ATTENZIONE: Il contenuto che segue contiene SPOILER sulla serie tv distribuita da Paramount Plus
Al momento del suo lancio in Italia, uno dei titoli più interessanti del nuovo servizio streaming Paramount Plus era Circeo, produzione italiana incentrata sul famoso massacro avvenuto nella villa situata in provincia di Latina con vittime due giovanissime ragazze: Rosaria Lopez e Donatella Colasanti. Si tratta di uno dei fatti di cronaca più sconcertanti della storia italiana: le due erano state rapite da due rampolli della Roma bene, portate nell’abitazione al Circeo e seviziate per giorni, fino a che, presunte morte, sono state riportate nella Capitale e trovate chiuse in un bagagliaio.
La serie prende come spunto proprio questo fatto di cronaca, concentrandosi però più che sul massacro in sé, relegato alla sola prima puntata, su tutte le conseguenze che ne sono scaturite. Una delle due ragazze, Donatella, è riuscita a sopravvivere a quella furia e ha denunciato gli aggressori, dando vita a un processo epocale, capace di cambiare per sempre la percezione della violenza sulle donne nel paese.
Dal processo al trauma di Donatella, fino al significato che quest’evento ha avuto per la lotta femminista. Circeo prova a consegnare il ritratto di anni turbolenti, dando al massacro una cornice sociale molto ampia. Un’operazione ambiziosa per la prima serie italiana firmata da Paramount Plus, ma il coraggio è stato sommariamente premiato, al netto di qualche fisiologica defezione.
Circeo e il trauma di Donatella
La serie si pone a metà tra la cronaca e la fiction e ciò che interessa maggiormente non è tanto la fedeltà alla realtà, requisito non essenziale considerando anche le ingenti aggiunte fatte, come la figura dell’avvocata Teresa Capogrossi. Da valutare, piuttosto, è la costruzione narrativa che la serie ha voluto allestire a partire dal famosissimo fatto di cronaca e la lettura che ha voluto sottolineare. Circeo ruota, essenzialmente, intorno a tre filoni, che ora andremo ad analizzare singolarmente. Partiamo dal primo, che poi è quello fondante per tutto il racconto e che probabilmente ha portato, o porterà, la maggior parte degli spettatori a vedere la serie: il racconto di ciò che ha dovuto vivere Donatella Colasanti.
Appena diciassettenne, la giovane ragazza romana viene rapita, torturata e violentata da Angelo Izzo, Gianni Guido e il sopraggiunto Andrea Ghira. Creduta morta, la ragazza viene riportata a Roma chiusa in un bagagliaio insieme all’amica Rosaria, ma a differenza dell’altra ragazza, Donatella è ancora viva e viene salvata. Raccogliendo tutto il coraggio che ha e spronata dall’avvocata Capogrossi, la giovane decide di denunciare i tre assalitori, dando il via a un processo epocale e storico per la giustizia e la società italiana.
La vicenda di Donatella si articola su due aspetti: uno intimo e privato, l’altro pubblico e mediatico. Il primo riguarda il trauma che ha dovuto vivere, il secondo il processo che la vede protagonista. Sono due dimensioni che spesso collidono e creano un dissidio forte nella ragazza, evidentemente traumatizza da ciò che è accaduto, ma desiderosa di andare avanti. Donatella è costantemente divisa tra il voler abbandonare l’immagine de “la sopravvissuta del Circeo” e la voglia di giustizia per tutto ciò che ha subito. Il suo tormento è reso alla perfezione dalla straordinaria interpretazione di Ambrosia Caldarelli, che con alcuni suoi monologhi ci regala alcuni dei momenti più intensi di tutta la serie di Paramount Plus.
Circeo è prima di tutto la storia di Donatella. Del male che ha subito, di come ha provato a reagire e della forza che ha dimostrato nel voler perseguire i suoi aguzzini. L’analisi del peso dei media e della sua condizione di sopravvissuta è svolta in maniera egregia e crea un legame profondo tra lo spettatore e la ragazza vittima del massacro. Il trauma di Donatella viene reso in maniera molto efficace, alternando momenti di crisi e altri di entusiasmo, mostrando in maniera perfetta tutte le contraddizioni di una persona che si trova a vivere una condizione scissa. Tra presente e passato, tra il trauma il suo rifiuto, tra la voglia di andare avanti e quella di non dimenticare.
La grande invenzione di Circeo
Uno degli aspetti più interessanti della serie di Paramount Plus è l’innesto della figura di Teresa Capogrossi, avvocata di Donatella, interpretata da una sontuosa Greta Scarano. Teresa è una donna idealista, molto meticolosa e precisa nel suo lavoro. Ha a cuore la difesa dei diritti delle donne e proprio con lei iniziamo a familiarizzare con l’altro grande filone della serie, ovvero la lotta femminista, che vedremo in seguito. Teresa prova a fare di tutto per aiutare le donne vittime di violenza, ma lo scarso peso che viene dato a questi soprusi e la paura di chi li subisce impedisce il più delle volte di poter far valere la giustizia. Una frustrazione enorme per lei, finché non arriva Donatella, in cui Teresa vede una grande possibilità.
