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Clark: tranquilli, non è il solito racconto del solito criminale – La Recensione della nuova Serie Tv Netflix

Clark
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In questi anni abbiamo conosciuto diverse Serie Tv biografiche basate sulla vita dei più svariati criminali. Abbiamo fatto un viaggio all’interno delle varie storie arrivando a conoscere i dettagli più crudi, scomodi e brutali. In un certo senso, oramai sappiamo cosa aspettarci: un focus sulla loro vita, un distaccato disegno criminale capace di descriverne l’apatia. Questo è ciò che spesso abbiamo visto in giro, e questo è quello che ci aspettiamo ogni volta che cominciamo una Serie Tv che riguardi questa tematica. E’ ovvio che questo schema ci riesca a soddisfare, altrimenti non saremmo così recidivi. Eppure, qualche giorno fa, Netflix ci ha piacevolmente sorpresi con una delle Serie Tv più originali di sempre, capace di farci comprendere che cosa vogliamo davvero da questo tipo di racconti biografici. Nel dettaglio, stiamo parlando di Clark, la Serie Tv svedese che tratta di Clark Olofsson, il criminale tramite cui scopriamo per la prima volta una particolare condizione psicologica, a cui venne conferito il nome di Sindrome di Stoccolma. Fin dal primo istante comprendiamo di essere di fronte qualcosa di nuovo, quantomeno all’interno del panorama Netflix, e che quella a cui stiamo per assistere non sarà la solita storia riguardante un criminale. Le prime scene, caratterizzate dal bianco e nero, raccontano con leggerezza e ironia il tormentato passato di Clark, un passato da cui – come scopriremo – non riuscirà mai a liberarsi. Come una sanguisuga, ogni momento della sua infanzia gli rimarrà attaccato addosso, sconvolgendo la sua vita e quella di chi gli sta accanto. Clark è una Serie Tv che sceglie di raccontare non solo la cronologia degli eventi, ma anche tutto quello che caratterizza la parte più intima del criminale svedese che sconvolse il paese, quella parte a cui sembrava assurdo riuscire ad accedere.

Clark

Tramite la voce narrante di Clark, così, ci addentriamo all’interno di una storia che si divide tra passato e presente, restituendoci un’immagine innocente che – con il tempo – arriva a smarrirsi completamente. Eppure, nonostante i drammatici risvolti, Clark decide di raccontare la propria verità in modo sarcastico, cinico, a tratti perfino leggero. Alcune scene, che all’interno non hanno alcun motivo per suscitare dei sorrisi, riescono ad apparire meno drammatiche, e questo grazie ai toni che la serie sceglie di utilizzare, capaci di farci dimenticare che tali azioni siano state commesse veramente. Distaccarci da loro risulta paradossalmente semplice, in quanto queste sono solo una parentesi all’interno della serie. Il vero obiettivo narrativo è, infatti, un altro.

Attraverso la nuova Serie Tv Netflix, infatti, cominciamo un viaggio che inizia durante gli anni 50 e che giunge fino agli anni 80. Ogni evento si inserisce all’interno della narrazione senza mai giudicare il protagonista, senza mai farci cogliere la vera gravità delle sue azioni. Il motivo alla base è semplice: Clark dà per scontato che questa sia un’operazione che possiamo portare a termine da soli. Non abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi che quello che stiamo vedendo sia sbagliato, sappiamo già che lo è. Piuttosto, è molto più difficile riuscire a scovare umanità all’interno di due occhi che sembrano vivere tutto come se la vita fosse solo una festa in cui, a un certo punto, si perde il controllo. Questo, d’altronde, era ciò che pensava Clark riguardo alle sue azioni, non comprendendone mai la gravità. Ed è questo che, in un certo senso, cerca di trasmetterci la serie: il suo senso di alienazione, la sua totale mancanza di consapevolezza.

Pe riuscire a trasmetterci il suo modo di vivere, Clark ha deciso di porsi a noi con lo stesso spirito del suo protagonista. In questo senso, come anticipato, bastano pochi minuti per comprendere che questa mossa risulti, alla fine, quella vincente, quella capace di farci conoscere al meglio una personalità contraddittoriamente divisa tra inquietudine e apatia.

