invisibile, non è solo colei che per anni si è presa gioco dell’alta società inglese (anche se “prendersi gioco” non è l’espressione corretta), ma è anche colei che è stata capace di costruire per se stessa un futuro indipendentemente dal marito.
Cerco di spiegarmi meglio: a Penelope e a tutte le donne che abbiamo visto avvicendarsi in questa serie, è stato insegnato che il loro unico scopo nella vita è trovare marito, mettere su famiglia concependo degli eredi, e basta. La loro intera esistenza era volta a questo, al sacrificio, all’annullamento di sé. Lo esprime magnificamente Amy March in Piccole Donne di Gerwig, che con Penelope ha qualche elemento in comune. Amy nel famoso dialogo con Laurie dice:
Sono solo una donna. E in quanto donna, non posso guadagnarmi da vivere da sola. Non abbastanza per mantenermi o per sfamare la mia famiglia. E se avessi dei soldi miei, cosa che non ho, apparterrebbero a mio marito nel momento in cui mi sposasse. E i nostri figli sarebbero suoi, non miei. Sarebbero una sua proprietà, quindi non startene lì a dirmi che il matrimonio non è una questione economica perché lo è.
Piccole Donne (Little Women, Greta Gerwig, 2019), 1:05:42 – 1:06:16
Portia Featherington lo dice chiaramente in una delle conversazioni con sua figlia, spiegando in un certo senso il motivo dei suoi comportamenti. Non si è sposata per amore, ma sperando di trovare la propria dimensione. Sottraendosi sì al controllo della sua famiglia d’origine, ma inserendosi in una nuova dinamica di proprietà e potere con suo marito. Sperava che questa unione le avrebbe fornito una parvenza (perché di parvenza si tratta) di indipendenza economica, libertà, controllo su se stessa e, probabilmente, sulle persone che avrebbe dovuto amministrare come responsabile della famiglia e della casa, e di potere.
Ed è proprio in questo contesto che il personaggio di Penelope (ed Eloise finora) in Bridgerton emerge come rivoluzionario, emancipato e moderno. Penelope, grazie alla sua determinazione e al suo privilegio (già stabilito dalla sua posizione sociale e incrementato dall’unione con il marito), è riuscita a costruirsi un futuro in cui non è solo la donna di casa il cui unico scopo è prendersi cura della famiglia e del marito. No, Penelope ha anche un lavoro e una significativa indipendenza economica. Lotta e mette tutto a rischio, è disposta a perdere il suo grande amore, pur di far riconoscere i suoi meriti e il suo lavoro. Penelope non si lascia zittire dalla società né dalla paura, e con l’aiuto di chi le sta accanto riesce a trasformare ciò che avrebbe potuto essere la sua condanna nel suo più grande, meritato e riconosciuto successo.
È rivoluzionario anche perché seppur fosse disposta a farlo, non ha dovuto rinunciare a nulla, Penelope ha avuto tutto ciò che desiderava e voleva ottenere dalla vita. Voleva sposare l’uomo che ha sempre amato ed essere una scrittrice ed è riuscita a fare entrambe le cose. Per qualcuno la realizzazione è la famiglia, per altri il lavoro, per altri ancora sono entrambe e Penelope ci ha ricordato che in un mondo ideale e giusto ogni donna, ogni persona, dovrebbe essere sempre messa nelle condizioni di poter ottenere esattamente ciò che desidera per se stessa, senza pregiudizi, forzature e oppressioni. E nel fare questo riesce a ricucire i rapporti con una famiglia che ha sempre visto troppo diversa e lontana da sé e che adesso comprende, riuscendo – allo stesso tempo – a farsi comprendere da loro, cosa che trovo bellissima.
Ma tornando ad argomenti più leggeri, mi ritengo decisamente soddisfatta di come si sia evoluta la storia di Colin e Penelope. Questo amore che ha costruito le sue fondamenta nel corso del tempo, fino ad arrivare al momento più alto dell’idillio interrotto però bruscamente da una rivelazione che avrebbe potuto essere fatale. E a quel punto avremmo potuto rischiare di dover citare le parole della grande, suprema, straordinaria Mina in Se telefonando: “ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito”.
Ma tutto è andato per il meglio e Colin è riuscito a non lasciarsi sopraffare dal risentimento, dalla rabbia, dalla gelosia. Ha lavorato su se stesso, ha compreso le ragioni scatenanti della sua rabbia e allo stesso tempo ha colto il talento di sua moglie, le sue necessità, riuscendo a conciliare tutto ciò con l’amore profondo che già provava per lei. Colin amava già Penelope, ma ha imparato ad amare anche Lady Whistledown. È stato lui a rivelare qualcosa che Penelope gli diceva nei libri: che lei e Lady Whistledown non sono due entità separate, ma la stessa persona. Questo sottintende che l’amore di Colin è rivolto a entrambe, non è più prerogativa solo di una parte di Penelope.
Cruciale nel momento in cui Colin scopre l’identità di Lady Whistledown, è stata la rappacificazione e la vicinanza riscoperta tra Eloise e Penelope. Abbiamo vissuto il dolore della loro rottura d’amicizia come si soffre per una rottura amorosa. Il legame tra Penelope ed Eloise è sempre stato uno degli aspetti che preferisco di Bridgerton. Il modo in cui Eloise è riuscita a superare il conflitto con la sua amica e a correre in suo aiuto quando ne aveva bisogno, mi ha fatto ricordare perché la ammiro così tanto. Dietro la sua facciata imponente e risoluta, si cela una persona estremamente empatica, pronta a tutto pur di aiutare chi ama.
