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Cent’anni di Solitudine – La Recensione della serie Netflix tratta dal capolavoro di Gabriel García Márquez

Diego Vásquez e Susana Morales in una scena di Cent'anni di Solitudine
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Lo avevano detto già nel 2019 (ricordate?), ma nessuno aveva davvero creduto alla riuscita di quest’opera. D’altronde, lo stesso Gabriel García Márquez non credeva che le parole tirate fuori dalla sua penna fossero capaci di diventare un riadattamento. Alla Serie Tv Cent’anni di Solitudine, tratta da uno dei capolavori della letteratura per antonomasia, non credeva realmente nessuno. Neanche il suo stesso autore. Per sessant’anni, siamo stati convinti che questa fosse l’unica opzione possibile. Che Cent’anni di Solitudine fosse un’opera intoccabile, un classico che – a dispetto di altri – non poteva conoscere regia, montaggi, fotografia o ambientazioni capaci di restituire la sua vera essenza. E lo stesso abbiamo creduto dei suoi personaggi così vasti, simili, spesso chiamati con lo stesso nome.

Credevamo che un albero genealogico del genere non potesse essere sviluppato davvero né sul grande né sul piccolo schermo. Lo credevamo, e lo abbiamo creduto anche nel 2019, anno in cui la Serie Tv basata su Cent’anni di Solitudine fu annunciata da Netflix, suscitando sensazioni di diffidenza e scettiscimo. Potrebbe mai un’opera così complessa diventare una Serie Tv? La risposta inizialmente era negativa. Un lungo no protratto che è durato per anni. Ma che l’11 dicembre del 2024 si è interrotto, affermando che sì: anche un classico senza tempo così apparentemente inadattabile può diventare una Serie Tv. La differenza la fa il come. Il modo. Il tempo.

Ed è questo quel che ha reso grande la nuova Serie Tv Netflix Cent’anni di Solitudine: lo scorrere di un tempo che sembra non muoversi mai, e che invece scorre talmente tanto da vedere crescere dal nulla la città immaginaria di Macondo

Diego Vásquez e Susana Morales in una scena di Cent'anni di Solitudine
Credits: Netflix

Quella appena arrivata è solo un minima parte. Otto episodi da otto ore complessive che segnano solo l’inizio di un lungo viaggio che si chiuderà nel 2025, attraverso otto nuovi episodi. La prima parte appena arrivata su Netflix si concentra infatti solo sulla prima metà del libro. Nel 2025 arriverà infatti, sempre su Netflix, la seconda parte dell’opera. In totale, dunque, Cent’anni di Solitudine avrà ben sedici episodi, ben sedici ore complessive di visione. Una scelta non solo comprensibile, ma anche necessaria, capace di veicolare il messaggio che non si ha alcuna intenzione di dar vita a una trasposizione del genere solo per il gusto di farla, di re-interpretarla in una chiave seriale. Non era questo il punto. Rispolverarla ha un solo e unico obiettivo: farlo con tutta la dedizione possibile, anche a costo di inimicarsi il pubblico che preferisce ritmi più accattivanti e uno scorrere del tempo più fluido.

Guardare Cent’anni di Solitudine chiederà un certo tipo di impegno da parte del pubblico. Difficilmente, dopo aver visto un episodio, si deciderà di guardarne subito un altro, e un altro ancora. Non tanto per i 60 minuti, ma per il modo attraverso cui questi scorrono. Dieci minuti di Cent’anni di Solitudine sembrano 30. E 30 sembrano 60. E’ un patto che si fa con il tempo. Un silenzioso compromesso che facciamo con la nostra sete di frenesia. Accettiamo che il minutaggio venga alterato, manipolato, vivendo una costante sensazione che è in realtà frutto di una bugia. Alex García, il regista della serie, sapeva che rischi corresse, ma ha deciso – fortunatamente – di non accontentarsi, curando maniacalmente l’intera opera, fino a farla diventare quel per cui forse è nato il romanzo: un manifesto sul tempo.

Ad apprezzarla realmente come la grande opera che è saranno quasi certamente soprattutto i fan del romanzo, che qui avranno la possibilità di ritrovare quelle sensazioni che avevano lasciato tra gli scaffali delle loro librerie. Era proprio il loro, il giudizio più atteso. Era proprio il loro, il giudizio più temuto. Riuscire a ri-evocare le sensazioni di un romanzo che sospende completamente la realtà è una prova difficile, difficilissima, anche per una delle più grandi potenze streaming mondiali. Ma Cent’anni di Solitudine trionfa, vince e stra-vince la prova, dimostrando che tutto può essere ripetuto, anche la più complessa delle pagine. La sensazione che si ha di fronte alle pagine del libro di Gabriel García Márquez è imponente, intensa, avvolgente, ma non per questo non priva di confusione.

