ATTENZIONE: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Cinque giorni al Memorial
Lo scorso 16 settembre 2022 è stata resa disponibile l’ultima puntata della miniserie Cinque giorni al Memorial targata Apple TV+ e tratta dall’omonimo libro del Premio Pulitzer Sheri Fink, giornalista investigativa del New York TImes. John Ridley, vincitore di un premio Oscar per la sceneggiatura di 12 anni schiavo, e Carlton Cuse, vincitore di un Emmy come produttore di Lost, hanno adattato per lo schermo le cinquecento e più pagine di un libro che raccoglie un lungo e delicato lavoro d’inchiesta e che, negli Stati Uniti, ha creato molto scalpore. Un libro che racconta alcuni specifici eventi accaduti durante una delle catastrofi naturali più sconvolgenti di questi primi decenni del XXI secolo: l’uragano Katrina a New Orleans.
Le otto puntate della miniserie sono dirette da Ridley e Cuse, e interpretate, nei ruoli principali, da Vera Farmiga (The Conjuring e Tra le nuvole), Cherry Jones (24, Succession e The Handmaid’s Tale), Robert Pine (NCIS e I CHiPS, la serie) e Cornelius Smith Jr (Scandal e Manhunt). Per la soffocante fotografia è stato scelto Ramsey Nickell (Fear the Walking Dead e American Crime) mentre per il sottile e inquietante accompagnamento musicale Torin Borrowdale (Locke & Key).
Inizialmente la storia avrebbe dovuto essere la terza stagione della serie antologica di FX American Crime Story ma i dirigenti del canale tematico hanno preferito scartarla. Così, ad accaparrarsi i diritti di questo piccolo gioiello è stata la Apple Tv+ che da quando ha aperto i battenti, nel 2019, ha sfornato non poche portentose serie, in particolar modo nel 2021.
Come mai questa scelta? Voci di corridoio affermano che la FX, canale televisivo a pagamento facente parte dell’immenso gruppo The Walt Disney Company, abbia preferito evitare di riportare a galla una storia così drammatica legata a una catastrofe che ancora oggi è come una ferita aperta per gli americani, in particolar modo per gli abitanti della Louisiana.
Gli Stati Uniti, soprattutto le zone costiere, sono spesso colpite da uragani di diversa entità. Nel 2005, precisamente il 23 agosto, al largo delle Bahamas, ha avuto origine uno tra i cinque più violenti uragani della storia americana. La tempesta, inizialmente indirizzata verso il sud della Florida ha poi imboccato il Golfo del Messico per dirigersi e sfogarsi nel sud della Louisiana, devastando e uccidendo come mai prima d’ora. Cinque giorni al Memorial racconta come medici, infermieri e pazienti di un ospedale di New Orleans abbiano vissuto combattuto questo cataclisma. Ma non solo.
Cinque giorni al Memorial apparentemente è medical drama. Le prime cinque puntate, infatti, sono ambientate all’interno di un ospedale, il Memorial Medical Center. Le vicende narrate descrivono le eccezionali e sconvolgenti vicissitudini di un cospicuo numero di persone bloccate all’interno del nosocomio a causa della forza devastatrice della Natura. Da una parte ci sono i pazienti, per lo più inerti. Dall’altra il personale medico costretto a compiere straordinarie azioni per poter salvaguardare il più a lungo possibile la salute di chi è ospitato all’interno delle mura ospedaliere, suo malgrado. Questi due gruppi forniscono allo spettatore, in particolar modo a quello europeo abituato a una sanità più pubblica che privata, una serie di importanti spunti di riflessioni.
Cinque giorni al Memorial, infatti, non è un semplice racconto, una narrazione umida, appiccicosa e soffocante. La miniserie porta con sé una quantità di domande, etiche e morali, alle quali è molto complicato dare una risposta. L’efficienza di un sistema che molto spesso nei medical drama americani appare come incredibilmente stabile e solido crolla, all’interno del Memorial, come gli argini del Mississippi nella città di New Orleans, lasciando una desolazione devastante che mette a nudo la fragile limitatezza dell’ essere umano.
Dopo la tempesta, tra i raggi del sole, arriva la pigra piena di uno dei più lunghi fiumi del mondo. Inaspettate, e per questo sorprendenti, le acque fangose invadono i sotterranei dell’ospedale mandando in tilt i generatori elettrici attivi per supplire alla mancanza di energia elettrica. Con tutte le conseguenze del caso: niente aria condizionata, niente bevande fresche ma soprattutto niente macchinari medicali di vitale importanza.