Un’altra nota positiva di questa seconda parte della terza stagione di Bridgerton è sicuramente il ritorno dei personaggi di Anthony e Kate in grande stile. L’arrivo imminente di un nuovo erede al titolo di Visconte di Bridgerton mi riempie di gioia. Jonathan Bailey e Simone Ashley non deludono mai nel ricordarci perché li abbiamo amati così tanto. Mi spiace solo che Anthony a volte riprenda tratti caricaturali che pensavo avesse superato nella seconda stagione di Bridgerton e che purtroppo mi fanno tornare a pensare a lui come al sosia inglese del mago Casanova.
Interessante è la piega che ha preso la storia di mamma Violet/Kris Jenner che, diversamente dai libri, ha finalmente capito di poter ancora vivere in prima persona l’amore e non solo sperare di preparare il terreno ai suoi figli perché lo vivano loro. L’introduzione del personaggio di Marcus Anderson non mi dispiace affatto e spero che – se non necessariamente tramite uno spin-off come si vocifera – ci sia modo di conoscerlo meglio così da poter approfondire sia la sua storia eventuale con Violet che quella di sua sorella Agatha Danbury.
Mi sembra giusto aggiungere qualche parola anche su Benedict, considerando come si è conclusa questa stagione di Bridgerton con la menzione al ballo in maschera, che ci ha fatto capire che la prossima sarà la sua. Di questa storyline non sono contentissima, trovo che Benedict sia uno dei personaggi migliori di Bridgerton, eppure mi dispiace che venga caratterizzato come se fosse l’ultimo scappato di casa. Soprattutto non mi piace il fatto che di questo personaggio si provi, forse per rendere più importante il cambiamento nella sua stagione, a sottolinearne la superficialità e la mancanza di concretezza rispetto agli altri due (Gregory è ancora troppo piccolo per inserirlo in questo discorso).
Inoltre, ho sempre creduto che Benedict potesse avere più sfaccettature di quelle che ci hanno mostrato e che poteva farsi portavoce nella serie di un argomento che non si è mai veramente trattato, ovvero quello dell’orientamento sessuale. Nella prima stagione di Bridgerton, infatti, credevo fortemente che Benedict potesse essere la rappresentanza queer della serie. Nella prima recensione scrivevo: “Benedict che spero si scopra gay o quantomeno bisessuale”. Non mi sono necessariamente sbagliata e continuo a credere che il suo possa essere un contributo valido alla rappresentazione, ma forse il personaggio queer sarà un altro.
Il che ci porta al prossimo punto e poi – ve lo giuro – terminerò questa lunga recensione con ancora tante cose di cui vorrei parlare, ma che riserverò per un altro articolo più specifico: Francesca. Francesca che – bisogna essere onesti – in questa stagione ci ha conquistati un po’ tutti con il suo riserbo, con la sua grazia, con la sua timidezza e la sua genuinità. Francesca che ci sembrava avesse trovato in John la persona giusta per lei. Noi tutti, a questo amore un po’ inusuale rispetto alle classiche rappresentazioni dell’amore sullo schermo sempre struggenti, intense, anche sofferte, ci siamo appassionati e che sarebbe un peccato se venisse del tutto smontato.
Cosa sto cercando di dire? Che forse, indipendentemente dal fatto che sia Michaela (sarebbe stato lo stesso se fosse stato Michael), quegli ultimi secondi hanno rovinato la bellezza di quel rapporto magico che si era creato tra Francesca e John. Quella reazione finale suggerisce un colpo di fulmine, ma allora cosa c’è ora tra John e Francesca? È vero, anche nel libro stavano bene insieme nonostante il loro amore non fosse travolgente, ma con l’introduzione improvvisa di un terzo elemento, in questo momento della storia e non dopo, cosa suggerisce che ci sia tra Francesca e John? Un sentimento finto, magari non ricambiato da parte di lei? Non so se mi piacerebbe questa interpretazione, non dopo il legame che hanno costruito per tutta la stagione.
Poi, per carità, il fatto che Michael sia Michaela è stato scioccante all’inizio, ma ne comprendo i motivi. Effettivamente Bridgerton non ha – ad oggi – una rappresentazione queer nella serie. Però mi sorge un dubbio logistico più che altro. Bridgerton non è una serie storicamente accurata e questo è chiaro, ma considerato che siamo nell”800 mi preoccupa il modo in cui si potrebbe mettere in scena una dinamica omosessuale senza che, per ovvi motivi, si finisca per raccontare una storia segreta. Considerate le lotte della comunità queer per il riconoscimento e la rappresentazione, per la fierezza e l’orgoglio omosessuale, raccontare una storia in cui si nasconde una storia d’amore queer perché siamo nell”800 non sarebbe fare diversi passi indietro?
A meno che – ho pensato – non si scelga di agire come Ryan Murphy ha fatto in Hollywood per la storia di Archie Coleman e Rock Hudson, ovvero sdoganando la questione dell’omosessualità che poi – idealmente – è stata accettata in un momento storico in cui, in realtà, non lo era. Vista l’inaccuratezza storica di Bridgerton potrebbe effettivamente essere un modo per raccontare una coppia queer.
Insomma, questa stagione di Bridgerton, a parte alcuni elementi che non mi hanno convinto del tutto, come la totale estraneità di parte di Lady Danbury alla scoperta dell’identità di Lady Whistledown e alla storia d’amore dei Polin, o il completo oblio di Lord Debling, di cui nessuno sembra più ricordarsi se non per un fugace momento nella quinta puntata, devo dire che, ancora una volta, Bridgerton è riuscita a non deludermi. Ora non ci resta che aspettare l’annuncio ufficiale su chi sarà il protagonista della prossima stagione e attendere pazientemente di rivedere la nostra famiglia preferita dell’età della reggenza fare ritorno sui nostri schermi.
Per questa stagione è tutto… forse
sempre vostra,
Lady Trashington