Man mano conosciamo l’avvocata e capiamo da cosa deriva la sua ostinazione. Nella sua lotta in difesa dei diritti delle donne, com’era intuibile, ci sono delle ragioni personali, e allora Teresa fa di tutto per convincere Donatella a denunciare gli artefici del massacro del Circeo così da poter, finalmente, combattere la propria battaglia. Il dissidio che abbiamo visto nella giovane lo ritroviamo anche nella Capogrossi, che si affeziona a Donatella e deve mediare tra la salvaguardia della ragazza e l’importanza che il suo processo ha nella lotta femminista.
Teresa prova a tenere le fila di un processo che punta tutto sulla spettacolarità. La sua figura spicca anche per la bassezza di quelle degli avvocati della difesa, volutamente tratteggiati in maniera meschina e subdola, ai limiti della credibilità, ma strumentali alla rappresentazione della percezione dell’epoca, quando lo stupro era considerato un reato contro la pubblica morale, nemmeno contro la persona. Il processo è molto sensazionale, a tratti sembra esagerato, ma è utile per far capire il clima che vigeva all’epoca. La Capogrossi da questo circo mediatico ne esce come la figura più limpida, un omaggio a tutti gli avvocati e le avvocate che negli anni si sono battuti contro un sistema cieco alle sofferenze delle donne.
Circeo e la lotta femminista
Arriviamo così al terzo filone della serie di Paramount Plus: la lotta femminista. Qui la protagonista è Tina Lagostena Bassi, avvocata realmente esistita, interpretata da Pia Lanciotti. Tina è la leader e la rappresentante del movimento femminista, che vede nel processo a Donatella una grande vetrina per la propria lotta e decide di presenziare e sostenere la ragazza. Sorgono, però, presto delle crepe, perché di base le motivazioni tra le parti in causa sono diverse. Tina è una donna estremamente pragmatica, comprende il malessere di Donatella, ma non può ignorare l’importanza che la sua causa ha per il movimento femminista. Spesso, dunque, si crea una sorta di conflitto, continuamente mediato da Teresa.
Soprattutto nelle prime battute la lotta femminista cozza un po’ col resto del contesto, ma col procedere delle puntate la inquadriamo e la comprendiamo meglio. L’ambivalenza di questo movimento è restituito dalla parziale strumentalizzazione che fanno del caso di Donatella, la “scintilla” secondo Tina per reclamare finalmente una legge sullo stupro. Equilibrare queste due componenti, il trauma personale e la lotta collettiva, era un compito difficile e, Circeo, dopo qualche incertezza iniziale, alla fine ci riesce, complice anche quella caratterizzazione estrema degli avvocati difensori di cui si è parlato prima.
L’ambizione di Circeo
Come prima serie tv italiana, Paramount Plus ha optato per una soluzione decisamente non semplice. La produzione è molto delicata, non solo per il fatto di cronaca scelto, ma soprattutto per l’angolazione adottata da cui narrare la vicenda. La missione di Circeo era quella di far comprendere quanto la risonanza mediatica del caso di Donatella sia stata importante nella lotta per i diritti delle donne e globalmente l’obiettivo è stato raggiunto. Non mancano, chiaramente, alcuni difetti qua e là, come ad esempio la gestione dei salti temporali o la caratterizzazione dei personaggi secondari, ma sono dettagli che su cui si può soprassedere.
L’elemento più interessante, che al contempo è quello più ambizioso, sta proprio nel coniugare il trauma di Donatella e la lotta femminista. Due elementi che coesistono soprattutto grazie alla figura di Teresa Capogrossi, un innesto che funziona alla grande, che rende più armonico il tutto. Grande merito va anche, non ci stancheremo mai di dirlo, a una bravissima Greta Scarano, sempre più grande protagonista della serialità italiana. Circeo in fin dei conti funziona perché restituisce uno spaccato non solo di un fatto di cronaca, ma di un intero periodo storico.
I risultati vanno giudicati secondo gli obiettivi posti e in tal senso possiamo dirlo: buona la prima per Paramount Plus in Italia, con la piattaforma che lancia così la sfida agli altri player. La scelta di affrontare la narrazione del massacro del Circeo da una prospettiva particolare è stata molto ambiziosa, ma sommariamente ha pagato. Ne viene fuori una produzione di qualità, sia nel racconto che nel cast, ambiziosa e coraggiosa, capace di restare in equilibrio anche nelle situazioni più delicate.