Star dietro a tutti quei personaggi – che spesso condividono nomi comuni – è un lavoro che richiede tempo e concentrazione. A questo non fa eccezione la Serie Tv, che in alcun modo accetta distrazioni. Di diventare un sottofondo. L’opera Netflix, forte della sua più totale dedizione all’opera prima, non accetta di essere catalogata come una produzione di serie B. Un tentativo di ri-evocazione del capolavoro in pagine di Gabriel García Márquez. Vuole essere un suo pari, e ci riesce.

Diego Vásquez e Susana Morales in una scena di Cent'anni di Solitudine
Credits: Netflix

Come anticipato, l’opera Netflix riesce a ri-evocare le atmosfere, i volti, le trame e le tematiche di Cent’anni di solitudine, portando sul piccolo schermo quella magia realistica ha reso il romanzo uno dei più grandi al mondo. Come nel libro, anche qui la narrazione comincia attraverso il personaggio di José Arcadio Buendía – il fondatore di Macondo – e sua moglie Ursula Iguarán, cugina di primo grado. Il loro rapporto non viene accolto nel migliore dei modi dalla comunità, che in loro vede il riaffiorarsi di leggende e superstizioni terribili che minacciano l’incolumità degli stessi e degli altri. Insieme a ventuno amici e con le loro famiglie, i due lasciano i loro posti per vagare tra le paludi. Il viaggio è lungo, e la meta è indefinita.

Ma quel che conta in Cent’anni di Solitudine è la realtà che si lega al sogno, i segnali che l’ultraterreno lascia in giro fino a costruire un’intera via. Ed è a quel punto che José riesce a mettersi in contatto con un mondo parallelo in quel momento visto solo in un sogno. Sogna una città, il nome Macondo. E’ un segnale che va messo in atto, un desiderio nascosto che va concretizzato. E’ l’inizio della nascita di Macondo, il luogo che vedrà scorrere l’esistenza di ben sei generazioni per ben cento anni. Non possiamo ricorrere alla solita formula lessicale: cent’anni di Solitudine non entra davvero nel vivo in quel momento. Si prende del tempo, maturando e scorrendo con sempre più gradualità. E’ come se fosse nata al contrario. Come se lo scorrere del tempo implicasse solo una cosa: camminare ancor più lentamente.

Restituendo uno spazio a tutti i personaggi – principali e secondari – la Serie Tv Netflix sviluppa gradualmente i legami, le virtù, la complessità delle anime che abitano Macondo. Lo fa con i suoi tempi, prendendosi gioco della frenesia dell’era dello streaming, facendo diventare visibili cose che fino a quel momento avevamo soltanto immaginato. In quel micromondo, sembra essere sbocciato un macromondo. La vita è tutta lì, tra la sospensione di un tempo che non sembra esistere realmente. Come nel caso dell’opera madre, anche qui si è di fronte a un evidente richiamo al realismo magico che riesce a dar vita alla storia colombiana attraverso espedienti surreali che mettono in atto un altro tacito accordo tra telespettatore e opera.

I lettori di Cent’anni di Solitudine hanno accettato di affidarsi completamente alla penna dello scrittore, senza interrogarsi su cosa fosse reale e possibile e cosa invece non lo fosse. Nello stesso modo, questa fiducia ritorna anche nel contesto televisivo in cui il telespettatore si ritrova ad assecondare una realtà filtratata dalla fantasia, che altro non è che l’interpretazione dell’esistenza da parte di Gabriel García Márquez. Le trasposizioni hanno un unico compito: non farci rimpiangere l’opera principale. Ri-evocare attraverso il piccolo o grande schermo una realtà che fino a quel momento era posseduta solo dalle pagine di un libro, dalla mente del lettore, dalla penna dello scrittore.

Cent’anni di Solitudine ha trovato la chiave giusta per mettere in atto questo obiettivo senza mai esagerare, approssimare o enfatizzare. Restando sempre in bilico. In quel mondo sospeso tra quel che è materiale e astratto. Tra il visibile e l’invisibile. Tra un pagina di romanzo e la vita vera. Che qui, in realtà, sono la stessa cosa.

Non soltanto Cent’anni di Solitudine: ecco che altre Serie Tv e film tratti da romanzi stanno per arrivare!