Attenzione! Se non avete visto la 1×07 di Castle Rock evitate la lettura, o vi imbatterete in qualche spoiler!
The Queen, settimo episodio di Castle Rock, ripercorre lo stesso lasso di tempo di quello precedente. Solo che il focus cambia. Il punto di vista che vediamo è quello di Ruth, quello confuso eppure estremamente nitido, il quale ci porta avanti e indietro nel tempo, fra realtà e ricordi. L’episodio inizia con il personaggio che si nasconde nel capanno in giardino, con una pistola tra le mani. Qui abbiamo i primi ricordi che si affacciano prepotentemente alla sua memoria e prendono il sopravvento sulla realtà.
Dopo la sigla, il marchio di fabbrica di Castle Rock, che non manca mai di instillare nello spettatore almeno un minimo di ansia ed esaltazione, torniamo al momento in cui Ruth si fa visitare, accompagnata da Pangborn. Al loro ritorno a casa, quando quest’ultimo la lascia per seguire le indicazioni del ragazzo come avevamo visto nell’episodio precedente, la donna prende la valigetta degli scacchi e inizia a sistemarli in giro per casa. Ed è qui, fin da subito, che ci viene mostrato qualcosa al contempo nuovo e familiare.
Quello dei ricordi non è un viale. È una casa.
Ruth passa da un ricordo all’altro, alla realtà e di nuovo ai ricordi, semplicemente andando in giro per casa. Ogni porta che attraversa, ogni stanza in cui entra, la conduce a un ricordo diverso. E ogni volta è un pezzo degli scacchi che funge da appiglio per farla stare a galla o a farla tornare su quando è immersa troppo a fondo.
A un certo punto, però, abbiamo la sensazione che lei stia perdendo il controllo, che i ricordi stiano rischiando di sopraffarla. Capire cosa sia reale, cosa sia adesso e cosa no è sempre più difficile, sempre più spossante. Senza contare la frustrazione che le porta il trovarsi immersa in un altro dove e quando proprio nel momento in cui ha più bisogno di essere presente per poter sopravvivere al mostro che la minaccia. Mostro nelle cui fattezze si incontrano il ragazzo di Shawshank e il suo defunto marito, Matthew.
Quando il ragazzo entra in casa, Ruth non vede lui. Vede suo marito. Vede il marito anche quando pochi secondi dopo, al telegiornale, trasmettono la notizia dell’incendio a Juniper Hill. Quando appare la foto del giovane lei sposta lo sguardo alla croce sul muro e sussurra “Matthew!“. Che sia il ragazzo a confondere la mente della donna, facendo sì che lei lo percepisca come suo marito, o che sia semplicemente colpa della sua malattia, il risultato non cambia.
Per Ruth il mostro era suo marito.
Tra i tanti suoi ricordi abbiamo scoperto che Matthew Deaver era tutt’altro che il brav’uomo che Castle Rock voleva che ci aspettassimo. Possessivo, geloso, forse anche violento. Spaventava la moglie e il figlio con i suoi modi che irradiavano minaccia anche quando all’apparenza tutto era quieto.
Ruth nutre da anni e anni il terribile dubbio che sia stato proprio suo marito a sbarazzarsi in maniera atroce del cane di Henry e si incolpa per non aver avuto il coraggio di accertarsene. Anche da questo deriva la sua paranoia per i cani: quello che ha fatto disseppellire a Pangborn per accertarsi che fosse morto, quello che abbaiando l’ha spinta a gettarsi dal nuovo ponte di Castle Rock, quello che, dritto dritto dalla sua immaginazione, la terrorizza materializzandosi davanti a lei quando si alza al mattino, ansimante e insanguinato.
Il pastore Deaver, negli ultimi anni della sua vita, era cambiato. Forse complice una sorta di esaurimento nervoso cui Ruth pare far cenno in uno dei suoi ricordi, il colpo di grazia giunge quando Matthew Deaver inizia a sentire la “Voce di Dio“, che sembra portarlo definitivamente alla follia. A farci rendere davvero conto di quanto Ruth fosse spaventata da lui è la sua reazione all’arrivo di Molly.
You did right. But it didn’t take. He’s back. In the present, not the past. But I’m gonna fix it.
Hai fatto la cosa giusta. Ma non è bastato. È tornato. Nel presente, non nel passato. Ma sistemerò tutto. Questo dice a Molly quando le rivela di conoscere la verità sulla morte del marito. Parole forti e angoscianti le quali danno tutta un’altra dimensione agli sforzi che Ruth compie nel lottare contro i ricordi che si affollano inesorabilmente.
Deve essere presente a se stessa per difendersi da quello che lei crede sia suo marito tornato dalla morte. E quando infine riesce a procurarsi le munizioni e la pistola si nasconde nel capanno. Dei passi si avvicinano, qualcuno sta per entrare.
Qui. Adesso. Ci troviamo nello stesso dove e nello stesso quando dai quali abbiamo iniziato. Il momento in cui i ricordi l’hanno sopraffatta. La porta si apre e Ruth spara. Troppo tardi riesce a mettere nuovamente a fuoco ciò che le sta davanti. L’uomo a cui ha sparato non è Matthew. È Pangborn.
“Please don’t leave” “I’m not going anywhere”
Nel corso dell’episodio perdiamo il senso del tempo “reale”. Abbiamo l’illusione di aver fatto avanti e indietro tra realtà e ricordi, quando è molto più probabile che non ci siamo mai mossi davvero da quel capanno. Tutto ciò che abbiamo visto potrebbe essere stato un lungo ricordo rivissuto da Ruth nell’attimo di panico, una fuga dal terrore.
Ed è forse ancora nella baracca, Ruth, quando si immerge nel ricordo di Pangborn che torna a Castle Rock, che torna da lei, per non lasciarla più. I pezzi degli scacchi, la Regina e il Cavaliere, richiamano alla posizione dei due nel momento in cui Alan muore (una morte rocambolesca e crudele). Che siano ancora lì o meno tuttavia non conta. Ciò che conta è che nel ricordo l’uomo che ama è ancora vivo, e finché vi resterà immersa, Ruth potrà rimanere con lui.
E come lui le promise anni prima, stavolta è lei a promettere tacitamente. I’m not going anywhere. Non vado da nessuna parte.
Una Sissy Spacek a dir poco monumentale riesce a reggere un’intera puntata praticamente da sola, colpendoci dritti allo stomaco. The Queen è un episodio potente che nella confusione della sua protagonista rivela a noi più di quanto Castle Rock abbia fatto finora. Mettendo in secondo piano l’inconcludenza di quello che lo ha preceduto.