Clark

Ed è proprio questo punto che si basa la forza trainante delle sei puntate: la totale contraddizione di un uomo che sembra non comprendere il male che fa, ma che ricorda perfettamente il male che ha subito. Il fantasma del padre torna ogni giorno all’interno della sua vita mostrandosi in forme diverse, forme che, a un certo punto, diventeranno vere e proprie paure. Infatti, è proprio quando Clark diventa genitore che arriva il brutto: dentro di lui coesistono due condizioni che si scontrano tra di loro, una di natura positiva (la paura di essere come suo padre nei confronti del proprio figlio) e una di natura negativa (non sa sacrificare la sua vita criminale per suo figlio). Alla fine a prevalere sarà il sentimento negativo, Clark non è fatto per smettere di essere ciò che è. Eppure, il modo tramite cui la serie racconta la sua parte più intima e impaurita, ci permette di comprendere che non abbiamo a che fare con qualcuno incapace di sentire qualcosa, ma con qualcuno che sceglie il male perché vede in lui l’unica condizione in cui riesce a vivere davvero. In questo senso i primi piani sul protagonista ci aiutano a scoprire le sue reazioni più intime e nascoste. La sua apatia, quando scopre della morte del padre e della madre, o quando suo figlio è con lui durante il suo arresto, scompare totalmente lasciando il posto a uno sguardo che si perde, a uno sguardo che – per almeno un solo istante – ricorda di saper sentire.

Ogni rapina in banca era, per Clark, un modo per evadere. Il caos che suscitava intorno gli dava il permesso di tenere la propria mente impegnata verso qualcosa di diverso dal suo passato. Per lo stesso motivo, Clark amava venire catturato e rinchiuso dentro la cella, perché solo al suo interno poteva maturare un obiettivo: dentro quelle mura architettava il modo per fuggire, riuscendo così a distrarsi da tutto ciò che da anni lo perseguitava.

All’interno di Clark, dunque, non aspettatevi mai moralismi, giudizi o allusioni su ciò che si colloca dalla parte del bene e cosa dalla parte del male. La serie, in questo senso, dà per scontato lo sappiate già. Aspettatevi, piuttosto, di vivere una storia che non conosce freni o retromarce, che non prende mai una pausa. Aspettatevi di essere coinvolti dentro una narrazione che ironizza sull’ironizzabile, e che dimostra di saperlo fare. Aspettatevi di saper empatizzare nei confronti di qualcuno che non conosce empatia, che non conosce compassione neanche per se stesso, nonostante ricordi perfettamente il proprio passato. Aspettate la trasformazione di uno sguardo – che si convertirà da innocente a colpevole – e il semplice percorso con cui delle bravate adolescenziali diventeranno reati nel giro di pochissime scene. Aspettate di vedere, a tutti gli effetti, un racconto privo di filtri, poco romanzato e onesto nei confronti di chi lo sta guardando.

Clark

In conclusione, aspettatevi di vedere un vero e proprio racconto di qualità, ben strutturato e perfettamente caratterizzato. Ogni personaggio riesce ad avere un’entità, mezzo tramite cui racconta cosa abbia significato avere un rapporto con Clark, e che impatto questo abbia avuto nella propria vita. L’impronta narrativa della serie, inoltre, riesce a ricordare – ma in un modo tutto proprio e autentico – Prova a Prendermi, il cult firmato Spielberg. Ciò viene compreso sicuramente grazie al rapporto tra il poliziotto e Clark, caratterizzato dalla rincorsa tra il gatto e il topo.

Clark è ufficialmente nostra, ed è pronta a raccontare l’anima inquieta di un uomo che – attualmente – vive sotto una nuova identità, nella speranza di ricominciare da capo da qualche parte del Belgio. D’altronde, come vedrete all’interno della serie, è sempre tempo di ricominciare per Clark Olofsson.

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