Il personale medico, tra cui spiccano la dottoressa Anna Pou (Vera Farmiga) e la responsabile generale Susan Mulderick (Cherry Jones), con una dedizione encomiabile, fa di tutto per cercare di supplire a questa disgraziata situazione. Convinti che sia momentanea, fiduciosi nel sistema che deve andare avanti e speranzosi in un rapido ripristino delle funzionalità più basilari tutti si prodigano nel cercare di sostenere e aiutare chi si trova allettato.
Ma la situazione è troppo tragica e il mondo che li circonda completamente allagato. Gli apparati di emergenza, senza una catena di comando realmente operativa, fanno (male) quello che possono creando maggiore confusione. Le operazioni di soccorso, inizialmente, sembrano più azioni fatte da chi non è capace di accettare che il mondo sia finito anziché esser parte di una organizzazione funzionante.
Quando arrivano finalmente i soccorsi, quelli veri, cade l’ultima tegola: non tutti i pazienti potranno partire, l’evacuazione è organizzata troppo in fretta, e chi verrà lasciato in ospedale dovrà necessitare di quelle poche cure mediche ancore possibili. Nei corridoi devastati dell’ospedale i sussurri sul fatto che “nessun paziente vivo dovrà essere lasciato nella struttura” cominciano a diventare sempre più insistenti. La dottoressa Pou (Vera Farmiga) decide di restare: glielo impone il suo senso del dovere.
Cinque giorni al Memorial, disponibile su Apple Tv+ inizia con una scena decisamente raccapricciante. Un gruppo di individui inizialmente non definiti entrano nell’ospedale. Ciò che appare ai loro occhi è terribile, angosciante. Ma è ancora poco. Il gruppo, infatti, raggiunge la cappella e scopre quarantacinque cadaveri in forte stato di decomposizione. Sono proprio questi quarantacinque corpi a dare il via alla seconda parte della miniserie. Dal sesto episodio in poi, infatti, viene compiuto un balzo temporale e lo spettacolo televisivo si trasforma da medical drama in police procedural e legal drama. Gli investigatori dello stato della Louisiana indagano sulla morte di quei quarantacinque pazienti. Una morte che lascia trasparire un atroce sospetto: quello dell’eutanasia.
“Non ce la siamo sentita di emettere una sentenza“, dice Carlton Cuse “abbiamo preferito lasciare allo spettatore il compito di giudicare se effettivamente quanto avvenuto al Memorial in quei giorni fosse una pratica etica oppure no“.
La miniserie della Apple TV+ è davvero un gran bello spettacolo perché capace di coinvolgere lo spettatore completamente. Le scene girate all’interno dell’ospedale durante l’emergenza attanagliano la gola. Si ha davvero la sensazione di patire il caldo afoso della Louisiana.
I personaggi sono rapidamente ben definiti ma non scolpiti dall’accetta. In particolar modo le due protagoniste, Vera Farmiga e Cherry Jones le quali sono davvero molto intense nella loro interpretazione. Seppure i due personaggi siano distanti anni luce tra loro entrambe viaggiano nella stessa direzione, con un grande spirito di sacrifici e di devozione. Nessuna delle due, infatti, è decisa ad abbandonare la nave che disgraziatamente affonda. E fino all’ultimo lotteranno per ottenere il meglio.
La parte dedicata all’investigazione è interessante, ben strutturata ma, dopo i primi cinque episodi ospedalieri, risulta un po’ scollata, paradossalmente quasi leggera. L’intenzione probabilmente è quella di creare una netta separazione tra chi era presente e chi, invece, dopo, è deputato a dare un giudizio. L’intento è buono ma lo spettatore, ormai, è completamente calato nei panni del personale ospedaliero. Significativa, a questo proposito, è la testimonianza di una delle infermiere che si dice offesa da una investigazione sul personale medico e non su chi, invece, avrebbe dovuto far funzionare i servizi di emergenza (e le polemiche nei confronti dei politici coinvolti sono tutte racchiuse nel dito medio mostrato da un’infermiera verso l’Air Force One che abbandona, in fretta e furia, New Orleans).
Cinque giorni al Memorial racconta fatti drammatici ma lo fa con un rispetto fuori dal comune. La sofferenza dei pazienti viene trattata con i guanti dagli sceneggiatori e mostrata allo spettatore in modo tale da lasciargli un senso di tragica impotenza e di commovente pietà. Senza mai superare la decenza anche il dolore dei superstiti e dei parenti, reso tangibile da notevoli interpretazioni, non è mai fine a se stesso ma sostiene la narrazione in ogni momento. Ogni lacrima, ogni sospiro, ogni goccia di sudore evidenziata da una sapiente regia, è funzionale a un risultato decisamente sorprendente che merita davvero di essere visto.